
L'Ue fa sapere al presidente Usa che risponderà con ritorsioni in caso di conferma di dazi su alluminio e acciaio. L'Italia è stata avvertita ma non consultata. Eppure c'è in gioco il suo futuro: gli States sono il principale mercato.Brivido. La ripresa in Italia è trainata principalmente dall'export, ma Roma è assente nei tavoli dove si determina la configurazione del mercato globale, in particolare le relazioni tra Ue e Stati Uniti. Oggi scade il termine della sospensione dei dazi sull'importazione di alluminio e acciaio dall'Ue imposti da Washington. Non è ancora chiaro se Donald Trump deciderà di eliminarli o confermarli. Theresa May, Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno confermato, congiuntamente, che se l'America li confermasse, allora l'Ue risponderebbe con ritorsioni. Roma, pur avvertita, non è stata consultata. In sintesi, l'Italia sta partecipando passivamente a un'azione dissuasiva dell'Ue nei confronti dell'America, che è il mercato principale per l'export extraeuropeo italiano. Brivido, appunto.Le nazioni europee hanno delegato la Commissione europea, per trattato, a gestire le questioni commerciali esterne dell'Ue e ciò ha senso in relazione al mercato unico europeo. Ma nel Consiglio intergovernativo che determina l'orientamento politico della Commissione l'Italia conta zero, sia perché ricattata sul piano del debito, sia per una politica nazionale incapace di ridurlo e di far valere il peso geopolitico oggettivo dell'Italia stessa. Da un lato, i diplomatici italiani sono stati coinvolti nella definizione riservata delle contromisure Ue in caso di conferma dei dazi da parte statunitense. Dall'altro, il governo Gentiloni è sottomesso alla Francia - che mira a conquistare l'Italia per bilanciare il potere tedesco nell'Ue - pur cercando qualche equilibrio con la Germania. Per questo l'Italia non si è opposta all'adozione di linguaggi dissuasivi contro l'America e non ha proposto con forza l'idea di un trattato di riequilibrio commerciale con l'America - il cui deficit è di circa 150 miliardi all'anno con l'Ue - come sarebbe stato suo interesse nazionale oggettivo. Si è accodata, invece, alla posizione dissuasiva franco-tedesca. Questa è dovuta anche al fatto che Berlino e Parigi avrebbero seri problemi - più dell'Italia - ad accettare la proposta americana di riequilibrio commerciale, perché dovrebbero rinunciare al protezionismo in molti settori e gestire i conseguenti dissensi e sfide competitive. Infatti, per ridurre la pressione sulla simmetria commerciale, Francia e Germania hanno offerto più lealtà politica all'America, pur disgiuntamente. Berlino ha voluto mostrare con restrizioni agli investimenti cinesi che l'Ue resterà nel blocco atlantico, senza cedere alla tentazione di aderire a quello euroasiatico. Macron ha offerto un ruolo proconsolare all'America nella regione mediterranea, peraltro ridicolizzato da Trump (la quercia rimossa). Ambedue hanno promesso più contributi alla Nato. Londra si è unita a Berlino e Parigi, strumentalmente, per ottenere migliori condizioni nella Brexit e dopo. Sinceramente spero che ciò calmi Trump per evitare danni collaterali all'Italia. Ma di fronte alla dissuasione europea, potrebbe anche decidere di destabilizzare l'Ue (ha dichiarato che fu fatta contro l'America) sia per evitare che diventi il centro di un reticolo globale di accordi economici - come sta avvenendo con Canada, Giappone, Messico, eccetera - in competizione con la centralità del mercato statunitense, sia per conquistare direttamente l'Eurasia occidentale in vista del confronto con l'emergente potere cinese, dove Parigi e Berlino vogliono far giocare l'Ue come terza forza. Appunto, sarebbe più prudente per gli interessi dei G7 e dell'Italia, vaso di coccio in questa partita, avviare subito un trattato euroamericano di simmetria commerciale e rafforzamento della Nato, senza sfide all'America e includendo il Giappone. Ma non è troppo tardi per far sentire la voce di Roma. Se Trump confermasse i dazi, allora l'Italia dovrebbe bloccare le ritorsioni Ue e spingere per il negoziato di reciprocità commerciale. Se Trump li tenesse in sospeso, lo stesso. Se li eliminasse, comunque accelerare il negoziato. L'interesse italiano è che l'Ue e America convergano e che congiuntamente formino un mercato integrato, che poi includa altre democrazie. Ma Roma non sta esprimendo tale interesse, accettando la sudditanza a Francia e Germania. Se razionale e lungimirante, il futuro governo italiano dovrebbe proporre a Washington un trattato bilaterale di relazione privilegiata, ma arricchito dal comune impegno a integrare America e Ue - e le nazioni del G7 - affinché diventino il pilastro di un mercato mondiale delle democrazie, più grande della sfera d'influenza della Cina autoritaria, idea opposta a quella franco-tedesca di un'Europa post-atlantica che indebolisce l'Occidente. E che Roma, volendo, potrebbe impedire. Impensabile una tale iniziativa italiana nell'orizzonte Nova pax? Non è pensabile, invece, che l'Italia possa difendere la propria ricchezza se restasse passiva, disordinata e marginale in un Occidente diviso.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






