2020-08-03
L’ora della pesca. Vuoi battere la calura estiva? Nulla è più tonificante e idratante
Ricca d'acqua e zuccheri, è un rimedio contro l'afa e aiuta a proteggere la pelle dai raggi del sole. Da assaporare anche la sua buccia: aiuta a rimanere giovani.Il dubbio sulla pronuncia con vocale tonica aperta, pèsca, o chiusa, pésca, continua ad attanagliare alcuni, ma la regola è che la parola con vocale aperta identifica quanto ci dona, dalla metà di maggio alla fine di settembre (più del 60% della produzione e commercializzazione avviene ora, tra luglio e agosto), l'albero del pesco, quella con vocale chiusa l'attività di cattura dei pesci con ami o reti. Per intenderci, ecco un esempio: «Io mangio la pèsca mentre mi rilasso qualche ora a pésca con la mia canna nuova di zecca». L'albero del pesco, che può raggiungere anche 8 metri di altezza e il cui frutto è la succosa e profumata pesca (ecco un'altra piccola legge linguistica della tassonomia botanica, l'albero è generalmente indicato al maschile, il suo frutto al femminile), è una specie del genere Prunus e della famiglia delle Rosaceae, Prunus persica. Quel «persica» vuol dire «della Persia», origine intermedia che, vista la trasposizione più o meno immutata, resta impressa in molti nomi dialettali italiani come il romanesco «persica», il genovese «persiga», il veneto «pèrsego», eccezione alla regola del femminile per il frutto con l'albero che si chiama «pèrsegaro», o il sardo «pessighe/pessike», mentre in italiano, attraverso l'evoluzione del latino persicam in pessica arriviamo, infine, a «pesca». banchetti imperialiIl pesco è più antico dell'uomo: sono stati trovati noccioli di pesche fossili della fine del Pliocene proprio a Kunming, nel sud ovest della Cina, di cui il nostro albero è inizialmente originario. E la Persia? Dalla Cina, il pesco arrivò in Giappone nel 4700-4400 a.C., poi in India nel 1700 a.C. e poi in Occidente, lungo la Via della Seta, appunto attraverso la Persia (l'odierno Iran), dove iniziò ad essere coltivata in modo molto esteso e poi di nuovo esportata altrove come Prunus… della Persia, appunto. L'esplosione nel Mediterraneo e in Europa avvenne coi romani, che trasportarono l'albero sino-persiano in Africa del nord, Spagna e perfino Gran Bretagna. Attualmente la Cina ha tre tipi di pesco, del nord, del sud e del nord ovest, e ben 495 varietà. La pesca è decisamente riverita in Cina: già gli imperatori servivano le pesche nei banchetti, gli artisti le raffiguravano sulle ceramiche, i letterati li citavano nei propri scritti (la mitologia cinese narra che il Palazzo di Giada della Regina-Madre dell'Occidente, Hsi Wang Mu, fosse circondato da un meraviglioso giardino che ospitava l'albero di Pesco dell'Immortalità, i cui frutti potevano essere mangiati soltanto dagli esseri umani ai quali gli dei lo avessero concesso in funzione delle loro virtù). i fiori cantati da battistiOggi, i fiori di pesco e la loro fioritura primaverile costituiscono per la Cina ciò che quelli di ciliegio sono per il Giappone e sono anche celebrati nei Nianhua, i dipinti del Capodanno cinese anche detto Festa di primavera coi quali si saluta il passato e si dà il ben arrivato al futuro. Siamo sensibili ai fiori di pesco anche noi: Lucio Battisti decantò la fioritura annuale primaverile come clessidra del passaggio ciclico del tempo («Fiori rosa, fiori di pesco, c'eri tu / fiori nuovi, stasera esco, ho un anno di più»). Naturalmente, coltiviamo peschi per mangiare pesche, ma la bellezza dei rami fioriti, prodotto sempre più in voga presso i fiorai, ha fatto sì che si selezionassero anche peschi da fiore, a fiore sia semplice, sia doppio: sono alberi che decorano anche i giardini, con frutti piccoli e scadenti. I fiori di pesco sono tipicamente di colore rosa, ma c'è grande differenza tra le varietà, di grandezza dei petali e soprattutto di colore: se l'interno dei petali è arancio scuro, i frutti saranno a polpa gialla, se è chiaro i frutti saranno a polpa bianca. La pesca è una drupa, cioè un frutto carnoso indeiscente, cioè che giunto a maturazione non si apre per far cadere i semi come fanno i deiscenti, con esocarpo (buccia) sottile e membranoso, mesocarpo (polpa) carnoso e succoso ed endocarpo (nòcciolo) legnoso contenente un solo seme osseo che, oltretutto, è l'armellina (avevamo spiegato nel pezzo sull'albicocca come il seme di quest'ultima e della pesca sia usato nella produzione pasticcera col nome di armellina o mandorla amara, per aromatizzare, senza esagerare in quantità perché il seme contiene amigdalina che per idrolisi forma acido cianidrico che ad alte dosi risulterebbe altamente tossico).sciroppi e succhiGli animali che mangiano le pesche defecando disperdono l'endocarpo col seme: si chiama disseminazione zoocora. Abbiamo molti tipi di pesca: la buccia, di colore dal giallo-rossastra al bordeaux, può essere sottile e vellutata o liscia e in quest'ultimo caso abbiamo di fronte la pesca nettarina anche detta nocepesca o pesca noce. La polpa può essere gialla o bianca con venature rosse e aderente al nocciolo (pesca duràcina o «percoca») oppure non aderente (in questo caso si chiama pesca spiccàgnola o spicca). Le percoche, per la difficoltà al consumo rispetto alle spiccàgnole, perché si deve usare per forza il coltello e anche perché hanno polpa più soda che tiene benissimo la cottura, sono prodotte più per la realizzazione di pesche sciroppate o succhi di frutta. Quella del pesco è una coltivazione che necessita attenzione: il nostro albero è quello che, tra tutti i fruttiferi italiani, meno tollera i suoli con ristagno d'acqua non drenato e va seguito attentamente durante l'allegagione, cioè la fase iniziale dello sviluppo dei frutti che segue alla fioritura: essendo una pianta autoimpollinante, presenta elevata allegagione e per ottenere frutti di pezzatura grande e di sapore dolce occorre eseguire un diradamento dei fiori per riequilibrare numero dei frutti e vigore vegetativo. la tabacchieraEvidentemente, è qualcosa che sappiamo fare bene: consumiamo ogni anno circa 6,8 kg ciascuno di pesche, tra tutte quelle che abbiamo a disposizione: la «Pesca gialla», la «Pesca bianca», la «Nettarina» o «pescanoce» o «nocepesca», il «Percoco» da industria, idonea alla trasformazione, la «Merendella» diffusa in Sicilia e in Calabria, la Pesca di Bivona o «montagnola» prodotta a Bivona in provincia di Agrigento e in altri comuni limitrofi della zona dei Monti Sicani siciliani, la «Pesca saturnina» o «Pesca tabacchiera» o «platicarpa», sulla quale apriamo una parentesi. Avrete certamente notato che i supermercati sono quasi invasi dalle pesche piatte che un tempo, invece, erano decisamente introvabili oltre le zone di produzione. La pesca tabacchiera, così detta perché ricorda una tabacchiera, ma nota anche come pesca rotella, sarebbe la Prunus persica var. platycarpa, una cultivar di pesca diffusa in vari continenti e, in Italia, tradizionalmente in Sicilia, ad Adrano, Biancavilla, Bronte, Maniace, Mojo Alcantara e Roccella Valdemone e poi, dalla fine degli anni Ottanta, anche nelle Marche, sulle colline della vallata del fiume Chienti tra i comuni di Montecosaro e Civitanova Marche, col nome di Saturnia o Saturnina, marchio commerciale che identifica una precisa varietà di platicarpa della quale la famiglia Eleuteri detiene i diritti esclusivi. relax e insonniaQuelle che troviamo oggi nei supermercati, però, sono molto spesso le pesche piatte... spagnole. Già. In Italia coltiviamo circa 500 ettari a platicarpa e in Spagna, invece, soltanto negli ultimi cinque anni sono arrivati ad occupare ben 5.000 ettari. Non compriamole, quindi, e se non troviamo tabacchiere nostrane, prendiamo le pesche tonde italiane: le troveremo sicuramente. La nostra produzione peschicola, infatti, in Italia, nel 2019 (dati Istat) ha fruttato un raccolto di 4.150.516 di quintali di pesche nettarine e 8.098.899 quintali di pesche normali, con un impegno di 18.955 ettari in coltivazione per le prime e di 42.942 ettari per le seconde. Gli ultimi dati a disposizione sulla produzione mondiale di qualche anno fa spiegano come il 55% della produzione mondiale sia in mano alla Cina, con 11,9 milioni di tonnellate. Al secondo posto seguiamo noi, con 1,4 milioni, un dato non differente da quelli produttivi più recenti, poi la Spagna, poi gli Stati Uniti, infine la Grecia. Una pesca di dimensioni medie pesa circa 120 grammi, togliendo i circa 5 grammi del nocciolo, ne mangiamo circa 115 grammi. Considerato che 100 g di pesca presentano 39 calorie, ci troviamo di fronte a un frutto fortemente ipocalorico che possiamo consumare in quantità. La pesca, infatti, fa benissimo. Coi suoi 88,87 g di acqua, rappresenta uno snack innanzitutto reidratante. E poi tonificante e saziante, contenendo, su 9,54 g di carboidrati totali, 8,39 g di zuccheri semplici che tirano su l'organismo afflitto dall'afa e dall'eccesso di sudorazione che disperde i sali minerali, e 1,5 g di fibra che aiuta sia contro l'ipercolesterolemia, sia a mantenere la sensazione di sazietà più a lungo. Sempre per la fibra, la pesca stimola il transito intestinale combattendo la stitichezza e, meccanicamente, «disintossica» l'intestino dalle tossine mentre lo attraversa. Col suo quantitativo di potassio, 190 mg, stimola la diuresi, così contrastando la ritenzione idrica e, indirettamente, la cellulite, mantenendo anche in forma i reni. Per il potassio e l'effetto diuretico ha anche la capacità di abbassare la pressione arteriosa in chi la presenta troppo alta. Presente anche il magnesio, 9 mg, sale minerale che aiuta a rilassare la muscolatura e perciò è molto utile per numerose problematiche, dall'insonnia e il nervosismo ai crampi muscolari e la dismenorrea (le mestruazioni dolorose). Sia la buccia, sia la polpa della pesca presentano un mix antiossidante non indifferente che rende questo frutto un gustoso complice di chi vuol mantenersi giovane: abbiamo betacarotene nella misura di 162 microgrammi e poi luteina e zeaxantina in quella di 91 microgrammi totali. Il betacarotene incentiva la produzione della melanina nella pelle esposta al sole, con lo scopo di proteggerla dai danni ossidativi portati dai radicali liberi. Esplica lo stesso effetto protettivo nei confronti degli occhi e del cuore. gradevole all'olfattoAnche luteina e zeaxantina sono carotenoidi con azione antiossidante ancora utile agli occhi, che proteggono dalle radiazioni luminose, mantenendo la vista sana e favorendo la visione notturna. Anche la vitamina E (0,73 mg), la vitamina C (6,6 mg), l'acido clorogenico e vari altri composti fenolici prevengono i danni causati dall'ossidazione con effetti benefici sull'apparato cardiovascolare e sulla prevenzione di tumori. L'acido clorogenico (anche chiamato acido 3-caffeilchinico), presente in molti vegetali della nostra dieta mediterranea oltre alla pesca e anche nel caffè verde, modula il rilascio di glucosio nel sangue dopo aver mangiato, riducendo l'assorbimento intestinale dello zucchero (riduzione della glicemia post-prandiale), aiutando anche nel dimagrimento e nella sindrome metabolica. La vitamina C, oltre a funzionare come antiossidante, aiuta la sintesi del collagene, stimola le difese immunitarie e aumenta l'assorbimento del ferro, che la pesca, anche, contiene (0,25 mg). La pesca fa bene anche all'olfatto: il suo profumo, tipico e gradevolissimo, è il risultato della combinazione di più di 80 sostanze volatili.
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