
L'esponente di Leu: «Il governo ci farà poco con la flessibilità se non si riformano i trattati. Va seguito l'esempio del protezionismo di Trump. La Lega anti sistema? No, la sua base è pro euro. Bellanova non ratifichi il Ceta».Onorevole Fassina, lei ha dichiarato che la sua fiducia al governo giallorosso non è una cambiale in bianco. Le premesse sono buone o cattive?«Sono generiche».Generiche?«Sì. Il discorso di Giuseppe Conte in Aula conteneva punti condivisibili, ma quei punti devono essere messi in pratica. Con un ordine di priorità e in un tempo limitato».Limitato quanto?«Il 27 settembre va presentata la nota di aggiornamento al Def. Lì vedremo se il governo darà davvero un segnale di discontinuità».Cosa si aspetta?«Una manovra espansiva che dia ossigeno a piccole imprese e lavoratori».Roberto Gualtieri, nell'intervista di venerdì scorso a Repubblica, non ha fornito nemmeno un numero. La vaghezza dipende dai nodi ancora irrisolti tra Pd e 5 stelle o dal fatto che, restando dentro le regole Ue, è molto difficile approntare una manovra espansiva?«La seconda che ha detto. Tant'è che pure il governo gialloblù aveva sottoscritto un impegno a rimanere entro un rapporto deficit/Pil al 2%».L'apparente benevolenza delle istituzioni europee porterà a un vero cambiamento? Di dichiarazioni d'intenti negli anni se ne sono sentite tante…«Ma adesso a Bruxelles dovranno per forza fare i conti con la realtà».Cosa intende?«È diventato evidente che l'estremismo mercantilista tedesco porta alla recessione. Mario Draghi ha dovuto ammettere che le politiche di bilancio saranno le politiche decisive, un'affermazione che non avevamo mai sentito da lui».Draghi ha cambiato idea?«Non credo. Sono i fatti ad aver provato che se s'insiste con le misure recessive, si va a sbattere».Alcuni analisti sostengono che la contrazione dell'economia europea, trascinata da quella dell'export tedesco, è un risultato del protezionismo americano.«Errato. È il protezionismo americano a essere l'inevitabile conseguenza dell'estremismo mercantilista che vige nell'eurozona».Stefano Fassina, deputato di Leu, è sempre stato una voce critica della sinistra, in direzione ostinata e contraria rispetto a euroentusiasti e aedi dell'austerità. Draghi ha annunciato una nuova iniezione di liquidità da 20 miliardi. Pare che l'euro si regga solo con una costante droga monetaria. Alla Bce hanno capito che qualcosa non va nella moneta unica?«Ormai è palese che il mercato unico europeo e l'eurozona per loro stessa costituzione provocano svalutazione del lavoro e contrazione della domanda interna».Perché?«Se includi nel mercato unico Paesi con una media salariale bassissima, la conseguenza non può che essere quella. Stesso discorso vale per i paradisi fiscali: si scatena una concorrenza fiscale verso il basso che soffoca la domanda interna».Si deve costringere la Germania a investire il surplus di bilancio?«In un quadro del genere, l'aggiustamento delle politiche di bilancio rischia di essere l'ennesima toppa, insufficiente ad arginare questa spinta deflativa, che è il meccanismo fondativo dei trattati europei. L'avanzo commerciale tedesco, d'altronde, non è solo frutto di capacità innovative…».No?«Deriva soprattutto da una catena del lavoro e del valore che ingloba i Paesi dell'Est, con i loro salari da fame».Come se ne esce?«Bisogna evitare l'ulteriore allargamento a Est dell'Ue, o si immetterà nel mercato unico altra manodopera a basso costo. Bisogna imporre dazi sulle importazioni da Paesi che sfruttano il lavoro e l'ambiente, provocando dumping sociale. E bisogna mettere dei paletti pure nel mercato unico».Quali?«Limitare il movimento di capitali, merci, servizi, persone, dai paradisi fiscali: Olanda, Lussemburgo, Irlanda. Siamo di fronte a problemi strutturali: Draghi l'altro giorno era disperato, non sa più che altro fare sul fronte monetario».Se non basta agire sul surplus tedesco, non può bastare nemmeno una legge di bilancio espansiva. Vanno riformati i trattati Ue? «È un'utopia modificarli a favore di lavoratori e piccole imprese. A multinazionali, imprese esportatrici e finanza, va bene così».Così come?«Con una flessibilità sufficiente a impedire il tracollo. Ma chi vuole tutelare gli interessi di quelli che vivono di domanda interna deve mettere argini al mercato unico».I lavoratori votano. Se li si fa arrabbiare, è chiaro che si rivolgono alla Lega o a Marine Le Pen.«È comprensibile se sono non solo abbandonati, ma colpiti da chi è nato per rappresentarli».Tant'è che la sinistra italiana ha avuto paura di andare al voto.«Bisogna riconoscerlo. Era un rischio per l'Italia. Si è restituita centralità al Parlamento. E poi incombeva l'aumento dell'Iva».A proposito di stimoli alla domanda interna: si può dire che dobbiamo imitare Donald Trump?«Trump ha spazi di manovra che in Europa non abbiamo».Su, lo ammetta…(Sorride) «Sul piano delle misure protezionistiche, Trump reagisce all'estremismo mercantilista».Lei è uno dei parlamentari che, l'estate scorsa, salì sulla nave Diciotti. Riconosce però che l'immigrazione di massa si presta al gioco della svalutazione dei salari?«C'è un problema umanitario: i disperati attraccati in porto. Non li si può tenere a friggere a bordo. Dopodiché è chiaro che i flussi migratori vanno limitati e ridefiniti in relazione alla capacità d'accoglienza, altrimenti la pressione al ribasso sui salari diventa inevitabile».Non è strano che un ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, che si vanta di aver difeso i braccianti da sindacalista, ora prema per la ratifica del Ceta, il trattato di libero scambio con il Canada che metterebbe ulteriormente sotto pressione il settore agroalimentare italiano?«Certo che lo è. Peraltro c'è un problema politico».Che problema?«Il governo non è un monocolore Pd. La maggioranza dei parlamentari che lo sostiene è contraria alla ratifica del Ceta, un trattato che consente l'importazione di prodotti con glifosato, che funge da cavallo di Troia per abbassare gli standard ambientali, sanitari e di lavoro. La Bellanova ne prenda atto».È strategicamente comprensibile che l'Europa fosse dura con gli euroscettici e accomodante con gli europeisti. Però il pregiudizio e il disprezzo mostrato nei confronti dei sovranisti non sono stati una mancanza di rispetto anche verso i loro elettori?«Il governo precedente era schizofrenico: insultava i governi europei e negoziava in una posizione di subalternità. Se vuoi il conflitto, devi essere in grado di portarlo avanti fino in fondo. Ma la Lega non era in grado di farlo».Perché no?«Il serbatoio elettorale della Lega è quello dei governatori Luca Zaia e Attilio Fontana, che vogliono restare in Europa e nell'euro».È un'analisi originale.«Sono un marxista impenitente. Sono quelle le basi materiali, sociali ed economiche della Lega. E infatti non credo che Salvini fosse riuscito a costruire davvero un partito nazionale».No?«L'autonomia differenziata era la fine dell'unità nazionale. E il no più importante dei 5 stelle alla Lega è stato proprio su questo dossier. È questo che ha pesato più di tutto nella rottura. La storia della Lega antisistema è una sciocchezza».Addirittura?«Il progetto di uscire dall'euro è un'utile operazione di propaganda, ma non ha le basi materiali per potersi realizzare».Guardiamola dal punto di vista del Nord: non è stato uno sgarbo ignorarlo quasi del tutto nella composizione del governo giallorosso?«Il Nord ha un ministro dello Sviluppo economico, un ministro dei Trasporti… Non sono dicasteri di secondo piano. Ma più che la provenienza, contano le politiche».E quali politiche bisognerà attuare?«Il punto è che l'autonomia non va bloccata, va fatta in modo tale che salvaguardi l'unità del Paese».La distribuzione di sottosegretariati dà ragione a chi crede che il governo giallorosso sia nato per salvare le poltrone?«Sono 42. Erano 45 nel Conte I. L'esecutivo va giudicato sulla volontà della sinistra di tornare a intercettare i bisogni di quelle fasce di popolazione che si erano rivolte alla Lega. Se qualcuno pensa che l'allontanamento dal Viminale di Matteo Salvini sia il risultato finale, non ha capito niente».È vero che Matteo Renzi sarebbe pronto a lasciare il gruppo parlamentare pd e poi il partito, per consentire a Nicola Zingaretti di ricucire con voi di Leu?(Risata) «Se Renzi si muove non è per aiutare gli altri... Credo che lui, come Carlo Calenda, s'illuda sulla dimensione effettiva dell'area moderata. La domanda centrista che c'è è già rappresentata dal Pd».Le leve politiche del governo ce l'hanno i parlamentari renziani. È una spada di Damocle sul Conte bis?«Renzi gioca per sé, ma penso che dopo essersi speso per far nascere il governo non possa renderlo impotente».Quindi il governo dura?«Almeno fino all'approvazione della legge elettorale».Ecco. La legge elettorale. È un paradosso storico che gli eredi del Pci, vittime della conventio ad excludendum, divenuti il partito-Stato, oggi ripropongano lo stesso schema della Dc nella prima Repubblica? Cordone sanitario anti Salvini e sistema proporzionale per blindare le larghe intese?«Sarebbe stupido chi pensasse di fare affidamento su questo stratagemma. Salvini va battuto rispondendo alle domande cui lui ha provato a dare risposte, anche se sbagliate. Domande che noi, negli ultimi 25 anni, abbiamo ignorato». Altrimenti?«Altrimenti non ci saranno conventio ad excludendum o proporzionale che tengano: saremo spazzati via».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.