2019-04-17
Lo sblocca cantieri è fermo. Attende un cavillo di legge che favorisce i fondi esteri
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I bilanci colabrodo di Condotte, Tecnis e Cmc Ravenna. Confapi: «Un miliardo di euro investiti nel settore delle costruzioni è capace di generare effetti pari a 3,5 miliardi e creare 15.500 posti di lavoro».Il decreto sblocca cantieri è ancora fermo. Solo al Nord 17 cantieri congelati bloccano 24 miliardi di Pil.Palazzo Chigi ipotizza un cambio di legge: al momento in caso di fallimento dell'aggiudicataria l'appalto non cambia destinazione. Si lavora invece all'ipotesi di sfilarlo all'azienda decotta per affidarlo alla seconda arrivata o addirittura prevedere una nuova gara. In questo caso Qatar e Cina farebbero manbassa. Lo speciale contiene tre articoliLe costruzioni rappresentano l'8% del prodotto interno lordo nazionale. Come spiega la confederazione italiana della piccola e media industria privata, nota anche con l'acronimo Confapi, «un miliardo di euro investiti nel settore delle costruzioni è capace di generare effetti pari a 3,5 miliardi e creare 15.500 posti di lavoro». Il problema è, insomma, che la spesa negli investimenti pubblici è in netto calo. Senza considerare che la pubblica amministrazione paga sempre con grande ritardo. Nel nostro Paese, spiega Assonime, «in valore assoluto, la spesa per investimenti pubblici è diminuita da 47 miliardi del 2007 a 36 miliardi nel 2016 sino a 34 miliardi nel 2017, con una riduzione di circa il 27%», si legge nel rapporto realizzato a dicembre dall'associazione.Così succede che i alcuni gruppi del settore come Condotte, Tecnis e Cmc Ravenna si trovino in grande difficoltà e con bilanci che sembrano un colabrodo. Non a caso domani si terrà uno sciopero di otto ore dei sindacati edili che da tempo chiedono un aiuto al governo per risolvere la situazione. La mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori delle società Condotte Spa e Tecnis Spa è stata annunciata dalle organizzazioni sindacali FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil, per protestare contro lo stallo delle vertenze che coinvolgono le due società in amministrazione straordinaria.«È assolutamente necessario velocizzare i tempi per giungere ad una soluzione rapida» spiegano i sindacati, «in grado di garantire la ripresa delle attività produttive ed il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Questo ritardo, inammissibile soprattutto quando in ballo c'è il futuro di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie, potrebbe pregiudicare definitivamente la possibilità di mantenere in vita le due società». Nello specifico, i sindacati fanno sapere che per la vicenda Condotte, "i commissari dichiarano l'urgenza di approvare il piano presentato il 4 marzo al Mise, per garantire lo sblocco tempestivo delle risorse, indispensabili alla ripresa dei cantieri, e l'emissione delle fideiussioni necessarie alla sottoscrizione dei contratti non ancora stipulati per le importanti commesse già aggiudicate ma a rischio di revocatoria da parte delle committenze".Del resto, la romana Condotte è una società in grave difficoltà. I suoi 2800 dipendenti lavorano per un gruppo che nel 2016 (ultimi dati disponibili) ha registrato un fatturato da 1,3 miliardi di euro e passività per 1,55 miliardi nel 2016 e 1,5 nel 2015. Di questi soldi, 461 milioni riguardano l'indebitamento con le banche nel 2016, un valore in aumento rispetto ai 398 del 2015. Male anche il risultato operativo: nel 2016 era di 46,3 milioni, in calo rispetto ai 76,7 milioni del 2015. Non è certo in una situazione migliore il gruppo catanese Tecnis. L'azienda siciliana, in trattativa – poi saltata – per passare al gruppo Pessina Costruzioni, era fino al 2015 l'impresa di costruzione numero 15 in Italia per fatturato, la prima al Sud, con valore della produzione oltre 300 milioni di euro nel 2013 e 2014. Poi la pesante crisi di commesse e di liquidità, che ha portato all'amministrazione giudiziaria nel 2016 (sempre affidata al commissario Saverio Ruperto) e dall'8 giugno 2017 il commissariamento Marzano (decreto firmato dal ministro Carlo Calenda). Nel 2017, ultimi dati disponibili, l'azienda che ha sede a Tremestieri Etneo e che ha 492 dipendenti (solo nel 2012 i lavoratori erano 1250), ha messo a segno un fatturato di 296,8 milioni di euro ma con una perdita di 30,7 milioni di euro. Sembra forse in una situazione leggermente migliore Cmc Ravenna. Dando uno sguardo all'ultimo bilancio disponibile, quello al 31 marzo 2018, il gruppo ha visto il fatturato scendere nel 2018 a 258,2 milioni dai 289 del primo trimestre 2017, risultati in calo dovuti ad alcuni mancati pagamenti da parte di Anas. Una situazione che ha portato a un peggioramento della posizione finanziaria netta rettificata della società (debiti meno disponibilità liquide) dai 670 milioni di fine 2017 fino a 825 miloni, portando l'azienda ad un rapporto tra il margine operativo lordo e la posizione finanziaria netta, già alto nel 2017 (3,84), vicino alla soglia di rischio considerata dagli analisi finanziari intorno a quattro, al valore preoccupante di 5,84.Il mondo delle costruzioni continua dunque a trovarsi in una momento di grave difficoltà, una situazione che si protrae ormai da anni senza che le istituzioni trovino una soluzione definitiva per gli oltre 800.000 posti di lavoro che ogni anno in Italia, vista la crisi, sono sempre più a rischio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lombra-dei-fondi-stranieri-sugli-appalti-delle-nostre-aziende-di-costruzione-in-crisi-2634879159.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-mi-interessa-fare-in-fretta-da-nord-a-sud-centinaia-di-opere-incompiute" data-post-id="2634879159" data-published-at="1758064637" data-use-pagination="False"> Salvini: «Mi interessa fare in fretta». Da Nord a Sud centinaia di opere incompiute «A me interessa fare in fretta», ha spiegato il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, a chi gli domandava in queste ora se ci fossero novità sull'approvazione del decreto sblocca cantieri. E ha ragione, anche perché il provvedimento che dovrebbe ridare ossigeno alle opere infrastrutturali ferme come alle grandi aziende di costruzione in difficoltà economica continua a rimandare la sua pubblicazione in gazzetta ufficiale. Eppure tra i 5 stelle si continua a prendere tempo. Colpa delle possibili ricadute politiche, c'è chi grida che potrebbe essere un via libera alla corruzione: i grillini si battono da anni contro la realizzazione dell'alta velocità di Valsusa. Il tempo stringe ormai. I sindacati sono preoccupati per le migliaia di lavoratori che rischiano di perdere il lavoro. Ma il timore è soprattutto per il sistema infrastrutturale italiano. Da Nord a Sud si rischia di lasciare strade, ponti, aeroporti, porti a metà lavori, non finiti, con lo spettro di perdere altro tempo, bruciando altri soldi. Del resto in alcuni casi si lavora a regimi ridotti da anni, con situazioni rimaste al palo da mesi. Per di più c'è chi come Federarchitetti lancia l'allarme: nei cantieri muoiono più operai. Colpa della mancanza di sicurezza, ma anche di una gestione ormai sempre più difficile nelle costruzione delle grandi opere, senza risorse economiche adeguate e con le grandi aziende di costruzione a mezzo servizio per via della cassa integrazione. Sono state 121 le vittime nel primo bimestre del 2019. Si muore di più al nord, visto che in quell'area del Paese ci sono più cantieri. Non solo. Aumenta il numero degli infortuni non mortali: dal primo bimestre 2018 al 2019 sono passati da 96.121 a 100.290. A Nordest il dato peggiore con 31.404 infortuni, seguito dal Nord Ovest con 30.398. Detiene il triste primato degli infortunati la Lombardia con 19.011, seguita da Emilia Romagna con 13.029 e Veneto con 11.935. Sono almeno 30 le grandi opere bloccate per un valore complessivo di oltre 36 miliardi di euro. Secondo le ultime rilevazioni dell'Ance, che si possono trovare sul sito sbloccacantieri.it, le strutture e infrastrutture ferme sono concentrate maggiormente al Nord, con 17 opere per un totale di oltre 24 miliardi di euro, mentre il Centro-Sud conta 5 opere del valore totale di 8,2 miliardi al Centro Italia e 8 interventi per 3,5 miliardi di euro nel Mezzogiorno. Le opere segnalate e censite dall'Ance sono molte di più: arrivano a 600. L'associazione rilancia oggi l'allarme per il settore (620.000 posti persi nelle costruzioni dal 2008 e 120.000 imprese chiuse). Le 30 opere ferma sono note. C'è la Gronda di Genova in Liguria (valore 5 milioni di euro), la Terza corsia A11 Toscana (3 milioni di euro), la Firenze-Pistoia, chiaramente la Tav Torino-Lione Piemonte, le tangenziali Venete (Verona-Vicenza-Padova). E poi ancora la Brescia-Verona, autostrada Tirrenica Toscana o il nuovo ospedale di La Spezia o il completamento di un'altra struttura sanitaria in Calabria. Ma non c'è solo il Nord o il Centro. La situazione è drammatica a Sud, in Sicilia nello specifico, dove la crisi di Tecnis sta tenendo in apnea metà isola. Da anni si va avanti con provvedimenti straordinari. L'azienda non è stata venduta dal commissario. E si continua anche qui a prendere tempo in attesa del fallimento o di una soluzione, anche se i provvedimenti a cui ricorrere sono sempre più scarsi. Così langue l'anello ferroviario di Palermo, il collettore fognario per il disinquinamento, l'ammodernamento del Policnico come il mitico viadotto Scorciavacche sulla Palermo Agrigento. Solo in vendita commesse e concessioni si stima per Tecnis un valore di 1,8 miliardi di euro, riserve di cantiere per 432 milioni, e un organico amministrativo e di cantiere di circa 200 persone. Il 29 aprile sarà riaperto il bando alle aziende che avevano partecipato per acquisire il colosso catanese e ripresentare le loro offerte. Una notizia che desta preoccupazione tra lavoratori e sindacati (Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil) che a Catania si sono dati davanti la Prefettura per fare sentire la loro voce ed esprimere preoccupazione per il percorso a singhiozzo relativo alle trattative di vendita. Sotto la lente di ingrandimento c'è lo stop e il tramonto della trattativa con Pessina Costruzioni, azienda che aveva avanzato la propria candidatura e proposto di acquistare in blocco tutte le attività. In questi giorni ci sarà l'ennesimo sciopero. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lombra-dei-fondi-stranieri-sugli-appalti-delle-nostre-aziende-di-costruzione-in-crisi-2634879159.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-qatar-ha-gia-un-ospedale-in-sardegna-i-cavilli-per-salvare-gli-appalti-gia-assegnati" data-post-id="2634879159" data-published-at="1758064637" data-use-pagination="False"> Il Qatar ha già un ospedale in Sardegna. I cavilli per salvare gli appalti già assegnati La situazione di crisi delle nostre grandi aziende di costruzione sta diventando una spina per il governo gialloblu di Giuseppe Conte. Il decreto è ancora fermo. E attraverso cavilli burocratici si sta provando a trovare una difesa dei nostri asset infrastrutturali. Non è un caso che il Qatar si sia già fatto avanti per il porto dei Giardini Naxos vicino a Palermo, cantiere aperto da decenni e mai terminato, in mano a un'azienda in crisi come la Tecnis.Un mese fa la delegazione della società di gestione dei porti del Qatar – «Mwani Qatar» con la «Qatar Free Zone Authority» e la «Qatar Terminals» hanno incontrato vice ministro alle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, presso la sede del ministero delle Infrastrutture. All'ordine del giorno il rapporto di collaborazione avviato tra Italia e Qatar iniziato dai tempi del governo di Matteo Renzi. Del resto Doha vanta già un ospedale in Sardegna dopo l'acquisto della struttura sanitaria Mater Olbia (per 1,2 miliardi). Perché un ospedale di eccellenza oltre che profitti permette anche di poter effettuare scambi con altri principali ospedali esteri e centri di ricerca collegati. Tant'è che per lo sviluppo dell'ospedale di Olbia, i primi 100 assunti dovranno parlare correttamente due lingue. Ma dopo la firma con la Cina, anche i cinesi potrebbero essere interessati all'acquisto di aziende e alla chiusura di importanti cantieri infrastrutturali. Insomma se non li finirà l'Italia potrebbero essere altri, con il rischio però di perdere sovranità in zone strategiche del Paese. Per questo motivo al ministero dell'Economia si sta lavorando per trovare una soluzione nel caso in cui le aziende impegnate nei lavori falliscano. Ci vorrà del tempo per capire se si farà una nuova gara (in caso di fallimento dell'aggiudicataria) oppure se si potrà immaginare una sorta di successione di un soggetto terzo con l'impresa fallita (garantendo la continuità nel contratto e nell'esecuzione dell'opera). Oggi l'articolo 110 del decreto prevede comunque che in caso di fallimento dell'impresa che sta eseguendo il lavoro il curatore possa autorizzare l'esercizio provvisorio oppure il contratto potrebbe passare alla seconda in graduatoria nell'aggiudicazione. Non solo. Ci sono anche delle linee guida, ancora in bozza, sui requisiti ulteriori per poter avere o mantenere il contratto, ricorrendo all'avvalimento, ovvero alla dimostrazione della stabile disponibilità dei requisiti necessari per partecipare a future procedure di affidamento. La sabbia nella clessidra però sta terminando.