2020-04-17
L’uccellino colorato sulla mascherina. La protezione fru fru di Palazzo Chigi
Riservato ai dipendenti, è un vezzoso modello bicolore con api, farfalle e leggiadri volatili. Non c'è traccia di provenienza. Cosa ben diversa dalle Ffp3 della presidenza, strapagate ma pare non ancora consegnate.I sindacati di militari e polizia contrari alla sperimentazione del vaccino sulle forze dell'ordine. Chiedono invece più dispositivi, in modo da coprire le 12 ore continuative di servizio.Lo speciale contiene due articoli.Dialogo autentico origliato in uno degli uffici della presidenza del Consiglio.Usciere al piano: «Dotto', ha visto che cosa c'è disegnato sulle mascherine che ci hanno dato in dotazione?».Funzionario: «No caro. L'ho presa e l'ho messa nel cassetto, senza badarci».Usciere: «C'è un uccellino all'altezza della bocca. Dicono che il modello l'abbia scelto (biiip)».Non sveleremo il nome coperto da omissis di questo colloquio un po' licenzioso, ma dobbiamo riconoscere che chi ha ordinato le protezioni non manca di fantasia e senso dell'umorismo.Prima di Pasqua molti dipendenti dei palazzi del governo hanno ritirato mascherine di tipo chirurgico verdoline e bianche, ma anche un modello molto più fru fru, in tessuto non tessuto bianco e blu con una simpatica fantasia bucolica: api, farfalle, foglie e un paio di leggiadri volatili. Verrebbe da sorridere se non fosse che in nessuna parte del dispositivo di tutela ci sia traccia della provenienza. Non ci sono etichette e neppure l'indispensabile marcatura Ce, simbolo che significa marchio di Conformità europea e garantisce al consumatore la rispondenza del prodotto a tutte le disposizioni dell'Unione europea.Quelle in uso a Roma sono completamente anonime. Un'anomalia soprattutto in considerazione del fatto che dovrebbero far parte di una commessa ufficiale passata al vaglio o della Consip, la centrale acquisti dello Stato, o del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa) e rispettare le norme previste dal Testo unico sulla salute e sicurezza del lavoro. E, invece, sembra essere un mistero chi le abbia prodotte e dove (ieri da Palazzo Chigi non sono arrivate le risposte richieste).L'unica cosa certa è che ai dipendenti sono stati consegnati questi straccetti bicolori, mentre la stessa presidenza del Consiglio il 2 marzo ha avviato la procedura per 500 mascherine Ffp3, ben più sicure di quelle chirurgiche, essendo dotate di filtro. A chiederle, si apprende da una lettera inviata da Palazzo Chigi al quotidiano Il Tempo, non sarebbe, però, stato il premier Giuseppe Conte, né il suo portavoce Rocco Casalino, bensì la responsabile dell'Ufficio sanitario, Brunella Vercelli, la quale le avrebbe richieste «a protezione» del personale medico e infermieristico della presidenza del Consiglio, per il periodo dell'emergenza.Il fornitore è stato individuato in una ditta di Scorzè (Venezia) e lo stesso avrebbe promesso di farle arrivare a Roma entro 5 giorni lavorativi dalla stipula del contratto «a un prezzo congruo rispetto ai valori attuali del mercato (7,98 euro cadauna, Iva esclusa)». Ieri il portavoce del premier ha, però, precisato che le stesse non sarebbero ancora state consegnate al presidio sanitario. Ma se non c'era così tanta fretta, ci chiediamo se non convenisse attendere qualche giorno per fare rifornimento: ieri su Internet noi abbiamo trovato mascherine dello stesso modello alla più modica cifra di 1,44 euro Iva compresa, quasi sette volte in meno di quanto pagato dai non troppo parsimoniosi uffici governativi.Nei giorni scorsi il responsabile del dipartimento per i servizi strumentali di Palazzo Chigi, Paolo Molinari, che abbiamo contattato inutilmente nella giornata di ieri, attraverso i fornitori accreditati del Mepa, ha anche acquistato 11.600 mascherine chirurgiche, 1.250 litri di gel igienizzante e 310 confezioni da cento di guanti monouso in nitrile. Nell'ordine ufficiale d'acquisto di quest'ultimi si legge che sono stati comprati presso una ditta di Pomezia a «un prezzo congruo rispetto ai valori di mercato», anche se la cifra non è indicata. Tali ordini sono partiti prima delle gare Consip per acquistare i dispositivi di protezione destinati al personale sanitario e a tutti i cittadini italiani. Una decisione che ha suscitato qualche protesta, che Casalino ha prontamente rintuzzato, spiegando che l'approvvigionamento sarebbe stato deciso non su iniziativa della presidenza del Consiglio, ma in ossequio a una direttiva del ministero della Pubblica amministrazione datata 25 febbraio che «ha imposto a tutte le amministrazioni pubbliche l'adozione di misure di igiene e di protezione a beneficio di tutti i dipendenti e di tutti coloro che, a diverso titolo, operano o si trovano presso l'amministrazione». Ma se i vertici di Palazzo Chigi negano di aver deciso di mettere al sicuro i propri dipendenti prima di quelli degli altri ministeri o dell'intera cittadinanza, non possono negare di essere stati i più lesti nell'accaparrarsi le indispensabili forniture anti coronavirus, in attesa di ricevere ulteriori 32.400 mascherine chirurgiche. Una commessa che evidentemente non tiene conto del giudizio di Walter Ricciardi, il consulente del ministero della Sanità, Roberto Speranza, nonché rappresentante italiano presso l'Organizzazione mondiale della sanità, il quale ha dichiarato che quel tipo di protezioni «non servono» perché «il virus penetra attraverso la garza».Nell'attesa delle nuove scorte, a Palazzo Chigi possono sfoggiare i bavaglini con gli uccelli. Per la gioia degli spiriti più goliardici.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/luccellino-colorato-sulla-mascherina-la-protezione-fru-fru-di-palazzo-chigi-2645737143.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="non-faremo-le-cavie-da-vaccino" data-post-id="2645737143" data-published-at="1587067324" data-use-pagination="False"> «Non faremo le cavie da vaccino» Mancano ancora mascherine tra forze di polizia e militari. A distanza di quasi due mesi dall'inizio dell'emergenza - era il 31 gennaio - diversi commissariati, dal Friuli Venezia Giulia alla Sardegna fino a Roma, lamentano carenza di dispositivi di protezione come di occhiali antischizzo e camici. Le promesse del capo della polizia, Franco Gabrielli, e del commissario straordinario, Domenico Arcuri, sono rimaste solo sulla carta. Non solo. Il comparto sicurezza è in fermento perché negli ultimi giorni sono circolate sui giornali ipotesi - al momento solo di aziende private - di testare il vaccino anti Covid-19 proprio sulle forze dell'ordine: i sindacati dell'esercito (Libera, rappresentanza dei militari) e della polizia (Sap) hanno già chiesto chiarimenti al ministro della Salute, Roberto Speranza, e al capo della Polizia, Gabrielli. Ma non ci sono solo questi due aspetti a preoccupare agenti e militari. Nell'ultima settimana i turni per i poliziotti sono cambiati. Non c'è più la mezza giornata per evitare concentrazione di personale. Si lavora dalle 8 alle 20, per poi avere libero il giorno dopo. Ma proprio per questo motivo le mascherine monouso devono essere cambiate. A questo si aggiungono diverse delibere regionali che obbligano cittadini e lavoratori a utilizzarle sia in strada sia negli uffici pubblici. Due giorni fa il segretario regionale del Sap friulano, Lorenzo Tamaro, ha scritto al questore di Trieste, Giuseppe Petronzi, sollecitando la fornitura. «Chiediamo quindi, anche con l'aiuto della regione Friuli Venezia Giulia, che ogni agente venga fornito all'inizio di ogni servizio, che sia «in strada» che «in ufficio» di un numero idoneo di mascherine, almeno quelle cosiddette «chirurgiche», tenendo conto della durata del servizio e della durata di protezione che tale strumento è in grado di fornire». A darsi da fare sono ancora i sindacati. A Oristano una ditta locale ha regalato 150 mascherine. A Padova sono arrivati gli igienizzanti. Continuano poi le richieste di effettuare tamponi sugli agenti. L'appello è stato sottoscritto anche da Guardia di finanza e Carabinieri. Negli ultimi giorni, però, ha destato non poca preoccupazione la dichiarazione di Piero Di Lorenzo, amministratore delegato di Irbm, istituto di ricerca con sede a Pomezia, noto per le sue ricerche antivirali contro l'ebola e con laboratori all'Università San Raffaele di Milano. Di Lorenzo sta lavorando con la Oxford University in Inghilterra e ha annunciato che «inizieranno a fine aprile i test accelerati sull'uomo - su 550 volontari sani - del vaccino messo a punto dall'azienda Advent-Irbm di Pomezia insieme con lo Jenner Institute della Oxford University. In pratica, la previsione è, di «rendere utilizzabile il vaccino già a settembre per vaccinare personale sanitario e forze dell'ordine in modalità di uso compassionevole». L'annuncio è stato rilanciato anche dal sito del ministero della Salute. Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, ha chiesto subito spiegazioni a Gabrielli. «In ragione dell'elevata delicatezza della questione, che coinvolge l'apparto sicurezza tutto, facendo apparire pubblicamente i nostri colleghi come una sorta di “cavia da laboratorio", riteniamo doveroso avere chiarezza e contezza sul profilo significato, onde evitare anche effetti destabilizzanti sul benessere psico-fisico degli operatori delle forze di polizia, già sottoposti in questo periodo ad immense fonti di stress ed impegni di carattere straordinario». Lo stesso ha fatto Libera rappresentanza dei militari. «Solo per il semplice fatto che avere scelto di vestire una divisa ed avere giurato fedeltà alla patria non autorizza nessuno ad impiegare come “cavie" nella sperimentazione di un vaccino gli uomini e le donne in divisa. Ci auguriamo che tali ipotesi siano semplicemente ipotetici».