
Il capogruppo del Carroccio alla Camera: «Chiamparino ha chiuso ospedali e impoverito gli agricoltori, ora la Lega gli ha sfilato la battaglia sull'Alta velocità. Sul Forum di Verona Di Maio ha reagito da isterico».Dal 1999 ha scalato tutti i ruoli nel partito: dal volantinaggio nelle piazze di Alessandria a consigliere, assessore, deputato, segretario regionale fino a capogruppo alla Camera, dove ha preso il posto di Giancarlo Giorgetti. A soli 36 anni l'onorevole Riccardo Molinari è uno dei «vecchi» della Lega, che oggi, insieme al suo Capitano, Matteo Salvini, è lanciatissima alla conquista del Sud. Il 26 maggio elezioni regionali in Piemonte: confermato il candidato Alberto Cirio? «Sì, sì. Il parto è stato lungo ma alla fine una settimana fa è arrivata la conferma: il nostro candidato è Cirio. Per la verità da un anno si parlava dell'accordo nel centrodestra sulla candidatura di Cirio, ma poi soltanto le tensioni giornalistiche hanno creato un caso che non c'è mai stato. L'accordo tra Salvini e Berlusconi era quello».Lega e Pd di Sergio Chiamparino avranno lo stesso tema al centro della campagna elettorale: la Tav?«Veramente noi abbiamo tolto a Chiamparino l'unico argomento che aveva: cavalcare la battaglia pro Tav soprattutto per andare contro il governo con un tema così divisivo. Alla fine i bandi sono partiti come dovevano partire, e, governando con il M5s che ha preso il 32% dei voti e si è sempre dichiarato no Tav, è un buon risultato. Inoltre Chiamparino ha già smentito sé stesso, visto che si candida con una lista di sinistra radicale con dentro molti noti dichiarati no Tav».Ma questa Tav, visti gli alleati, si farà o no?«Per noi non va messa in discussione, e poi basta vedere la legislazione: il governo non può fermare i bandi di gara, perché c'è una legge dello Stato. È solo una polemica politica, non ci sono strumenti per fermare l'opera. In questa fase il governo deve trattare per una più equa distribuzione dei costi, si può ridimensionare il progetto sul versante italiano, ma intanto la Commissione Ue pagherà il 50% e non più il 40% dei lavori… L'unico modo per ridiscutere l'opera sarebbe un voto parlamentare per fermarla, e la Lega direbbe di no».L'ottavo risultato in Piemonte?«Sicuramente ci sono ottime possibilità di vittoria del centrodestra, anche per il nulla fatto dalla giunta uscente, che al trend negativo nazionale aggiunge i mancati contributi agli agricoltori, la chiusura di ospedali… Una giunta poco percepita dalla parte della gente».E nello stesso giorno una vittoria anche in Europa?«Io non credo ai sondaggi, ma forse la Lega il 26 maggio potrebbe essere il primo partito italiano, probabilmente davanti al M5s».E cosa cambierà nel governo?«Non cambierà niente: noi siamo di parola, non andiamo all'incasso, né sfruttiamo un voto, perché abbiamo sottoscritto un contratto di governo che si sta rivelando un'esperienza positiva. Se aumenterà il peso della Lega non sarà questione di cambio di ministri ma, su alcune partite, potremmo farci valere di più, sempre in una dialettica corretta con il M5s».Insomma, anche cambiando equilibri pensa che durerete altri quattro anni?«Quello è l'obiettivo: un governo di legislatura, un governo del cambiamento con un approccio diverso che piace alla popolazione. Non ho la sfera di cristallo e l'imprevisto è sempre dietro l'angolo, ma se ci atteniamo al contratto le cose da fare sono tante: tanti i temi che ci dividono, ma tanti quelli che condividiamo».Tra dossier e rimborsi ai truffati delle banche, il ministro Giovanni Tria può «stare sereno» o è pronta la sostituzione?«A noi non interessano le vicende familiari e personali del ministro: la storia del figliastro e del figlio non ci appassionano. La richiesta della Lega è chiara: deve dare seguito a quanto votato in Parlamento. Noi ci siamo impegnati a trovare un miliardo e mezzo, ma ancora mancano i decreti attuativi. Bisogna approvarli in fretta perché c'è grande aspettativa».A Verona un congresso di «sfigati di estrema destra» ma due giorni dopo Luigi Di Maio ha proposto il suo pacchetto famiglia: anche il M5s «tiene famiglia» che vota? «La reazione del M5s è stata isterica e spropositata rispetto al dibattito che si è tenuto a Verona. Non per forza, quando si partecipa a un evento, si condivide tutto. Non c'è niente di male in chi rivendica il ruolo centrale della famiglia naturale. Per noi non sono in discussione né la legge sulle unioni civili né la 194, ma non ci piacciono le posizioni estremiste di chi nega il diritto a dire la propria legittima opinione. Di Maio, e gli altri che si sono inseriti con quella violenza, hanno dimostrato di essere intolleranti verso chi chiede attenzione politica per la famiglia. Poi si sono contraddetti, presentando il loro pacchetto famiglia: il che dimostra lo stato confusionale del M5s e la sua voglia di smarcarsi in vista delle elezioni europee».Invece da lei e Massimiliano Romeo (capogruppo al Senato) è arrivata la proposta di una Commissione parlamentare di inchiesta sul business di case famiglia e adozioni nazionali e internazionali. Perché?«Sono state segnalate al ministro Lorenzo Fontana molte storture del sistema delle case famiglia e troppe lungaggini nelle adozioni».Obiettivo?«La commissione vigilerà su procedimenti troppo lunghi, e su bambini portati via con troppa facilità alle rispettive famiglie senza attenzione nel considerare i motivi, né valutare l'esistenza di altri familiari a cui affidare il bambino, mentre ricordo che vanno considerati fino al quarto grado di parentela. E poi sul lavoro degli assistenti sociali: molti operano in modo corretto ed efficiente, qualcuno un po' meno; da ultimo, vanno accelerati i tempi delle adozioni per garantire ai minori un passaggio veramente temporaneo nella case famiglia».Che differenza c'è tra la Lega di 20 anni fa e quella di oggi? «Ora, come allora, abbiamo radicamento territoriale e militanza, costanti che ci hanno fatto sopravvivere nei momenti bui. La differenza è che oggi, grazie a Salvini, siamo diventati un partito nazionale. Siamo davvero il primo partito del Nord e forse d'Italia: una cosa inedita. Adesso essere della Lega è facile, abbiamo un consenso sorprendente e commovente, ma bisogna tenere i piedi per terra, ci ricordiamo da dove veniamo: 5 anni fa ci preoccupavamo di superare il 4%. Un grande attestato è il credito del Sud, un voto di fiducia da parte di chi non ci conosce. Per questo nelle Regioni ci impegniamo sempre a mettere in campo persone presentabili. Naturalmente il vero artefice è Matteo, che con la sua visione fuori dall'ordinario ha vinto una sfida che ha richiesto un grandissimo coraggio».Cosa ne pensano i leghisti della prima ora della conquista del Sud?«Tanti non ci avrebbero mai scommesso né, in fondo, erano d'accordo, ma alla fine contano i risultati. Nella Lega il senso della gerarchia è assoluto, la stragrande maggioranza dei militanti ha votato Salvini segretario e ci ha creduto. Passare dal 3 al 35% dimostra che aveva ragione, e ora non c'è un militante che abbia qualcosa da dire. Anche perché la battaglia politica per il Nord può diventare vera, per fare quello che non è mai stato fatto prima». Protoleghismo?«C'è una nuova società rispetto a quella del 1999: ci sono governance, globalizzazione, geopolitica diversa, ma territorialità, identità, difesa diritti sociali, lotta all'immigrazione clandestina restano. Il nostro è un messaggio coerente che si aggiorna».La madre di tutte le battaglie è il regionalismo differenziato: non crede che sulla sanità si possa creare un divario Nord e Sud?«Sulla sanità due Paesi esistono già oggi, a causa dell'operato delle Regioni che in campo sanitario hanno creato un divario non soltanto tra Nord e Sud ma anche nel Nord stesso. Il regionalismo è uno strumento per stare meglio, non per lagnarsi. L'autonomia differenziata la chiedono le Regioni: chi va veloce andrà più veloce, chi è in difficoltà avrà più aiuto dallo Stato». Facile a dirsi, ma non c'è accordo...«Non c'è sui testi, ma sulla parte finanziaria sì. Alle tre Regioni che hanno chiesto l'autonomia - Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna - si daranno le risorse storiche, con la possibilità di metterle a reddito per fare più cose. Non si toglie niente al Sud: chi lo pensa sbaglia». I grillini e non solo chiedono il passaggio in Parlamento«È una questione tecnica parlamentare, che a noi va benissimo. Ma trattandosi di un'intesa tra Stato e regioni non può essere emendata dal Parlamento. Lo stesso Paolo Gentiloni aveva previsto una ratifica dell'intesa con le Regioni, così come si fa con le confessioni religiose. Peraltro è la Costituzione ad aver previsto, all'articolo 116, che ci sia un accordo tra Stato e Regioni sulle materie da trasferire. Diamo attuazione a una possibilità prevista da 20 anni, dalla modifica dell'articolo V. E poi il regionalismo è nel contratto».Molti dicono che, siccome Nicola Zingaretti è stato un amministratore, sarà un buon segretario, capace di ridare vita al Partito democratico. È d'accordo?«Non mi occupo di faccende di casa d'altri. Mi limito a sottolineare che anche Matteo Renzi era un amministratore che veniva dalla provincia…».
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