2021-02-25
L’orchestra con un grande direttore si libra come gli uccelli migratori
Lo stormo vola nel cielo seguendo l’istinto, così i musicisti suonano concordi guidati da un fuoriclasse della bacchetta. Ai migliori che ho conosciuto bastavano gesti essenziali per ottenere risultati splendidiI grandi direttori di un tempo (Wilhelm Furtwaengler, Arturo Toscanini, Victor de Sabata, Guido Cantelli, Franco Ferrara) avevano un gesto ridotto all’essenziale. Troppi giovani direttori di oggi, invece, prediligono l’apparire, i gesti plateali, perché sono influenzati dalle mode televisive, fatue e superficiali in cui il lato esteriore è più importante della profondità interpretativa.Nel tempo ho collaborato con tanti direttori, alcuni celebri altri meno, ma ho sempre cercato di comprendere la loro visione interpretativa. L’incontro fra orientamenti interpretativi diversi è interessante, specie se ci si trova poi sulla stessa lunghezza d’onda: è una ricerca comune della «verità» musicale, che si può raggiungere anche percorrendo strade diverse, purché convergano ad un risultato unico. Ma non sempre è così: ho avuto anche esperienze meno felici con direttori che consideravano il solista una presenza ingombrante e che davano pochissimo spazio alle prove. A volte ho dovuto rinunciare al concerto proprio per questo motivo.La prima volta che ebbi l’occasione di suonare con una vera orchestra sinfonica fu all’età di dieci anni. Ricordo l’emozione che provai nel trovarmi tra musicisti esperti, professionisti, alcuni anche anziani. Ero un bambino senza esperienza, ma con una grande carica di entusiasmo e con una buona sicurezza in quello che mi avevano insegnato e che sapevo. Suonai il Concerto per violino e orchestra di Mendelssohn, che avevo appena studiato a Parigi con George Enescu.Fino a quel momento il sostituto dell’orchestra era stato per me il pianoforte. Non ero quindi abituato al rapporto con l’enorme volume di suono di un partner composto da novanta elementi. L’impressione che ebbi fu enorme: i timbri dei diversi strumenti esaltavano la mia immaginazione. Mi piaceva ascoltare e anche essere ascoltato, una particolarità che non mi ha mai abbandonato nel corso della mia attività musicale. A dirigere l’orchestra c’era l’olandese Paul Van Kempen. Mi seguì con molta attenzione, assecondando paternamente le mie intenzioni interpretative, con amore e dedizione. Mi chiesero un bis: io non mi feci pregare ed eseguii la Ciaccona di Bach. Suonai dando libero corso alla mia fantasia, esaltata dalla circostanza. Con alcuni direttori scopri che ci sono vere affinità elettive, ed è un piacere fare musica con loro. Wolfgang Sawallisch, vero erede della tradizione mitteleuropea, infondeva sicurezza e tranquillità e si rivolgeva all’orchestra con gentilezza, ottenendo il massimo della resa artistica senza imporre nulla. Le compagini orchestrali lo ammiravano: egli era sempre disponibile, pronto al consiglio e all’aiuto. Pianista ottimo, era capace di provare, durante la mattina, un’opera di Wagner con l’orchestra e di registrare con me, nel pomeriggio, la Sonata a Kreutzer di Beethoven. Non lasciava trapelare alcuna fatica. Ho avuto la fortuna di lavorare spesso con lui, incidendo i concerti per violino e orchestra di Beethoven, Brahms e altri capolavori, fra cui il concerto di Schumann. Nel 2008 ho voluto conferirgli il Premio «Una vita per la Musica». Ricordo il suo discorso in un italiano impeccabile, concettualmente ricco e profondo. Fu una serata memorabile e Sawallisch era felice di potersi godere quel momento.Carlo Maria Giulini era un vero aristocratico della musica, nobile nel tratto e nell’animo, emanava una forte carica di spiritualità. Si rivolgeva all’orchestra con disponibilità e gentilezza. Riusciva a trasmettere passione, ottenendo un suono intenso ma allo stesso tempo morbido. Ho avuto la gioia di eseguire con lui e la Philharmonia di Londra il Concerto per violino e orchestra di Johannes Brahms, almeno in due occasioni di incontro, vivendo un’esperienza unica. Un bagno rigenerante nella grande musica.Ero molto giovane - avevo sedici o diciassette anni - quando ebbi la fortuna di conoscere Sergiu Celibidache, direttore d’orchestra romeno formatosi musicalmente a Berlino negli anni della Seconda guerra mondiale. Dovevo suonare con lui il Concerto per violino e orchestra di Beethoven al Teatro La Fenice di Venezia. Me lo avevano descritto come un individuo dal carattere difficile, a volte ombroso, molto esigente e poco disponibile al dialogo. Si rivelò invece tutt’altra persona: mi accolse con gentilezza, facendomi sentire a mio agio, ascoltando con attenzione le mie idee interpretative del testo beethoveniano, offrendomi la più ampia disponibilità di tempo alle prove d’insieme. Celibidache concertava con attenzione ogni particolare, ogni dettaglio della partitura e riusciva come pochi a creare una filigrana sonora nell’accompagnamento orchestrale, a vantaggio dell’espressione e del rapporto dinamico con il solista. I suoi pianissimi erano impercettibili. I suoi fortissimi erano imponenti e mai volgari. Prediligeva tempi lenti, di largo respiro, proprio per evidenziare i dettagli, il fraseggio, il bel suono. A volte l’esecuzione delle arcate da lui indicate richiedeva uno sforzo ai professori d’orchestra e al solista che dovevano impegnarsi per sostenere il suono; ma alla fine il risultato artistico gli dava ragione.Aveva una visione quasi metafisica del capolavoro beethoveniano e la musica assumeva valori inediti, rivelando dettagli spesso ignorati dalla normale prassi esecutiva. Al termine delle tante prove, il concerto fu un successo e questo ci ripagò della fatica sostenuta. Celibidache mi esortò a mantenere lo stesso impegno nello studio: avrei conseguito progressi nella professione a condizione di non scendere a compromessi.Zubin Metha, direttore d’orchestra indiano, nato a Bombay nel 1936, è figlio d’arte ed appartenente ad una famiglia aristocratica di religione parsi. Il padre, violinista e direttore d’orchestra, fondatore dell’Orchestra Sinfonica di Bombay nel 1935, ebbe molti meriti nel diffondere la musica occidentale in India. Curò l’educazione musicale del figlio mandandolo a studiare con Hans Swarowsky a Vienna, dove Zubin ebbe come compagni i promettenti Claudio Abbado e Daniel Barenboim. Musicista assai versatile, generoso di carattere, come pochi altri, dedicava nelle prove, uno spazio al solista senza limitazioni, rispettandone l’impostazione interpretativa. Ho suonato con lui in diverse occasioni, a New York, a Firenze con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, e in tournée in India, a Nuova Delhi e a Bombay.A conclusione di questi pensieri su alcuni direttori d’orchestra con cui ho collaborato, dobbiamo citare un nome che è stato un modello di grandezza e profondità interpretativa, ovvero Franco Ferrara. È difficile esprimere in poche parole le doti carismatiche di questo grande interprete, purtroppo quasi completamente dimenticato nel nostro Paese. Le sue caratteristiche di musicista, eccellente violinista, organista, pianista e compositore, facevano di lui un modello di artista totale. Nonostante un folgorante inizio di carriera, egli mantenne una profonda umiltà ed umanità per tutto il corso della sua vita. Era amato per la sua sincerità e integrità e i grandi direttori, fra cui Karajan, Cantelli, De Sabata, Toscanini, avevano una ammirazione incondizionata. Orecchio infallibile, percepiva una nota falsa in mezzo ad una orchestra numerosissima. Un genio musicale che, purtroppo, fu colpito da una misteriosa malattia che non gli permetteva di portare a termine una esecuzione: probabilmente, per la intensità con cui sentiva la musica, egli non riusciva a controllare l’emozione che provava, a tal punto da subire improvvisi svenimenti. Per questa ragione, fu obbligato a rinunciare ai concerti pubblici. Dovette ripiegare sulla direzione di colonne sonore che gli permettevano di mantenere un contatto vivo con l’orchestra. Fu comunque una grave perdita per l’arte direttoriale. Nonostante questo egli ebbe la forza e la generosità di formare un grande numero di allievi nei corsi di direzione che tenne in varie città italiane e nel mondo. Ricordo in particolare, quando venne ad ascoltare una mia prova di un concerto con musiche di Mozart e Viotti con l’Orchestra da Camera dell’Accademia S. Cecilia, dandomi preziosi suggerimenti e consigli di cui serberò memoria per tutta la vita.