
Si allarga la frattura tra il nuovo proprietario di Twitter e Bruxelles dopo l’addio al regolamento volontario anti fake news. La Commissione avverte: «Un errore, vigileremo con vigore». Ma non chiarisce chi deciderà cosa «oscurare» e perché.Colpa di Elon Musk. Ecco la linea tenuta da Bruxelles per difendere il Codice di condotta volontario della Ue contro la disinformazione. e spingere l’«etichetta» europea contro i cosiddetti deep fake. Un tema, peraltro, caldissimo in vista delle elezioni del 2024 e dei messaggi politici sui social network. Twitter «ha scelto lo scontro» uscendo dal Codice volontario, riteniamo che «sia un errore», ha detto ieri Vera Jourova, vicepresidente della Commissione europea e responsabile per i Valori e la trasparenza. Insomma, sbattendo la porta Musk «ha raccolto su di sé molta attenzione» e ora il rispetto della nuova legge sui servizi digitali che entrerà in vigore il 25 agosto sarà oggetto di «attento scrutinio. Se Twitter vuole operare e fare soldi nel mercato europeo deve rispettare le nostre norme e prendere le misure appropriate», ha aggiunto Jourova, sottolineando come al momento non si stia vivendo una situazione normale, poiché Mosca «vuole compromettere il sostegno dei nostri cittadini all’Ucraina e ridurre la fiducia nella democrazia». Ecco perché «vogliamo che i firmatari del Codice di condotta si preparino per l’arrivo della legge sui servizi digitali. Il codice ora ne conta complessivamente 44, tra cui le principali piattaforme online come Facebook, Google, YouTube, TikTok, tutte collegate tra loro, ma anche l’industria pubblicitaria e la società civile». Il riferimento è al Digital services act, le nuove regole sui social network varate dalla Commissione ad aprile 2022 e approvate dal Parlamento europeo a luglio sempre dell’anno scorso che prevedono multe fino al 6% del fatturato annuale di un’azienda. Il codice di condotta sulla disinformazione è un regolamento volontario che prevede l’obbligo per le piattaforme di tracciare la pubblicità politica, interrompere la monetizzazione della disinformazione e fornire un maggiore accesso agli esterni. «La Ue non è un posto in cui vogliamo vedere importato il diritto californiano - ha continuato Jourova rimpiangendo quelle «persone molto esperte e determinate che capivano che deve esserci una qualche responsabilità per piattaforme come Twitter». Del resto, la battaglia tra la Commissione Ue e Musk è partita il 27 ottobre del 2022, quando il patron di Tesla, per celebrare l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari, prima aveva scritto «The bird is freed» (l’uccellino è stato liberato) e poi, come prima mossa, aveva immediatamente licenziato l’amministratore delegato, Parag Agrawal, e il direttore finanziario, Ned Segal, ma anche il capo dell’ufficio legale e policy, Vijaya Gadde, ovvero colui che aveva di fatto eseguito il «ban» a Donald Trump e il general counsel Sean Edgett. L’antifona era: rivoluzionare la piattaforma e togliere le «censure». Subito era arrivato il commento del commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, che aveva ritwittato il proprietario di Tesla e SpaceX, con una risposta tagliente: «In Europe, the bird will fly by our rules» (In Europa, l’uccello volerà secondo le nostre regole). Lo stesso Breton, la sera del 26 maggio ha twittato di nuovo: «Twitter abbandona il Codice di condotta volontario della Ue contro la disinformazione. Ma gli obblighi rimangono. Puoi scappare ma non puoi nasconderti». Senza però fare ancora chiarezza su chi decide cosa sia disinformazione. O su come, a fronte delle importanti e legittime censure su chi commette illeciti, evitare il rischio di vedersi censurare contenuti di natura politica e intellettuale.Vedremo se Musk risponderà con un «catch me if you can», ovvero con un «prova a prendermi, se ci riesci». Nel frattempo, però, è impegnato in un’altra sfida negli States perché, secondo il New York Times, le entrate pubblicitarie di Twitter per le cinque settimane dall’1 aprile alla prima settimana di maggio sono state di 88 milioni di dollari, con un calo del 59% rispetto all’anno precedente. Tornando in Europa, ieri la vicepresidente Jourova ha anche annunciato che la Commissione europea chiederà alle aziende hi-tech che hanno firmato il codice di condotta di creare un bollino per identificare i contenuti generati da intelligenza artificiale e limitare così la disinformazione. «I firmatari che integrano l’Ia generativa nei loro servizi come Bingchat per Microsoft, Bard per Google, dovrebbero creare le necessarie garanzie affinché questi servizi non possano essere utilizzati da attori malintenzionati per generare disinformazione», ha aggiunto. «Con il bollino vogliamo che le piattaforme indichino i contenuti prodotti dall’intelligenza artificiale in un modo che il normale utente, che può essere distratto da diversi contenuti, possa vedere con chiarezza che non si tratta di un testo o un contenuto visivo creato da persone reali, ma che è un robot che parla», ha proseguito il vicepresidente della Commissione precisando anche che «l’Artificial intelligence act, una volta in vigore, permetterà di bloccare o cambiare alcune tecnologie che sono rischiose ai sensi dell’elenco sui settori a rischio» incluso nel provvedimento.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






