
Il senatore leghista nato in Nigeria: «Sembra che una persona di colore non possa stare con Salvini, da quando sono a Palazzo Madama ho ricevuto insulti di ogni tipo. I più intolleranti sono coloro che si ritengono superiori».A Palazzo Madama c'è un senatore di pelle nera e di origine nigeriana. In Italia da oltre 40 anni, leghista da più di 25, Toni Iwobi ha conosciuto in questi mesi - dopo la sua elezione - una sequenza di attacchi incredibili, di offese tipicamente razziste, che lui stesso ha deciso di raccogliere e mostrare. Ecco un'antologia del peggio: «Il negro-verde asservito alla Lega», «Django, un nero che disprezza i neri», «Zio Tom da giardino», «Un disonore, una cosa indegna», «Un soldatino senza dignità», «Il Tafazzi nero della Lega, lo schiavetto per raccogliere il cotone nei campi di Pontida», «Questa gente esisteva anche nei campi di concentramento: pur di salvarsi hanno fatto la spia e mandato nelle camere a gas i loro consanguinei». Parole scagliate contro di lui senza freno: come se l'essere leghista gli facesse meritare insulti di qualsiasi tipo. Tutto questo, nel gran silenzio degli «antirazzisti» in servizio permanente effettivo, degli intellettuali «indignati professionali», che si sono ben guardati dal manifestargli amicizia e solidarietà. La scorsa settimana, il senatore Iwobi ha pensato che fosse giunto il momento di dire basta, e su Facebook ha risposto a tono: sia agli odiatori social sia a chi pratica un insopportabile doppio standard. «Da quando sono stato eletto senatore, ho dovuto sopportare di tutto e di più. Commenti simili vanno segnalati e querelati, come farò», ha scritto in un post. E ancora: «Giudicatemi per le mie idee politiche (magari dopo aver ascoltato quello che ho da dire), ma non per il colore della mia pelle». Di tutto questo, ha accettato di parlare con La Verità. Buongiorno, senatore. Ci spieghi quando e perché ha deciso di reagire, pur ricordando ai «leoni da tastiera» che lei è sempre pronto al dialogo e all'incontro. «Ho deciso di uscire perché bisogna dare un taglio secco a una certa meschinità politica che purtroppo anche la sinistra sta alimentando da tempo. Lo scriva: ho molti amici di sinistra, non solo in Italia. Ma ora sento, da parte di un pezzo della sinistra, un odio politico e sociale che mi preoccupa, insieme con un tentativo di demonizzare gli avversari politici».Odio basato su che cosa e contro chi? Che idea si è fatto, al di là del suo caso specifico?«Due fattori che pesano sono la pessima gestione della politica migratoria e la criminalizzazione di chi la pensa in modo diverso politicamente. Per anni dicevano che i mali del paese erano Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, ora hanno messo nel mirino Matteo Salvini. E così dimenticano i veri problemi degli italiani».Veniamo a lei. Le hanno detto di tutto, come se il suo essere leghista le facesse «meritare» queste accuse. Quindi, chi non è di sinistra può essere offeso?«È curioso. Ho avuto interviste anche con la stampa estera. E sembra che una persona di colore quasi non possa essere un iscritto alla Lega. Ma io rispondo sempre che l'Italia è un Paese democratico, io credo a questo principio. E se è così, se siamo un Paese democratico, ognuno ha diritto di scegliere a che partito appartenere, ovviamente rispettando le idee degli altri».Gli intellettuali progressisti si sono fatti vivi con lei, hanno telefonato? «Assolutamente no. Le dirò di più, in Italia e anche all'estero (sono andato in missione all'Onu per scelta della presidente del Senato Casellati) ho incontrato molte personalità, anche esponenti di altri Paesi, partiti, governi. Mi piace osservare. E ho incontrato anche alcuni radical chic di sinistra: mi pare che siano diventati odiatori del popolo. Da tutori del popolo a odiatori, capisce? Se il popolo la pensa diversamente da loro, non va più bene».E i giornali di sinistra? Denunciano l'emergenza razzismo ogni giorno, e poi, quando ce l'hanno sotto gli occhi, non la raccontano? Come funziona questa storia?«Funziona perché sono stato etichettato come leghista. Ovviamente io rispetto gli avversari, rispetto chi la pensa diversamente, ma sono anche molto orgoglioso della mia appartenenza. Guardi, il vero razzismo è quello di chi afferma una sua presunta superiorità sugli altri, di chi si sente superiore e discrimina…».Invece sui social ha ricevuto testimonianze splendide, ho letto, molto affetto, molte ottime risposte sotto il suo post.«Ho ricevuto un'enorme solidarietà, sono molto contento del consenso che tantissimi mi hanno espresso. E io sono uno che sta molto attento, sono molto pacato: anche nei miei interventi in Aula».Lei quando è arrivato in Italia? «Nel 1977, nel lontano maggio di 42 anni fa».Immagino non sia stato facile per lei e sua moglie.«Per nulla. Lo dico onestamente: se un italiano deve faticare 100, io ho faticato 300. Non è stato facile. Nessuno può dirmi che qualcosa mi sia stato regalato. Ma al tempo stesso, e lo dico con la stessa forza e la stessa convinzione, sono contentissimo di aver trovato una comunità che mi ha accolto e integrato». Andiamo al cuore della questione, senza girarci intorno. Dicono che la sua candidatura sia stata una trovata di immagine, che la Lega l'abbia strumentalizzata. Che cosa risponde a questo argomento insidioso?(Ride) «Sa perché rido? Perché se mi hanno strumentalizzato, mi avranno strumentalizzato 26 anni fa, quando mi sono iscritto… Scherzi a parte: rispondo che bisognerebbe conoscere le storie e le persone anziché criminalizzare».Com'è nata la sua candidatura al Senato nel 2018?«La politica di Matteo Salvini nel partito ha dato molto potere alle sezioni, alle realtà locali. La candidatura è nata dalla mia sezione, poi a livello circoscrizionale, e poi è arrivata sul tavolo di Salvini che l'ha convalidata».Possibile che non si accetti un'idea elementare? E cioè che proprio gli splendidi protagonisti dell'immigrazione regolare siano i primi a essere perplessi per un'ondata migratoria fuori controllo? «Parto da un presupposto. L'immigrazione è parte della storia umana. E ha portato alla crescita sociale, culturale ed economica di tanti Paesi. Ma affinché sia un fenomeno storicamente positivo, occorre che sia governata bene. Se manca questo, diventa un problema enorme. E purtroppo la sinistra non ha capito che la sua politica di immigrazione senza limiti non ha fatto bene all'immigrazione regolare, ma ha aperto e dato spazio allo schiavismo moderno, alla tratta di esseri umani».Lei come spiega il fatto che la sinistra non capisca che proprio avere un limite nei numeri e un collegamento col mercato del lavoro sono le uniche cose che possono giovare a tutti, a chi arriva e al Paese che ospita? «Ci sono in Italia milioni di stranieri regolari, integrati, che lavorano e si trovano bene. La sinistra non ne parla mai. Dà rilievo solo ad altro, per fare polemica politica. Me lo faccia ripetere: l'immigrazione è nel Dna degli esseri umani, nessuno può cancellare questo fatto. Il punto è che una parte della classe politica non ha fatto il bene né degli immigrati che arrivavano né del Paese che erano chiamati a governare».Lei è stato pesantemente attaccato quando ha detto queste cose…«Quattro anni fa dissi in tv che un certo tipo di immigrazione fuori controllo poteva corrispondere a un progetto costruito a tavolino. Mi minacciarono…».Perché secondo lei la sinistra ha raccontato una storia falsa, e cioè che la gran parte degli immigrati fossero rifugiati o profughi di guerra, quando i numeri dicono che questa parte del totale dei migranti arriva con fatica al 10-15%?«Hanno raccontato quella storia per consolidare la loro posizione e per avere mani più libere. Devo anche dire che però c'è un altro problema. Si parla molto di riforme che effettivamente servono all'Italia (da quella istituzionale a quella giudiziaria). Ma c'è anche un'esigenza di cui si parla toppo poco: la buona informazione. Il Paese ha bisogno di essere informato correttamente» Lei pensa che la Lega, dopo aver mostrato rigore contro l'immigrazione illegale e irregolare, dovrebbe impegnarsi per questa parte positiva, per un progetto costruttivo sull'immigrazione regolare, collegandola sempre di più al mercato del lavoro e alle sue esigenze? «Sono convinto che sia quello che Matteo Salvini ha sempre avuto in mente. Prima, ha dimostrato in un anno di governo che si poteva fare quello che altri ritenevano impossibile: fermare la tratta di esseri umani e chiudere i porti, risolvendo una situazione che stava creando problemi al tessuto sociale italiano. Ci davano dei matti, e invece Salvini ha dimostrato che si poteva fare. Altra cosa è un'immigrazione limitata e controllata». E ora, politicamente parlando?«Ora è bene che si vada verso una nuova unità del centrodestra: la Lega e gli alleati lavoreranno insieme per un progetto per l'Italia».
(Ansa)
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(IStock)
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Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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