2024-10-28
Lorenzo Di Muro: «Il treno India fa gola a tanti. E l’Italia non vuole perderlo»
Narendra Modi, Vladimir Putin e Xi Jinping (Ansa)
L’analista: «Modi sceglie i partner in base ai casi specifici, è iperpragmatico. La tregua con la Cina sui confini è tattica per entrambi. Il disgelo? Effetti contenuti per l’Europa».Mercoledì scorso il premier indiano Narendra Modi ha avuto un colloquio con il presidente della Cina, Xi Jinping, a Kazan, in Russia, a margine del vertice Brics. Il bilaterale è avvenuto dopo pochi giorni da un primo accordo per allentare le tensioni lungo la «Linea di controllo effettivo» (Lac), il confine semiufficiale tra i due Paesi introdotto dopo che nel 1962 la Cina invase territori formalmente indiani. Nel corso dei decenni le ostilità alla frontiera si sono ripetute, fino allo scontro diretto tra militari nel 2020, che causò la morte di 20 soldati indiani e quattro cinesi. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Di Muro, analista di Limes.Possiamo parlare di una tregua tra le due potenze?«Sì, si può parlare di una tregua tattica che fa comodo a entrambe, perché entrambe hanno bisogno di stabilità, essendo due Paesi in via di sviluppo. In tal modo, i cinesi possono occuparsi meglio e con più risorse del dossier per loro più importante, ovvero Taiwan. Per gli indiani significa invece poter concentrarsi sullo sviluppo economico e sul piano del riarmo, che però chiaramente avvengono con ritmi e risorse molto diversi da quelli cinesi. Ciò non toglie però che l’India e la Cina restano due rivali strategiche, sono due Paesi con delle potenzialità enormi dal punto di vista demografico, economico, geografico, che esistono nello stesso teatro geografico e strategico, quello che oggi chiamiamo “indopacifico”. La rivalità tra questi due Paesi è strutturale, e il modo in cui questa rivalità viene gestita dipende anche dalla situazione alle frontiere».Il rischio che si riaccendano le tensioni, infatti, non è da escludere...«Assolutamente, può accadere in qualsiasi momento, anche perché è tutto da verificare poi come verrà implementato questo accordo di principio. Su come verrà concretizzato non ci sono dettagli». L’India sta intensificando la propria presenza in Africa. È una strategia per contrastare la massiccia influenza cinese nel continente? Il recentissimo disgelo avrà conseguenze anche lì?«Non credo. È vero che l’India investe sulle relazioni con l’Africa anche per contrastare l’espansione cinese, ma non soltanto. L’India è un Paese che con l’Africa ha un rapporto molto importante dal punto di vista sia economico sia geopolitico. L’India si ritiene il dominus dell’oceano Indiano, in particolare del versante occidentale, cioè quello che tocca anche le coste dell’Africa. Nuova Delhi sta investendo molto, anche per quanto riguarda il suo soft power, alimentando le sue aspirazioni di essere guida di quello che oggi viene chiamato il Sud Globale, proprio in competizione con la Cina».E nello specifico, per quanto riguarda il punto di vista militare?«L’India e la sua marina sono tra le più attive nel contrasto alla pirateria, in particolare al largo dello stretto di Bab al-Mandab, quindi anche sulle coste della Somalia. Inoltre vende molte armi, addestra molti soldati, molte forze armate dei Paesi africani, sia in ambito militare sia in ambito civile. È molto attiva anche dal punto di vista infrastrutturale in Africa. In sostanza, il rapporto con l’Africa è sì utile in funzione anticinese, ma è anche sintomatico del modo in cui l’India pensa alla geopolitica e alla sua strategia per diventare una grande potenza». La tregua con Pechino può quindi essere letta anche come una strategia di Modi per proporsi come leader più affidabile verso gli alleati della Cina?«Sì, anche perché se esistono il Washington Consensus e il Beijing Consensus, esiste anche una sorta di - come l’ha chiamato Larry Summers, all’epoca consigliere economico americano - Mumbai Consensus, ovvero quel modello in cui si cerca un bilanciamento tra la liberal democrazia di stampo occidentale e il nazionalismo che, invece, caratterizza Paesi appunto come l’India, tra il protezionismo e il libero commercio. L’India ha abbracciato la globalizzazione dagli anni Novanta, ma ha un approccio molto protezionista in alcuni ambiti e anche in generale verso l’integrazione nel sistema globale. L’India punta alla preservazione di una strategia autonoma, autocentrata, che cerca appunto di non farsi legare in alleanze formali né con l’Occidente, né con i cosiddetti “rivali” dell’Occidente, che siano cinesi, russi o altri Paesi».Un atteggiamento che si rispecchia anche nel suo (non) posizionamento rispetto ai conflitti in corso in Ucraina e Medio Oriente.«Assolutamente. Questi due conflitti sono indicativi della strategia dell’India, chiamata “multialllineamento”, o “multivettoriale”, o “autonomia strategica”. Tutte formule che indicano l’essere un Paese sostanzialmente autocentrato, iperpragmatico che, come dice il suo ministro degli Esteri, si sceglie i partner in base ai dossier specifici. Modi cerca di ottenere ciò che gli serve dall’Occidente, ma ottiene dai rapporti con il resto del mondo tutta un’altra serie di asset».Per esempio da Mosca...«Esatto. Modi non applica sanzioni contro la Russia, anzi aumenta in maniera esponenziale le importazioni di petrolio, di cui è terzo importatore al mondo. Nel momento in cui la Russia è costretta a offrirlo a prezzi vantaggiosi, viste le sanzioni occidentali, l’India ne fa incetta. Tuttavia, che la guerra continui non è negli interessi di Modi, perché il conflitto allontana la Russia sempre di più dall’Occidente e la avvicina la Cina». E in Medio Oriente?«La strategia è sempre quella di tenere una sorta di equidistanza tra i due contendenti, anche se poi in realtà in questo momento le relazioni tra India e Israele sono al loro massimo storico. Israele ormai è una partner molto importante per l’India dal punto di vista economico, soprattutto per quanto riguarda la cessione di tecnologia. Ma soprattutto Tel Aviv fa comodo a Modi dal punto di vista infrastrutturale. Uno dei più grossi conglomerati indiani ha avuto in concessione il porto di Haifa, anche qui in competizione con i cinesi». Si parla molto anche del corridoio Imec, che dovrebbe connettere Mumbai all’Europa, passando per la penisola arabica. «Infatti, anche se i rapporti con Israele sono ottimi, l’India ha rapporti stretti anche con le monarchie del Golfo, fondamentali per il suo approvvigionamento energetico. Certo, la reazione “blanda”, per usare un eufemismo, delle petromonarchie sulla guerra tra Israele e Palestina, non mette l’India nella posizione di scegliere da che parte stare». E per quanto riguarda la Turchia, che invece blanda verso Israele non è?«La Turchia è uno dei Paesi che l’India, infatti, vede con più sospetto, anche perché Ankara sta stringendo molto i rapporti con il Pakistan, il nemico giurato dell’India. E soprattutto vede con sospetto questa nuova espansione della Turchia, che dal Medio Oriente fino all’Asia meridionale sta cercando di tornare ai fasti della sua storia antica». Il disgelo sino indiano può avere gravi conseguenze sulla dipendenza europea da materie prime?«Non credo ci saranno grosse scosse rispetto alla struttura e gli assetti attuali. Si fa un gran parlare di Brics, ma è un insieme di Paesi che vorrebbero un sistema multipolare, ovvero dove non siano più gli Usa a dettare legge, ma alla fine, molti di questi Stati, a cominciare proprio da India e Cina, hanno tra loro delle dispute che sono, se non insanabili, sicuramente strutturali».L’India sta accrescendo però il suo peso a livello diplomatico in tutto il mondo... «Certo, a febbraio per esempio ci sarà il Raisina Dialogue a Nuova Delhi, conferenza che organizzano ogni anno. L’anno scorso c’erano qualcosa come 17 capi di Stato e di governo, c’erano i ministri degli Esteri, quasi tutti, buona parte dei Paesi europei. Noi eravamo rappresentati da Elisabetta Belloni. È un evento partito quasi 10 anni fa, con 3.000 ospiti. Quest’anno ne ha avuti 15.000». D’altronde anche il governo italiano ha un ottimo rapporto con quello indiano.«Assolutamente sì, l’India è uno dei Paesi più corteggiati a livello mondiale, proprio per quello che dicevo prima, il fatto che è un Paese che non ha alleati, l’unico alleato dell’India è l’India stessa, per cui si mette nella condizione di essere corteggiato. Giorgia Meloni è uno dei presidenti che lo sta facendo, Emmanuel Macron ha ricevuto Modi come ospite d’onore alla Parata del 14 luglio dell’anno scorso, Vladimir Putin gli ha conferito l’ordine di Sant’Andrea, Joe Biden l’ha avuto come ospite d’onore alla cena di gala l’anno scorso alla Casa Bianca. L’Italia è solo uno dei Paesi che in questo momento vuol salire sul treno India».
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