2020-10-21
L’Occidente a Ratisbona ha tradito Ratzinger per sottomettersi all’islam
Benedetto XVI (Dpa/Getty Images)
La biografia del Papa emerito scava nell'episodio del 2006: la lezione di Benedetto su fede e violenza venne travisata da media e politici. Tutto per un bieco quieto vivere.C'è un episodio che, meglio di ogni altro, chiarisce quale rapporto di sudditanza, di timore e, in fondo, di sottomissione volontaria abbia intrattenuto l'Europa con il mondo musulmano negli ultimi decenni. Un episodio che non si può trascurare, se si vuole capire davvero perché, ancora adesso, persone innocenti come il professor Samuel Paty continuano a essere trucidate da fanatici di Allah. A ricordarci l'incredibile vicenda è, oggi, la monumentale biografia che il giornalista tedesco Peter Seewald ha dedicato a Joseph Ratzinger, appena pubblicata in Italia da Garzanti con il titolo Benedetto XVI. Una vita (1.296 pagine, 40 euro). Seewald ricostruisce perfettamente gli avvenimenti dei primi giorni di settembre del 2006. Benedetto era decollato da Ciampino il 9, per atterrare a Monaco di Baviera. Era atteso anche a Altötting, Marktl, Ratisbona e Frisinga. Quella che ci interessa è la penultima tappa, in calendario per il 12 settembre (appena tre giorni dopo - coincidenza significativa - sarebbe morta a Firenze Oriana Fallaci). «La conferenza nell'aula magna dell'Università di Ratisbona, dove lavorò per molti anni, fu un punto centrale nei suoi discorsi e negli incontri drammaturgicamente perfezionati», scrive Seewald. «In origine, Benedetto voleva solo comunicare alcuni ricordi personali, ma la direzione dell'Università spingeva affinché tenesse una “lezione". E dunque l'avrebbe tenuta». Al centro della lezione, Ratzinger pose un tema complesso e a lui molto caro: il rapporto tra fede e ragione, che non possono considerarsi mondi incompatibili. Il titolo dell'intervento era Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni. «Senza ragione», chiosa Seewald, «la fede minaccia di diventare fanatica, e senza fede la ragione si incatena e si priva della sua dignità. Una società che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è “incapace di inserirsi nel dialogo delle culture"». Il testo di Ratzinger, «per 12 cartelle ruotò attorno al concetto di ragione e alla sua connessione con la religione. La quintessenza della lezione consisteva nel fatto che non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. Ciò include anche il non esercitare la coercizione o addirittura la violenza nuda in materia di fede». Il discorso di Benedetto fu accolto in maniera piuttosto tiepida dai media tedeschi. Seewald riporta alcune reazioni: «"C'era il papa… e quindi?", fu il commento annoiato di Der Spiegel Online. A Ratisbona aveva parlato «per il dialogo con l'islam», ma senza particolari punti di stimolo. Conclusione: “Difficilmente si può essere più generali e approssimativi"». Tenetelo a mente: Der Spiegel scrisse che il pontefice si era espresso a favore del dialogo. Il vero problema? Il suo intervento era noioso… La Suddeutsche Zeitung, dal canto suo, definì l'intervento di Ratisbona «uno dei migliori riassunti di ciò che lo studioso Joseph Ratzinger ha detto sul rapporto tra fede e ragione». Nulla di nuovo, dunque. Niente da segnalare. Eppure, a strettissimo giro, una frase estrapolata dal discorso cominciò a fare il giro del mondo. Alcuni media cominciarono a far circolare una citazione che sollevò un'ondata di indignazione micidiale. Nel corso dell'intervento, il Papa aveva citato un dialogo su cristianesimo e islam avvenuto intorno al 1.400 tra Manuele II Paleologo e un sapiente persiano. Una discussione riguardante, almeno in parte, la guerra santa, argomento su cui Manuele II appariva particolarmente duro. Ecco che cosa disse Ratzinger: «Egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava"». Il Papa aveva citato il brano del Paleologo per riflettere sull'imposizione della fede tramite la violenza. E aveva specificato che i toni durissimi dell'imperatore bizantino erano per lui «inaccettabili». Ma sui giornali circolò soltanto la frase su Maometto e le «cose cattive e disumane» da lui portate. E fu subito il caos. «L'ayatollah Ali Khamenei definì il discorso “l'ultimo anello di un complotto per una crociata"», racconta Seewald. «Un vicepresidente del partito di governo turco Akp predisse che Benedetto XVI sarebbe passato alla storia come seguace “delle orme di Hitler e Mussolini"». Negli Stati a maggioranza islamica migliaia di persone scesero in piazza. «A Mogadiscio, la suora italiana Lionella Sgorbati perse la vita durante una rivolta». Al Qaeda promise che avrebbe spezzato la Croce conquistando Roma. Ovviamente nessuno di costoro aveva letto il testo completo pronunciato dal Papa, nemmeno gli esponenti di governi apparentemente democratici. Ma il comportamento più assurdo fu quello dei giornali europei. Gli stessi che avevano liquidato il discorso come una banalità, si lanciarono all'assalto di Benedetto. «"Il teologo ostacola il papa", brontolava la Suddeutsche Zeitung che aveva appena elogiato la lectio, “il pensatore intelligente si era comportato da ingenuo per non dire da incosciente". Era “scorretto e politicamente insensato"», ricostruisce Seewald. «Der Spiegel, che alcuni giorni prima aveva riferito dell'evento a Ratisbona e del fatto che il Papa si fosse espresso “a favore del dialogo con l'islam", ora si indignava perché con il suo discorso Benedetto aveva “quasi innescato una crisi globale"». Su Repubblica, Marco Politi scrisse che il Papa aveva «trascinato la Santa Sede in una vera e propria Waterloo, mettendo fine ai rapporti pacifici tra cristiani e musulmani». È impressionante leggere oggi parole simili. Gli intellettuali e i giornalisti europei, ad appena cinque anni di distanza dal dramma dell'11 settembre, si schierarono quasi all'unisono contro il pontefice. Invece di cogliere il messaggio contro la violenza e la denuncia della barbarie jihadista, i media si concentrarono sulla presunta «offesa ai musulmani». In nome della correttezza politica, montarono una campagna di demonizzazione senza precedenti nei confronti di Ratzinger. Ecco, questo è il genere di sottomissione a cui, da troppo tempo, siamo abituati. Ci siamo spinti ad assaltare perfino un Papa per via di una lezione universitaria, poi non sorprendiamoci se estremisti feroci ammazzano senza pietà un professore per un dibattito in classe.
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