2025-01-08
Lista nera Usa, spunta un partner Stellantis
Si allunga la blacklist del Dipartimento della difesa con le aziende sospettate di collaborare con l’apparato militare cinese. Oltre a Tencent c’è Catl, alleato del gruppo di John Elkann in Spagna. E Cosco, compagnia di trasporto marittimo presente nei porti italiani.A centrare il punto è stato ieri mattina un post dell’esperto di commodities Gianclaudio Torlizzi su X: «Questo generale moto di patriottismo che emerge dalla lettura dei giornali sarebbe stato bello leggerlo anche quando venne siglata la Via della seta». Il riferimento è alla sequela di articoli comparsi sulla stampa italiana anche ieri, dopo l’antipasto di lunedì, in seguito alle voci di negoziati tra il governo Meloni ed Elon Musk sui satelliti di Starlink. Articoli che si aggiungono alle reazioni preoccupate dell’opposizione, con tanto di accorati appelli (di Elly Schlein, Pd, ma non solo) a non «svendere» l’Italia. Un moto di patriottismo che, come giustamente fa notare Torlizzi, è mancato quando i governi precedenti firmavano accordi con Pechino: tipo quelli che hanno steso tappeti rossi ai cinesi per farli entrare nelle società di gestione di infrastrutture strategiche per la logistica delle merci come i porti. O tipo quelli che hanno accelerato la crisi dell’automotive aprendo la porta ai colossi cinesi delle auto elettriche che assemblano in Italia i veicoli e le batterie prodotti in patria e poi li vendono sfruttando le capillari reti distributive dei concessionari italiani. Nessuno si è stracciato le vesti per questo. Anzi. Perché i patrioti di sinistra alzano barricate solo quando di mezzo c’è la «tecnodestra» di Musk e quando alla Casa Bianca sta per tornare Donald Trump. Il 20 gennaio non è ancora arrivato ma nella transizione prosegue l’escalation delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Il Dipartimento della difesa americano ha stilato la nuova blacklist delle aziende con presunti rapporti con l’apparato militare di Pechino. L’etichettatura come «aziende militari» non comporta sanzioni immediate, ma ostacola la normale prosecuzione delle attività commerciali con il mercato statunitense. In base al National defence authorization act del 2024, infatti, al Dipartimento della Difesa sarà precluso l’acquisto diretto di beni o servizi dalle società e dagli enti presenti nella lista nera a partire da giugno 2026. Il divieto vige anche sugli acquisti indiretti a partire da giugno 2027.Chi compare nell’elenco? C’è Tencent, colosso cinese di Internet e dei social media, ma compare anche Catl, il maggiore produttore di batterie per veicoli elettrici nonché partner di Stellantis in Spagna. Lo scorso 10 dicembre il gruppo oggi guidato da John Elkann ha infatti raggiunto un accordo proprio con Catl per investire fino a 4,1 miliardi di euro in una joint venture con l’obiettivo di costruire un impianto europeo di batterie al litio ferro fosfato su larga scala a Saragozza. Un mese prima, il 9 novembre, proprio mentre in America saliva la tensione con i sindacati, Elkann era volato in Cina e insieme al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva inaugurato la cattedra Agnelli di cultura italiana, istituita presso l’università di Pechino. La Cina «è sempre fermamente contraria alla repressione ingiustificata delle imprese cinesi e agli ostacoli allo sviluppo di qualità» del Paese, ha dichiarato ieri Guo Jiakun, portavoce del ministero degli Affari esteri. Intanto, Tencent e Catl si difendono dalle accuse. In una nota, Tencent lo definisce un chiaro «errore» da parte del governo americano e sottolinea che «non siamo un’azienda o un fornitore militare». Catl, oltre a definire la decisione statunitense un «errore», sostiene di non essere «impegnata in alcuna attività militare». A spingere per la messa al bando sarebbe stato soprattutto Marco Rubio, il prossimo segretario di Stato, che si era già opposto all’accordo di licenza tecnologica tra Catl e Ford sottolineando i rischi per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Vedremo se l’inserimento nella lista nera di Catl avrà un impatto sulla strategia industriale di Stellantis in Europa (o sui rapporti, già precari, tra il futuro inquilino della Casa Bianca e il gruppo italofrancese). Nella blacklist del Pentagono spunta però anche un altro nome che ha investito molto nel Vecchio continente e anche in Italia: Cosco Shipping. Ovvero la più grande compagnia di trasporto marittimo cinese che ha investito nei porti di Amburgo, Anversa, Rotterdam e Atene, che nel giugno 2022 ha inaugurato al porto di Trieste un collegamento ferroviario per le merci con la Slovenia e che alla fine del 2019 è approdata a Vado ligure con la piattaforma container Vado Gateway insieme a Qingdao e Maersk. Andando ad aggiungersi alla consolidata presenza dei cinesi nel porto di Taranto (dettaglio non trascurabile considerando che la città pugliese ospita la base Nato che controlla una parte rilevante del Mar Mediterraneo).Sebbene essere nella lista nera non comporti sanzioni specifiche, scoraggia le aziende statunitensi dal trattare con queste società. Due costruttori navali cinesi, la China State Shipbuilding Corp. e la China Shipbuilding Trading Co, sono stati inclusi nella lista. Il Dragone, ricordiamolo, controlla il mercato cantieristico producendo più della metà delle navi mercantili a livello globale.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
Continua a leggereRiduci