2021-03-26
Lo show di Palamara: «Soffiate dal Colle e nomine lottizzate a Roma e a Milano»
Il Csm indaga sulle manovre per insabbiare l'esposto di Stefano Fava. Fari accesi anche sul ruolo di Stefano Erbani, consigliere di Sergio MattarellaAl centro dell'audizione, quindi, non sono stati i mai dimostrati casi di corruzione, ma il suk degli incarichi, nella sua accezione correntizia e spartitoria. E su questi temi, Palamara, già ingranaggio di un sistema perfettamente oliato, non si risparmia.E così, in un'ora e mezza di serrato botta e risposta, ha svelato le logiche che determinano le nomine degli aggiunti nelle due più importanti procure d'Italia, quelle di Roma e Milano, e ha risposto a domande su alcuni riferimenti, contenuti nelle intercettazioni del procedimento penale a suo carico, a Stefano Erbani, consigliere per gli Affari dell'amministrazione della giustizia del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Infine, Nino Di Matteo, con un suo quesito, ha consentito a Palamara di rispolverare un tema tabù, l'esposto del pm Stefano Fava contro l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Una segnalazione che verteva sul presunto conflitto d'interesse dell'ex capo degli inquirenti capitolini, il cui fratello Roberto è stato consulente di diversi indagati della Procura di Roma. Ma partiamo dal Colle. Palamara lo aveva tirato in ballo lo scorso 13 gennaio, nel suo ultimo interrogatorio perugino, davanti al procuratore Raffaele Cantone e ai pm Gemma Miliani e Mario Formisano. «Come emerge dalle intercettazioni nella cena del 28 maggio 2019 viene detto che uno di noi aveva il trojan […]» aveva detto. «In quel contesto Ferri (Cosimo, ex consigliere del Csm, ndr) mi aveva riferito […] che Antonio Lepre (all'epoca consigliere del Csm, ndr) gli aveva detto che Stefano Erbani aveva confidato a Gianluigi Morlini (pure lui ex membro del parlamentino dei giudici) che sul mio apparecchio era installato un trojan». Ieri i consiglieri hanno mostrato interesse a capire meglio come abbia funzionato questo presunto telefono senza fili. Anche se Erbani ha già decisamente smentito di aver riferito una simile notizia a chicchessia, versione confermata con noi da Morlini.Certo il trojan ha registrato altri passaggi in cui viene citato il consigliere. Per esempio in un'intercettazione Palamara sostiene che «Erbani terrorizza Morlini» e si lamenta che «siccome è molto amico di Cascini (Giuseppe, consigliere del Csm e aggiunto della Procura di Roma, ndr) gli raccontano le cose mie».Altra questione spinosa è quella che riguarda le nomine alla Procura di Milano. I consiglieri si sono concentrati su una chat tra il giudice Nicola Clivio, all'epoca consigliere del Csm in quota Area (il cartello delle toghe progressiste), e Palamara. La mattina del 21 settembre a poche ore dal voto in commissione Clivio è preoccupato perché vede in pericolo la nomina di Tiziana Siciliano e la cosa non gli sembra giusta.Spiega, infatti, che ha la sensazione che la stessa possa essere fatta fuori non perché meno qualificata, ma solo perché meno inserita nel sistema delle correnti. «È la meno schierata e quindi la più vulnerabile» dice.Nello scambio che ne segue, Palamara prova a sondare il terreno per verificare se ci sia la possibilità di inserire un suo candidato.Sia all'inizio che alla fine della conversazione Clivio sollecita Palamara a farsi due chiacchiere con il procuratore meneghino Francesco Greco per «chiarirsi il quadro» della situazione e Palamara a un certo punto sembra convincersi a farlo («Ora ci parlo»). Clivio e Palamara discutono anche di una candidata considerata vicina a Greco, Laura Pedio. L'ex pm annuncia di volere «rompere le palle su quel nome». Clivio lo sconsiglia: una tale mossa «fa incazzare Greco e tutto il mondo». Che Palamara e il procuratore si siano sentiti nel breve lasso di tempo intercorso tra questo scambio di messaggi e il voto in commissione non è provato e probabilmente su questo punto Palamara è stato chiamato a rendere chiarimenti, anche se l'1 ottobre 2017 l'ex pm e Greco si danno appuntamento a Roma. «Al solito posto» specifica il procuratore. Forse l'hotel Montemartini di Roma.Alla fine i nominati saranno esattamente quelli sostenuti dal gruppo di Area (quello di Greco), compresa la Pedio, mentre Palamara riuscirà a far entrare nella cinquina dei promossi una sua candidata, Letizia Mannella, dando la sensazione che un accordo possa esserci stato.Colpisce che il Csm si interessi a questa vicenda a distanza di tre anni mezzo dai fatti e un anno dopo la pubblicazione delle chat da parte di questo giornale. Non si può non notare come la posizione di Greco sia più debole rispetto al passato: è sulla via del pensionamento e in questi giorni con i suoi pm è finito al centro delle polemiche, anche interne al suo ufficio, per la sconfitta della Procura nel processo Eni, i cui vertici sono stati assolti dall'accusa di aver pagato tangenti in Nigeria.Palamara, sollecitato su Greco, ha preso i commissari in contropiede e ha spostato l'attenzione sulle nomine degli aggiunti di Roma. Ha spiegato che il sistema di lottizzazione delle nomine che emerge dal dialogo con Clivio è stato applicata, con le stesse identiche logiche e modalità, anche per la Procura di Roma. Palamara ha ricordato alcune specifiche nomine trattate al tavolo con lui, in particolare quelle di Giuseppe Cascini, Paolo Ielo, Rodolfo Sabelli e Stefano Pesci. In particolare, l'ex pm ci ha tenuto a sottolineare come Pesci non fosse candidabile, dal momento che la moglie, Nunzia D'Elia, era aggiunto dello stesso ufficio. Eppure Pesci, nonostante questa presunta incompatibilità, è stato promosso dall'attuale Csm depalamarizzato. Palamara si è detto disponibile a un confronto su questi tempi con il consigliere Cascini. Un annuncio che ha certamente fatto tremare più di una sedia. Il consigliere Di Matteo si è mostrato, invece, incuriosito da una conversazione di Palamara con il procuratore aggiunto di Roma Antonello Racanelli in cui si faceva riferimento all'esposto di Fava. Un'interlocuzione probabilmente inedita. Ricordiamo che in un'intercettazione del 16 maggio 2019 Racanelli criticava il comportamento del segretario generale del Csm Paola Piraccini che, a suo giudizio, stava facendo ostruzionismo sulla segnalazione di Fava: «Sta facendo un casino per la prima… non vuole dare gli atti». Cioè gli allegati dell'esposto. Palamara ipotizzava: «Questa è omissione di atti d'ufficio». L'esposto giunse in prima commissione il 7 maggio 2019, alla vigilia del pensionamento del procuratore Pignatone, dopo un percorso travagliato e un'anomala attività istruttoria da parte del comitato di presidenza. Ieri il consigliere Mario Suriano ha chiesto a Palamara il motivo per cui Fava avesse aspettato la fine della carriera del procuratore per accusarlo. Ma l'ex presidente non è la persona più adatta a rispondere. Forse prima o poi al Csm qualcuno troverà il coraggio di convocare Fava e di chiedere a lui delucidazioni sulla sua denuncia, ormai una specie di lettera scarlatta.