2022-06-17
Lo studio israeliano sui non vaccinati: col Covid non cresce il rischio miocarditi
Si temeva che le infiammazioni cardiache fossero tra i postumi del contagio. Ma tra i pazienti mai inoculati non sono aumentate.Il long Covid è uno degli spauracchi agitati dai talebani del vaccino: correte all’hub, ci raccomandavano, perché chi si ammala patisce strascichi interminabili. Purtroppo, a quanto pare, la sindrome colpisce pure pazienti che si sono regolarmente sottoposti a tutti i cicli di inoculazione. Tant’è che il consulente di Roberto Speranza, Walter Ricciardi, ha lanciato un monito sull’impatto che potrebbe avere sul sistema sanitario la quota di cittadini che avrà bisogno di continua assistenza, a causa delle conseguenze permanenti del virus cinese. Visto che la stragrande maggioranza degli italiani ha completato il ciclo d’iniezioni fin qui raccomandate (o surrettiziamente imposte), è difficile pensare che il problema del long Covid riguardi solo i no vax.Tra i potenziali postumi del coronavirus, i clinici avevano indicato anche dei disturbi cardiaci, incluse le miocarditi e pericarditi, peraltro già associate alle vaccinazioni, specie nei soggetti giovani e di sesso maschile. Ebbene, da uno studio israeliano, pubblicato sul Journal of clinical medicine, è giunta una sorpresa: nei guariti dal Covid, non è stato rilevato alcun aumento dell’incidenza di quelle infiammazioni dei muscoli del cuore. I ricercatori di Gerusalemme, Tel Aviv e Ramat Gan hanno esaminato 196.992 adulti contagiati tra marzo 2020 e gennaio 2021, seguendoli fino alla fine di febbraio dell’anno scorso. Poi, hanno utilizzato un gruppo di controllo composto da 590.976 persone, che avessero ricevuto almeno un test negativo e nessun tampone positivo. Insomma, che non si erano infettate. Risultato: nei soggetti colpiti dal Sars-Cov-2, l’incidenza di miocarditi e pericarditi è stata rispettivamente dello 0,0046% (nove casi) e dello 0,0056% (undici casi). Numeri trascurabili e, comunque, sovrapponibili a quelli dell’altro raggruppamento, nel quale è stata registrata un’incidenza rispettivamente dello 0,0046% (quindi, identica) e dello 0,0088% (lievemente superiore). Piccolo, ma non trascurabile dettaglio: gli individui oggetto dell’indagine erano tutti non vaccinati.A questo punto, occorre un chiarimento. Lo studio non dimostra che il Covid non provoca miocarditi. Bisogna distinguere tra la fase acuta dell’infezione e il periodo che segue la guarigione. Che la patologia possa coinvolgere anche miocardio e pericardio è ormai provato ed è il motivo per cui sintomi analoghi si sono manifestati in seguito alle vaccinazioni: il preparato a mRna, sostanzialmente, mima gli effetti nefasti del virus nell’organismo, innescando una risposta infiammatoria. Semmai, è sul lasso temporale che accompagna la guarigione, che non si avevano ancora evidenze precise. La ricerca israeliana, in questo senso, ha scoperto che non c’era alcuna differenza statistica nel tasso d’incidenza di miocarditi e pericarditi tra i soggetti che stavano uscendo dal Covid, benché non vaccinati, e il gruppo di controllo.Di sicuro, viene a cadere un altro dei pretesti in virtù dei quali il sacro siero veniva propinato in particolare ai ragazzi. Per quanto riguarda gli over 60, c’erano poche storie: più si va avanti con gli anni, più si è esposti agli esiti polmonari infausti del Sars-Cov-2. Porgere il braccio era una questione di sopravvivenza. Invece, per convincere i giovani, molto di rado vulnerabili alla malattia severa, uno degli argomenti verteva proprio sull’eventualità che essi sviluppassero il long Covid. Una tesi zoppicante. Primo, perché i farmaci disponibili non sono sterilizzanti: chi se li inocula può contagiarsi lo stesso, specialmente ora che circolano le sottovarianti di Omicron. Secondo, perché anche i presunti «immunizzati», in realtà, una volta infettati, possono subire gli strascichi del virus. Terzo, perché, come ha provato lo studio realizzato in Israele, gli infettati non vaccinati sembrano non essere suscettibili a una delle manifestazioni più preoccupanti che si ritenevano associate al long Covid: la miocardite e la pericardite.È vero, l’indagine israeliana ha i suoi limiti. Ad esempio, si è concentrata sui pazienti che sono finiti in ospedale per problemi al cuore, ignorando potenzialmente le forme lievi di infiammazione dei muscoli cardiaci. Le conclusioni, tuttavia, rimangono rilevanti e meritano ulteriori approfondimenti.Gli stessi che andrebbero svolti sul rapporto rischi/benefici delle vaccinazioni nei più giovani, nel momento in cui la Fda si appresta ad autorizzare gli shot per i bimbi dai sei mesi in su. Gli specialisti hanno spesso ripetuto che le miocarditi da vaccino erano più rare e più blande di quelle da Covid; nondimeno, le riviste mediche sono piene di report su decessi improvvisi, correlati alle punturine antivirus. Ricalcolarne vantaggi e pericoli, quando tanti ragazzi si sono immunizzati naturalmente e i ceppi dominanti appaiono meno aggressivi, non significa mica essere dei no vax. Significa applicare il metodo scientifico.