2024-06-10
Luca Paolazzi: «I giovani lavoratori stanno sparendo»
Il direttore della Fondazione Nord Est: «Non credo alla tesi dei bamboccioni, piuttosto è l’inverno demografico a rendere sempre più difficile sostituire chi va in pensione. Ma pesa pure la fuga all’estero, che è sottostimata».«Il mercato del lavoro italiano funziona bene nel creare occupazione. Come dimostrano i dati Istat. Ha però iniziato a manifestarsi la glaciazione demografica: ci sono meno giovani ed è sempre più difficile sostituire le persone che vanno in pensione». Luca Paolazzi, economista, direttore scientifico della Fondazione Nord Est, analizza le problematiche del mercato del lavoro. Il punto di partenza sono le rilevazioni Istat che delineano per aprile un andamento positivo: 23.975.000 occupati, 516.000 unità in più in un anno. Però i lavoratori sono sempre più anziani: due terzi della maggiore occupazione appartiene alla fascia di età compresa tra i 50 e i 64 anni e solo 1 su 5 è sotto i 35 anni.«I dati dell’Istat non vanno a vedere quante persone sono entrate nel mercato del lavoro ma fotografano la situazione confrontandola con il passato. Quindi non vuol dire che le aziende assumono più over 50 ma che l’occupazione riguarda una fascia di età più alta, per una serie di motivi. Chi oggi ha 50 anni ha cominciato a lavorare più tardi ed è maggiormente coinvolto nelle riforme previdenziali che hanno procrastinato il pensionamento. Questo fa sì che ci sia uno spostamento verso l’alto del tasso di occupazione in quella fascia di età».Quindi non c’è una predisposizione delle aziende ad assumere over 50 invece dei trentenni?«Faccio fatica a pensare che le imprese scelgano di non assumere giovani. La conferma è che sta scendendo la percentuale degli inattivi, di coloro che non sono occupati e non seguono un corso di formazione. Inoltre, sta crescendo l’occupazione nei servizi, un settore che impiega più facilmente i giovani. I dati dell’Istat si spiegano con il calo della natalità. Ci sono meno giovani, tanti se ne vanno all’estero e il mercato del lavoro invecchia». Come mai l’occupazione cresce ma l’economia langue?«L’attività economica mostra una dinamica meno forte rispetto all’andamento dell’occupazione. L’aumento dell’occupazione trasmette fiducia e fornisce reddito alle famiglie che sono portate a spendere di più. Probabilmente nelle revisioni annuali la crescita risulterà più elevata delle stime attuali. Basta guardare quello che sta accadendo con gli investimenti immobiliari. Nel primo trimestre di quest’anno sono cresciuti del 75% rispetto al 2019. È l’effetto potente del Superbonus, anche se l’impatto sui conti pubblici è stato molto importante. Probabilmente nella seconda metà dell’anno assisteremo a un rallentamento nel settore. Ma siccome le esportazioni andranno meglio perché spinte da un maggior dinamismo dell’economia mondiale, e ciò darà slancio al manifatturiero, i due fattori si compenseranno. Siamo di fronte a uno scenario in miglioramento». Cosa accadrà quando i cinquantenni andranno in pensione?«Negli studi della Fondazione Nord Est parliamo del fenomeno della glaciazione democratica. In poco tempo calerà il numero di occupati in tutti lavori. Gli effetti di lungo termine vanno affrontati oggi. Ma anche raddoppiando oggi il numero dei nuovi nati, i benefici sul sul mercato del lavoro si sentirebbero tra vent’anni».C’è chi sostiene che solo gli immigrati ci salveranno.«In un mondo ideale i flussi migratori verrebbero gestiti in base al reale fabbisogno. Inoltre i nuovi arrivati dovrebbero avere una qualifica professionale e conoscere l’italiano. Senza una strategia lungimirante dovremo accontentarci di ospitare solo molti disperati». Mancano camerieri e cuochi. Sono pagati poco?«Girando per l’Italia vedo tanti giovani che svolgono questi lavori. Non è che i giovani non vogliono più fare determinate attività, è semplicemente che il loro numero è diminuito. Secondo l’Istat in vent’anni, sono scesi di 3 milioni. Per le nostre stime ce ne sarà un altro mezzo milione in meno nel 2040. Non credo alla teoria dei bamboccioni». E quelli che vanno all’estero? «La fuga all’estero è un fenomeno grave, non riguarda solo coloro che hanno una specializzazione o un’alta istruzione ma anche chi non ha finito le medie superiori. Il tema salariale incide solo in parte. È il contesto economico che non è attrattivo. Un giovane percepisce che avrà scarse possibilità di crescere professionalmente, sa che il merito è poco riconosciuto. Le statistiche di chi lascia il nostro Paese non fotografano pienamente il fenomeno». I numeri sono più grandi?«Esattamente. Per ogni giovane rilevato che va via, ce ne sono altri due non tracciati. Molti pensano di tornare e quindi non si iscrivono all’Aire, l’Anagrafe Italiani residenti all’estero».Le nuove tecnologie sono una minaccia per i posti di lavoro?«Si diceva lo stesso a fine Ottocento con l’avvento dei telai meccanici. I lavoratori impiegati nelle fabbriche delle auto termiche potrebbero essere utilizzati per altre attività ma occorre la formazione. Come pure è necessario aiutare le imprese che oggi producono la componentistica per l’automotive tradizionale. Invece che investire esclusivamente negli incentivi per le vetture elettriche, parte dei fondi dovrebbero andare alla riconversione produttiva delle imprese penalizzate dalle nuove tecnologie».