2023-10-29
L’ipocrisia palestinese sugli uiguri
Abu Mazen e Xi Jinping (Getty images)
L’etnia islamica dello Xinjiang è perseguitata da Pechino ma non riceve alcun aiuto da Abu Mazen e neppure dall’Iran o dal Qatar. Perché non vogliono inimicarsi la Cina.Una certa ipocrisia aleggia sulle leadership palestinesi e sulla filiera che le sostiene. Un’ipocrisia che riguarda la questione uigura. Come noto, gli uiguri sono un’etnia turcofona e di religione islamica che, nella regione dello Xinjiang, è sottoposta a una dura violazione dei diritti umani da parte del governo cinese. I Parlamenti di Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Canada hanno approvato risoluzioni che definiscono «genocidio» quello che tale etnia subisce per mano delle autorità di Pechino. Eppure non sembra che al fronte palestinese e ai suoi protettori questo interessi granché.A giugno, il presidente dell’Anp, Abu Mazen, si è recato in Cina per incontrare Xi Jinping. Nell’occasione, i due leader hanno emesso un comunicato congiunto in cui si leggeva: «La Palestina si oppone risolutamente all’utilizzo del problema dello Xinjiang come un modo per interferire negli affari interni della Cina». Nella nota si affermava anche che la politica cinese sugli uiguri «non ha nulla a che fare con i diritti umani e mira a eliminare l’estremismo e a opporsi al terrorismo e al separatismo».Non solo. Ad agosto 2022, il South China Morning Post pubblicò un’analisi secondo cui Hamas ed Hezbollah resterebbero silenti sugli uiguri proprio per non inimicarsi la Cina. In particolare, questi due gruppi puntano a rafforzare i legami con Pechino per promuovere la loro politica antioccidentale in Medio Oriente. Dal canto suo, la Repubblica popolare cinese si è sempre rifiutata di riconoscere Hamas ed Hezbollah come delle entità terroristiche.Entrambi questi gruppi sono spalleggiati dall’Iran. E proprio l’Iran si è spesso mostrato silente sulla questione uigura. Nel 2021, l’Asia Times riportò che «l’Iran ha volontariamente ignorato il calvario di oltre 1,5 milioni di musulmani uiguri ora confinati dalla Cina in controversi campi di “formazione professionale”, un silenzio che la dice lunga sulla crescente influenza di Pechino su Teheran». Soprattutto negli ultimi anni, i rapporti tra Iran e Cina si sono intensificati tanto che, a marzo 2021, i due Paesi hanno siglato un accordo di cooperazione venticinquennale. Era inoltre lo scorso marzo, quando Pechino ha mediato con successo una distensione tra Teheran e Riad. I cinesi puntano a indebolire l’influenza americana sul Medio Oriente: è in questo senso che giocano di sponda con l’Iran, strizzando di fatto l’occhio ad Hamas. Inoltre Pechino vede in Hezbollah un interlocutore utile per mettere le mani sui porti libanesi di Beirut e Tripoli.Ma Hamas intrattiene opachi rapporti anche col Qatar. Sarà un caso, ma a ottobre 2022 Doha ha contribuito a far naufragare una mozione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, volta ad avviare un dibattito sulla persecuzione degli uiguri nello Xinjiang. Tra il 2022 e il 2023, il Qatar ha rafforzato i propri legami con Pechino sul fronte energetico.La stessa Repubblica popolare sembra affetta da un certo doppiopesismo. Sulla crisi israeliano-palestinese Pechino invoca un cessate il fuoco e la soluzione dei due Stati. Tuttavia, quando si passa agli uiguri, questa presunta moderazione scompare. La Cina si lamentò inoltre quando, nel 2020, l’amministrazione Trump tolse dalla lista americana delle organizzazioni terroristiche l’Etim: un movimento estremista uiguro, considerato terrorista da Pechino. «L’Etim è stato rimosso dalla lista perché, per più di un decennio, non c’è stata alcuna prova credibile che continui a esistere», riferì Washington. Quell’Etim che, come sottolineato da Deutsche Welle, è sempre stato utilizzato dalla Cina per giustificare le proprie attività repressive ai danni degli uiguri.Nel frattempo, il 9 ottobre, il World uyghur congress -l’organizzazione degli uiguri in esilio - ha emesso una nota in cui «condanna fermamente gli orribili attacchi di Hamas contro i civili israeliani», oltre ad auspicare «una pace giusta e duratura in Medio Oriente». Eppure ambienti terzomondisti solitamente molto loquaci hanno assai raramente manifestato in sostegno degli uiguri.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)