2024-09-29
L’Iran grida vendetta: pronte le truppe da mandare in Libano
L’ayatollah Alì Khamenei invoca l’unità di tutti i musulmani contro l’Occidente. Gli Huthi yemeniti: «Spirito jihadista rafforzato».Lettere dal sottosuolo. Per l’Iran è cominciata l’ora più buia, quella in cui difendere (come fa da 30 anni a questa parte) Hezbollah ferito a morte significa anche andare oltre i proclami e giocare a carte scoperte con Israele, il nemico di sempre. Questo si attende il mondo arabo di fede sciita che ancora crede nella guerra santa; questo è il dilemma di Alì Khamenei, ayatollah supremo di Teheran, ieri trasferito in un bunker segreto per evitare che diventi bersaglio del Mossad o dei missili di Tel Aviv. Dal suo rifugio, la Guida suprema dell’Iran - principale finanziatore del movimento (e del terrorismo) islamico a Beirut e sulle alture del Golan - ha decretato tre giorni di lutto per la morte di Hassan Nasrallah e ha rotto il silenzio: «Il massacro del popolo indifeso in Libano, da un lato ha rivelato ancora una volta la natura brutale dei rabbiosi sionisti, dall’altro ha dimostrato quanto siano miopi e folli le politiche dei leader del regime occupante». Khamenei non ha mai citato per nome il leader di Hezbollah, ma nel suo appello ha chiamato alla jihad il mondo arabo. Il blitz ha tagliato la testa dell’autonominato Stato cuscinetto alle dirette dipendenze dell’Iran, quindi «è dovere di tutti i musulmani schierarsi con le proprie capacità al fianco del popolo libanese e del vittorioso Hezbollah, e aiutarli ad affrontare questo regime usurpatore, ingiusto e malvagio».Un discorso motivazionale a uso interno, direbbero gli esperti di comunicazione. Con un ruggito finale: «La banda di terroristi che governa il regime sionista non ha imparato dalla guerra criminale che va avanti da un anno a Gaza e non è riuscita a capire che l’uccisione di massa di donne, bambini e civili non può influenzare la solida costruzione della resistenza e distruggerla. Ora stanno tentando la stessa politica folle in Libano. I criminali sionisti dovrebbero sapere che sono troppo piccoli per causare danni significativi alla forte struttura di Hezbollah in Libano». In realtà il colpo è durissimo e le parole di Khamenei confermano solo la difficoltà di manovra internazionale di un regime che - pur essendo storico alleato della Russia e nuovo partner della Cina, che dipende al 50% dal petrolio mediorientale - fatica a trovare ampia solidarietà sul variegato pianeta musulmano. Gli analisti internazionali ricordano come a luglio, dopo l’uccisione a Teheran del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, oltre alle minacce non accadde nulla. Questa volta secondo gli osservatori occidentali ci sarà una reazione, però nessuno può prevedere dove e quando. Gerusalemme e Tel Aviv si preparano a difendersi da una nuova pioggia di missili e droni, come accadde in aprile in risposta all’aggressione al consolato siriano a Damasco.Potrebbe accadere qualcosa di ancora più grave. La rete americana Nbc rivela che il governo di Teheran è pronto a inviare truppe di terra in Libano, sul versante siriano delle alture del Golan, mossa che potrebbe trasformare l’incendio mediorientale in una guerra a tutto tondo contro Israele. Lo conferma un falco, l’ayatollah Mohammad Hassan Akhtari, capo del comitato per il sostegno dell’Iran al popolo palestinese (anche con missili, altre armi e denari ad Hamas). «Possiamo inviare truppe in Libano per combattere contro Israele, proprio come abbiamo fatto nel 1981».La minaccia è grande ma è difficile che Teheran voglia alzare ancora di più il livello dello scontro. Nello scenario immediato all’Iran, fiaccato dalle sanzioni e con una delicata situazione interna per via della perdurante repressione della popolazione sui diritti civili, risulta difficile fare direttamente la voce grossa. È più ipotizzabile una vendetta per procura. A questo proposito arriva subito dallo Yemen una minaccia del movimento degli Huthi: «Con la morte di Nasrallah la resistenza non verrà spezzata e lo spirito jihadista dei fratelli mujaheddin in Libano e sugli altri fronti di sostegno diventerà sempre più forte e più grande». Per provare a compattare il fronte, Teheran addita anche il Satana preferito: gli Stati Uniti. È il presidente Masoud Pezeshkian a farlo senza giri di parole: «La comunità internazionale non dimenticherà che l’ordine di questo attacco terroristico è stato impartito da New York e gli americani non possono negare la complicità con i sionisti». Il ministro degli Esteri, Nasser Kanaani, completa il dossier d’accusa: «Un attacco terroristico condotto con bombe donate dagli Usa. Washington è complice di un crimine di guerra». Quando vengono evocati gli Stati Uniti, per proprietà transitiva l’intimidazione è automaticamente estesa a tutto l’Occidente. È lo stesso Kanaani a confermare il target: «Il proseguimento dei crimini contro la popolazione della Palestina e del Libano dimostra che l’appello per un cessate il fuoco da parte di Usa e di alcuni paesi occidentali è un inganno, volto a prendere tempo per continuare impunemente i massacri». Parole come pietre. Quando questo accade significa che le capitali europee dovranno alzare i livelli di attenzione; lo spettro del terrorismo è di nuovo qui.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».