2020-03-18
Lo Stato sbaglia e poi si fa pagare i danni
Sottomarina di Chioggia (iStock)
Nei primi anni Venti del Novecento, gli abitanti di Riva Lusenzo, nel Chioggiotto, bonificarono gratis l'area con la promessa di avere in cambio un lotto edificabile. Il trasferimento di proprietà non venne mai ratificato. Chiesto un secolo d'affitto dei terreni.Le 200 famiglie residenti nelle abitazioni di Riva Lusenzo, nel centro storico di Sottomarina, frazione balneare di Chioggia nota per i suoi lidi sull'Adriatico, stanno vivendo l'incubo delle cartelle esattoriali dell'Agenzia delle entrate. Per gli abitanti di questo quartiere popolare affacciato sulla laguna sud di Venezia, proprietari di 132 immobili, a uso prevalentemente abitativo, in larga parte anziani, le angosce ebbero inizio nel 2014, con l'arrivo delle prime ingiunzioni di pagamento, seguite, come un'incombente mannaia, da solleciti e minacce di pignoramento con importi da pagare variabili tra 150.000 e 200.000 euro. L'origine del contenzioso si situa nel 2010, quando l'Agenzia del demanio, con sede a Mestre, per realizzare il «federalismo demaniale», dovette eseguire un censimento degli insediamenti urbanistici in capo all'ente, nella provincia di Venezia. Chi sa se accadde casualmente, ma in quell'occasione, i funzionari dell'Agenzia, si avvidero che i possessori delle abitazioni dell'area non avevano mai pagato, in 100 anni, il canone demaniale di locazione del terreno su cui furono costruite le loro case, su una superficie complessiva di 8.911 metri quadrati. Essi tuttavia, non erano forse al corrente che un regolare accordo sottoscritto il 1° luglio 1923 tra un gruppo di marinanti - così sono chiamati gli abitanti di Sottomarina - e l'«Ufficio speciale per le opere marittime di Venezia e provincia del Corpo reale del Genio civile», sanciva l'avallo di quanto poco prima lo Stato italiano, attraverso il Magistrato alle acque e il Comune di Chioggia, aveva loro proposto. Ossia fornire gratuitamente la propria manodopera per bonificare la striscia di terra, dove il fango si mescolava con l'acqua salmastra, sulla riva del canale lagunare Lusenzo, in costante balia d'inondamenti e mareggiate. In cambio, la promessa della cessione ai volenterosi, di un fazzoletto di terra sul suolo imbonito, ove avrebbero potuto costruire una casa nuova di zecca. E i cittadini così fecero. Fornirono le loro braccia a una ditta che edificò, in pietra d'Istria, un «murazzo» per il contenimento delle acque e ripulirono il suolo da melma e acque stagnanti. Un ritrovato verbale, risalente all'anno del Signore 1924, prova la legalizzazione del passaggio di proprietà ai cittadini - ortolani, pescatori, artigiani - che contribuirono alla bonifica. Certi dei loro diritti, essi ottennero dal Comune di Chioggia l'autorizzazione edilizia, avviando l'alacre costruzione di casucce colorate e l'area, risanata, divenne un nuovo quartiere residenziale inserito nel piano regolatore, ritagliato tra calli, campielli e fondamenta. Novant'anni dopo, dalle parti di Calle del Broca, calle del Pansin, calle dei Nanoni, solo per nominarne alcune, i residenti, per lo Stato patrigno, sono diventati abusivi, pur essendo le loro case regolarmente accatastate e quantunque abbiano versato i tributi dovuti. Ma non quelli dei lotti edificati, dice il Demanio, diventato Demonio negli incubi dei malcapitati. Oltretutto, nel corso di un secolo, alcuni di questi immobili sono stati locati, venduti o trasmessi per eredità, con dimostrabili rogiti timbrati da notai ignari del vincolo-fantasma. I marinanti coinvolti si sono rivolti prima direttamente a Dio, poi al potere spirituale, attraverso il loro parroco, don Pierangelo Laurenti, della chiesa di San Martino, e quindi a quello temporale, il sindaco, i parlamentari, financo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo lettere su lettere, ricorsi, e forse anche qualche moccolo sfuggito di bocca in osteria, il 20 febbraio 2020, il Senato della Repubblica, all'unanimità, ha approvato una legge, la n. 1149, che prevede il trasferimento della proprietà dei terreni dal patrimonio del Demanio al Comune, correggendo così una serie di errori burocratici, uno dei quali è legato a un decreto del ministro per la Marina mercantile del 10 febbraio 1965.Che farà, di conseguenza, il municipio clodiense? Risponde il vicesindaco, con delega al Demanio, Marco Veronese. «Si proporrà ai cittadini che ne faranno richiesta la cessione in compravendita dei terreni sui cui si trovano le loro abitazioni». Sarà necessario un procedimento lungo? «Beh, dovranno essere fatte le opportune verifiche e la valutazione dei singoli casi». Lo Stato, insomma, non è disposto ad ammettere il proprio errore perpetrato circa 90 Governi fa. E le cartelle esattoriali-capestro saranno sospese soltanto quando i denari per il definitivo impossessamento dei terreni saranno sborsati. La retorica parlamentare ha definito questo risultato «una vittoria della politica». Tuttavia, come i contadini di Fontamara, nel romanzo di Ignazio Silone, debbono inchinarsi a un oneroso compromesso, essendo paradossalmente costretti ad acquistare dallo Stato, pena il rinnovo della persecuzione legale, un pezzo di terra che è già di loro proprietà.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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