Nell’anno che vede Bergamo-Brescia capitale Italiana della cultura, fra le manifestazioni più attese la mostra allestita (sino al l’11 giugno 2023) nelle sale di Palazzo Martinengo, storica dimora nobiliare situata nel cuore storico di Brescia. In un percorso espositivo di 80 capolavori, le opere dei grandi maestri bresciani attivi fra il Rinascimento e il Barocco sono messe a confronto con quelle degli artisti bergamaschi, in una sorta di derby culturale che va da Foppa al Romanino, da Palma il Vecchio a Lorenzo Lotto.
Nell’anno che vede Bergamo-Brescia capitale Italiana della cultura, fra le manifestazioni più attese la mostra allestita (sino al l’11 giugno 2023) nelle sale di Palazzo Martinengo, storica dimora nobiliare situata nel cuore storico di Brescia. In un percorso espositivo di 80 capolavori, le opere dei grandi maestri bresciani attivi fra il Rinascimento e il Barocco sono messe a confronto con quelle degli artisti bergamaschi, in una sorta di derby culturale che va da Foppa al Romanino, da Palma il Vecchio a Lorenzo Lotto.Lorenzo Lotto (1480 –1556/1557), forse il più famoso. Veneziano di nascita e tra i principali esponenti del Rinascimento veneto del primo Cinquecento, nella Serenissima dominata da Tiziano ci visse ben poco. Irrequieto e anticonformista, con una vicenda umana e artistica segnata da insuccessi e delusioni, preferì esprimersi in centri «periferici» rispetto alle grandi capitali artistiche. In Lombardia e nelle Marche soprattutto. E per tredici lunghi anni, dal 1513 al 1526, visse a Bergamo (allora parte integrante della Repubblica veneziana), arricchendo la città e la sua provincia di capolavori assoluti, al servizio di una committenza pubblica e privata. A fargli eco, negli stessi anni, tre grandi maestri del Cinquecento bresciano: Romanino (1484-1566 ca), Moretto (1498-1554) e Savoldo (1480-1548). Senza nulla togliere agli altri, della triade artistica a distinguersi è senza ombra di dubbio Girolamo da Romano detto il Romanino, formatosi fra Brescia e Venezia e non estraneo al fascino artistico di Giorgione, Tiziano e del tedesco Durer. Se a questi aggiungiamo Vincenzo Foppa (1430-1515 ca), altro grande artista bresciano (per la precisione nato a Bagnolo Mella), non è difficile rendersi conto di quanto sia stata straordinaria e ricca, fra Rinascimento e Barocco, la stagione pittorica lombarda (di Bergamo e Brescia soprattutto), nonostante «l’ingombrante presenza» di Milano, che Bramante e Leonardo catapultarono ai vertici artistici del panorama italiano ed europeo. La mostra a Palazzo Martinengo, ricca di 80 opere provenienti da collezioni pubbliche e private -italiane e straniere - mira a dare un’immagine nitida e precisa dell’identità culturale di queste due città, accomunate dalla plurisecolare appartenenza alla Serenissima Repubblica di Venezia, oltre che dalla vicinanza geografica e dal sostrato lombardo.Per dirla con le parole del curatore, lo storico e critico d’arte Davide Dotti,questa esposizione è «un emozionante viaggio ricco di opere inedite, sorprese e curiosità, il cui obiettivo è dare risalto allo straordinario patrimonio culturale che si è stratificato nel corso dei secoli a Brescia e Bergamo, nonché stimolare una nuova presa di coscienza su un capitolo fondamentale della storia dell'arte italiana, scritto dai grandi maestri della pittura attivi nelle due città, gemellate nell'anno della Capitale Italiana della Cultura». La mostraLegato dal parallelismo fra le due scuole pittoriche, il percorso espositivo, dopo le interessanti tele eseguite nel corso del quinto decennio del ‘500 da Moretto e da Moroni (che, bergamasco di Albino, in quegli anni si trovava a Brescia nella bottega del Bonvicino) continua con la ritrattistica ( ancora Moroni, Ceresa e Fra Galgario da un lato, Bellotti, Cifrondi e Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto dall’altro), la pittura barocca e la natura morta ( Baschenis e Bettera a Bergamo, Rasio e Duranti a Brescia), la pittura di genere - con gli irriverenti dipinti con nani e pigmei di Bocchi e dell'allievo bergamasco Albrici - i paesaggi di Roncelli e i rustici interni di cascinali e osterie di Botti.Proseguendo nella visita, al piano nobile del Palazzo cinquecentesco, testimone dell’identità culturale e storica delle due città, una sorta di «mostra nella mostra» raccoglie sculture, disegni, strumenti musicali, dipinti, cimeli storici, documenti antichi e, in un interessante confronto con la modernità, dà spazio a due figure del secolo scorso che giganteggiano nella storia bresciana e in quella bergamasca: i papi Giovanni XXIII e Paolo VI, pontefici che hanno amato profondamente l’arte, fonte di elevazione spirituale e di arricchimento culturale per l’uomo. Un focus particolare è poi riservato al grande architetto Marcello Piacentini - romano di nascita, ma attivo nei primi decenni del Novecento tra Bergamo e Brescia, dove trasformò il volto urbano delle due città – mentre Bertozzi & Casoni, due tra i più riconosciuti maestri della scultura in ceramica contemporanea, celebrano il connubio culturale tra Bergamo e Brescia con un’opera inedita e spettacolare dedicata ai Casoncelli, piatto bandiera delle due città.Finalità benefica dell’arteE’ doveroso e importante sottolineare che anche quest’anno, l’Associazione Amici di Palazzo Martinengo (fra gli organizzatori della mostra) si fa promotrice di una importante iniziativa benefica a sostegno della lotta contro il cancro, devolvendo l’1% del ricavato della biglietteria a Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, con l’obiettivo di sostenere la ricerca per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori. Inoltre, Molecola della vita, la grande installazione inedita di Maurizio Donzelli (Brescia, 1958), che racchiude il significato profondo e i valori di Bergamo-Brescia Capitale della Cultura 2023, sarà battuta all’asta e i proventi derivanti dalla vendita delle varie parti che compongono il lavoro dell’artista bresciano saranno interamente destinati ad AIRC.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
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