2021-01-22
L’Ue medita di chiudere le frontiere. E la Merkel boccia il «pass» vaccini
Angela Merkel (Getty images)
Riunione dei 27 leader europei: l’imperativo è accelerare sugli antidoti. Altrimenti stretta su Schengen L’Ungheria intanto concede una prima autorizzazione di sei mesi per il trattamento russo Sputnik VPreoccupati che le nuove varianti del coronavirus possano provocare un’altra ondata di morti in tutta l’Unione europea e far precipitare la situazione sanitaria, oltre che economica, ieri i 27 leader si sono riuniti in videoconferenza per discutere del coordinamento della risposta alla pandemia. «La nostra priorità assoluta è accelerare la vaccinazione in tutta l’Ue», ha esordito Charles Michel, presidente del Consiglio europeo. Tra le questioni affrontate, le misure da adottare per una migliore tracciabilità delle mutazioni del Covid 19, «il certificato di vaccinazione e sostenere i Paesi vicini sui vaccini», come sottolineava la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e le ulteriori restrizioni alle frontiere. Si torna dunque a parlare di limitare pesantemente la libertà di movimento per «proteggere la salute dei cittadini». La Germania già aveva fatto sapere che potrebbero essere necessarie nuove strette, per cercare di tenere a bada le varianti più pericolose del Covid. Al momento, quella inglese e la sudafricana. Nell’incontro di martedì con i ministri presidenti dei 16 Länder, dopo aver concordato di estendere il blocco, il mega lockdown della Repubblica federale fino al 14 febbraio, Angela Merkel aveva dichiarato: «Se i Paesi europei andassero in direzioni completamente diverse, cosa che al momento non vedo ma potrebbe accadere, allora dovremmo prepararci a cose estreme e dire dobbiamo reintrodurre i controlli alle frontiere». Per la Merkel «dal punto di vista epidemiologico l’Ue è una Regione», quindi chiede misure equivalenti per combattere il virus. Vuole un allineamento di tutti gli Stati membri, anche se la Germania «sta cercando un approccio cooperativo», e «ampi controlli alle frontiere sarebbero l’ultima risorsa. Faremo molto per cercare di impedirli», è tornata a ribadire ieri ai giornalisti a Berlino. La Merkel ha sottolineato che è una decisione che «non vogliamo», ma intanto si è saputo che cosa ha in mente per ridurre i contagi. A rimarcare il concetto ci ha pensato il capo della cancelleria, Helge Braun, che al primo canale televisivo tedesco Ard ha parlato della necessità di ridurre le infezioni «per mantenere la mutazione fuori dall’Europa centrale». Braun non ha usato mezzi termini: «Tutti i Paesi devono muoversi in questa direzione, e se un Paese vicino non lo fa, difficilmente possiamo proteggerci» quindi, ha aggiunto, «misure di ingresso anche più severe ai nostri confini interni sono inevitabili. E poiché tutti non lo vogliono, è importante che agiamo insieme ora». Su Twitter, il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ieri annunciava: «Sosteniamo le proposte tedesche per controlli più rigorosi alle frontiere e requisiti di test per tenere lontane le varianti del virus». «Aggiungeva: «Stiamo lavorando con gli altri Paesi dell’Ue per un’approvazione più rapida e con meno burocrazia di Astrazeneca e di altri vaccini». L’accelerazione della campagna ha aperto il dibattito sull’opportunità di adottare all’interno dell’Unione una certificazione dell’avvenuta vaccinazione. Il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, che pensa a proteggere la sua risorsa economica principale, ovvero il turismo, aveva proposto di introdurre un passaporto vaccinale dell’Ue. Sull’esigenza di un patentino sanitario la Merkel ha già espresso una riserva affermando che «non sappiamo ancora se le persone vaccinate possono infettare altri», quindi se il vaccino davvero stia funzionando. Non avendo la certezza che il virus non si possa più trasmettere, il passaporto diventa inutile perché servirebbero sempre test e quarantene. La cancelliera ha poi aggiunto che «al momento non si pone la questione se dovrebbero esserci privilegi per i vaccinati», centrando la questione dei diritti di chi non vuole o non può farsi somministrare il farmaco. Sul fronte vaccini, da un portavoce della Commissione europea è arrivata la conferma che dalla prossima settimana le consegne Pfizer torneranno al 100% delle dosi previste settimanalmente. Quindi diventa inutile la minaccia del commissario Domenico Arcuri di intraprendere azioni legali contro il colosso farmaceutico solo perché non si sono sapute gestire bene le dosi ricevute. Intanto il vaccino russo Sputnik V ha ricevuto mercoledì un’autorizzazione di sei mesi dall’Istituto nazionale di farmacia e nutrizione ungherese. Ora deve essere approvato dal Centro nazionale di sanità pubblica del Paese. L’Ungheria ha anche autorizzato la distribuzione del vaccino di Astrazeneca, su quale non si è ancora espressa l’Agenzia europea per il farmaco (Ema), lo farà a fine gennaio. Ricordiamoci però che Sputnik è riservato solo agli under 60 (quando il settantaquattrenne regista Oliver Stone se lo fece iniettare lo stesso, scoppiò la polemica), e se anche ricevesse il via libera di Ema per produrlo sarebbero comunque necessari almeno tre mesi. Quindi siamo sempre a corto di vaccini per immunizzare gli ultraottantenni e gli over 60, che hanno la priorità secondo il piano di vaccinazione.