2021-09-30
L’odio politico l’hanno inventato sinistra e Grillo
Ridicola l'idea propalata dai giallorossi che il guru social del Carroccio stia pagando la ferocia sparsa online. Se c'è qualcuno bravo a demonizzare gli avversari sono proprio loro. Vedi Berlusconi, Trump, Salvini, MeloniA sinistra è l'ultima moda, e sulle eleganti passerelle dei giornali mainstream è addirittura l'accessorio obbligato della collezione autunno 2021: descrivere Luca Morisi come l'inventore dell'odio politico (online e non), come l'apprendista stregone che non è stato in grado di dominare le diaboliche entità che lui stesso aveva evocato e suscitato. E una destra per tanti versi confusa e in soggezione rischia perfino di cadere in questa trappola, di riconoscersi masochisticamente in un ritratto falso, in una rappresentazione costruita a uso e consumo della sinistra.Al contrario, da decenni, la «tecnologia» della sinistra è esattamente la demonizzazione dell'avversario, la sua «fascistizzazione». Sono loro i veri professionisti dell'odio. Per costoro, non esiste mai un avversario di destra civile, accettabile: esiste solo un «pericolo per la democrazia». Al massimo, una «destra buona» è immaginabile soltanto quando una porzione dello schieramento di centrodestra (si pensi al caso di Gianfranco Fini) può tornare tatticamente utile per meglio aggredire il reale avversario del momento, in quel caso Silvio Berlusconi. Il trattamento politico e mediatico praticato verso l'esponente più forte della destra ha sistematicamente avuto questo taglio di «fascistizzazione ossessiva», di mostrificazione, di negazione di una polemica politica ordinaria (e ordinata). È stato così per Berlusconi, lo è oggi per Matteo Salvini, lo sarà forse molto presto per Giorgia Meloni. Ecco, pensate a Berlusconi. La sinistra lo ha mai considerato un avversario accettabile? No: era il «mafioso», il «corruttore», il «condannato», oltre che l'uomo delle olgettine. Ancora una settimana fa, si sono contate su poche dita di una sola mano le voci di sinistra capaci di protestare davanti all'allucinante richiesta di una perizia psichiatrica per il Cav. Oppure pensate alla stagione di Salvini al Viminale: la sua politica sull'immigrazione era forse qualcosa contro cui la sinistra si limitò a un onesto dissenso politico? No: era «violazione dei diritti umani», «razzismo», «sequestro di persona», con tanto di voto del Senato (inclusi i cosiddetti «garantisti» di sinistra) per mandarlo a processo. Quello stesso metodo è stato praticato ed esaltato pure dai grillini, nati e cresciuti (e poi divenuti primo partito) a suon di «vaffa», e teorici (per una lunga fase) della necessità di non dialogare con nessuno, di non parlare con gli avversari, forse perfino di non stringere mani di altri per non «contaminarsi». E anche varcando l'Oceano: Donald Trump è stato forse solo un avversario per la sinistra? No: era un «pazzo», un «usurpatore», un «pericolo per il mondo». Badate bene: la sinistra si è sempre comportata così. Il giorno dell'elezione alla Casa Bianca di Ronald Reagan, l'Unità uscì con questo titolo a caratteri cubitali: «Inquietudine nel mondo per la vittoria di Reagan». E ancora (prima e dopo, fino ai giorni nostri) non c'è stato presidente americano repubblicano, da Richard Nixon in poi, passando per Reagan, per Bush padre e figlio, e fino a Trump, che non sia stato variamente aggredito. Nel caso delle elezioni nei principali Paesi esteri, la cosa assume perfino la regolarità di una sorta di «protocollo». A destra, il vincitore non può che essere un fascista, un pericolo per la democrazia, un leader autoritario. Qui gioca un ruolo anche la cattiva coscienza dell'Inviato Unico, del Corrispondente Collettivo: siccome, fino al giorno del voto, giornali e tv avevano raccontato che il «cattivo» avrebbe perso, che sarebbe stato travolto, e invece ha vinto, allora bisogna presentarlo a tinte ancora più cupe, come un mascalzone, un reprobo, un potenziale dittatore. In questo modo, non solo non ci si smentisce, ma si preparano altri mesi di campagna giornalistica «coerente» con gli svarioni pre-elettorali. E a quel punto il «trattamento», come per una sorta di maledizione, si estende anche agli elettori: al vincitore «fascista» corrisponde un popolo di destra invariabilmente descritto come rozzo, ignorante, analfabeta di andata (o di ritorno, quando va bene). Quando non vince il campioncino democratico e di sinistra, allora bisogna accreditare la tesi di un'onda nera, di una torsione irrazionale e quasi animalesca di una quota maggioritaria degli elettori. Bestie pericolose: una specie di piazza Venezia moderna (di volta in volta spostata al di là dell'Atlantico, oppure in Est Europa, o invece oltre la Manica, ovunque serva alla narrazione) pronta ad osannare il suo Mussolini. Tutto secondo uno schema costante, invariabile, sempre uguale a sé stesso. Hillary Clinton se lo fece sfuggire esplicitamente, chiamando gli elettori di Trump «deplorables», cioè cattivi-deplorevoli-miserabili-pessimi. E i mainstream media di tutto il mondo le sono andati dietro, trattando una metà degli americani (e, a cascata, di britannici, italiani, polacchi, ungheresi, brasiliani, eccetera) come un'orda rabbiosa e sdentata, una curva di hooligans, un insieme di impresentabili da disciplinare e mettere in condizione di non nuocere.Che ora, dopo tutti questi precedenti, dopo un metodo praticato da sinistra con tanta efficacia e sistematicità, si voglia presentare Morisi come Satana, o come l'inventore della demonizzazione politica, non è solo falso. È addirittura ridicolo.