2024-07-26
Lo scandalo dei beni confiscati I ministri ora dovranno spiegare
Presentata un’interrogazione parlamentare dopo le rivelazioni della «Verità».Arriva in Parlamento l’inchiesta portata avanti dal nostro giornale sulla situazione interna dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc). A meno di un mese dalla scadenza del direttore (il prefetto) Bruno Corda (palazzo Chigi dovrà indicarne uno nuovo che poi dovrà attendere la ratifica del Quirinale) è stata presentata un’interrogazione al ministero dell’Economia e dell’Interno dai parlamentari Stefania Ascari, Susanna Cerchi e Antonio Ferrara del Movimento 5 Stelle. Nel testo viene evidenziato come grazie agli articoli della Verità sia venuta a galla «la grave situazione di criticità relativa al mancato pagamento dei compensi maturati da diversi anni dagli amministratori giudiziari nominati coadiutori» proprio dall’agenzia. Come avevamo riportato infatti, da anni diversi amministratori giudiziari e coadiutori (che vengono incaricati di gestire i patrimoni sottratti per esempio alla criminalità organizzata) non vengono pagati e sono costretti ad anticipare di tasca propria le spese di gestione, arrivando anche a indebitarsi. Vengono persino perseguitati dall’Agenzia delle entrate, in totale violazione dei decreti della presidenza della Repubblica come anche dei rilievi mossi nell’ultimo anno dalla magistratura contabile. Come si ricorda nell’interrogazione, infatti, «la sezione centrale di controllo della Corte dei conti, nella deliberazione del 2 maggio 2023 n. 34/2023/G, ha evidenziato il rilevante contenzioso tra l’Anbsc e i suoi coadiutori in attesa di pagamento per anni di lavoro svolto». A questo «il direttore dell’Anbsc, Bruno Corda, avrebbe risposto alla richiesta di intervento affermando che «nessun pagamento può essere disposto» senza fornire alcuna motivazione concreta». Eppure, proseguono i parlamentari, «la mancata applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 2015 da parte dell’Anbsc persisterebbe, nonostante il regolamento sia stato recepito con tre anni di ritardo nelle Linee guida del 2018» e quindi «l’Anbsc negherebbe la sua natura di ente con personalità giuridica di diritto pubblico e imporrebbe ai coadiutori, soggetti privati, adempimenti di finanza pubblica non previsto da alcuna legge». Qui sta il punto, perché, gli amministratori giudiziari e i coadiutori non sarebbero responsabili in solido con il proprio patrimonio per i debiti maturati dai soggetti sottoposti a sequestro o confisca, mentre secondo l’Anbsc la Ragioneria Generale dello Stato bloccherebbe il pagamento dei compensi a causa della mancata compilazione del Mod. B - Rendiconto Finanziario, nonostante i coadiutori gestiscano tutte le risorse tramite conti correnti bancari intestati alla procedura». Su questa tematica a rispondere dovrebbero essere il ministro Matteo Piantedosi, «se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti, come intenda affrontare tale incresciosa situazione» si legge nel testo. E soprattutto, chiedono i parlamentari, quali sarebbero «le eccezioni ostative al pagamento del compenso dei coadiutori sollevate dal Mef- Ragioneria Generale dello Stato e perché non siano state ancora risolte». Nata nel 2010 quando il titolare del Viminale era Roberto Maroni, l’agenzia avrebbe dovuto inizialmente risolvere le carenze amministrative del demanio che fino a dieci anni fa si era appunto occupato di gestire i beni sequestrati alle mafie. A distanza di 14 anni la situazione non sembra però migliorata. In molti si lamentano della carenza di personale specializzato oltre che dei mancati pagamenti, ma anche la condanna di Silvana Saguto (ex giudice del tribunale di Palermo che gestiva in maniera clientelare i beni confiscati) ha lasciato più di un’ombra sull’agenzia. Toccherà al successore di Corda fare un po’ di luce.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)