2021-07-19
Luigi Curini: «Così ci tolgono per sempre la libertà»
Il politologo: «La gente accetta il green pass perché è stata terrorizzata, si è assuefatta e insegue il miraggio del rischio zero. Molti dicono: ci siamo abituati alle restrizioni, non ce ne rendiamo nemmeno più conto»Il professor Luigi Curini (ordinario di Scienza politica, Università degli Studi di Milano) è molto più di un politologo. Da anni, mantenendo ben ferma una bussola liberale classica, ragiona non solo sull’evoluzione del sistema politico, ma anche sull’intreccio tra vicende politico-istituzionali e tendenze dei media (tradizionali e online, mainstream e alternativi). Ha accettato di conversare con la Verità, a partire dalla questione del green pass e dal rischio di una ulteriore torsione illiberale, volta al controllo pubblico sulle scelte dei singoli.Professore, le chiedo un esercizio psicopolitico. Ogni giorno, in Italia, muoiono circa 500 persone per cause oncologiche e circa 700 per cause cardiologiche. Invece, la scorsa settimana, più o meno, ci sono stati solo sette ricoveri al giorno in terapia intensiva per Covid. Eppure si parla solo di questo, e l’agenda politica e mediatica è esclusivamente Covid-centrica. Come si spiega? «Ci arriviamo ma dobbiamo partire dalla Russia, anzi dall’Unione sovietica».Oddio, in che senso?«Mi segua. Il mio collega Daniil Alexandrov mi ha raccontato il comportamento degli scienziati sovietici in due momenti diversi. Ancora a metà degli anni Trenta, pur in pieno stalinismo, se il Partito faceva sparire uno di loro, gli scienziati non avevano timore di rivolgersi alle autorità politiche per lamentarsi».Coraggiosi…«Certo, ma non solo. Erano stati educati - molti anni prima - in un mondo relativamente libero, e comunque più libero rispetto allo stalinismo: l’ultimo periodo zarista e poi gli anni Venti sotto la Nep. Si erano portati dentro un’idea di libertà. E invece sa che cosa successe alcuni decenni dopo, negli anni Sessanta e Settanta, in base agli archivi del Pcus?».Immagino che nessuno abbia più osato fare obiezioni al Partito.«Appunto. Perché in questo caso scienziati e accademici si erano formati negli anni Quaranta e Cinquanta, quando la libertà non esisteva più».Intuisco perché mi ha portato a spasso nell’Urss di molti decenni fa…«Il punto è che basta poco ad assuefarsi alla sottrazione della libertà. Ha visto l’ultimo sondaggio dell’Economist? Pur in un Paese storicamente libero come il Regno unito, la metà degli interpellati è favorevole a mantenere in modo permanente il green pass e questo indipendentemente dal Covid, il 25% al tracciamento, il 20% al coprifuoco serale… Non sono né lunatici né misantropi, ma sono stati terrorizzati e ora inseguono il miraggio del rischio zero».Mi sta dicendo che una quota di popolazione è pronta a sacrificare le sue libertà?«No, che è disposta a sacrificare tutto. Non è più questione di immunità di gregge, ma di persone pronte a diventare gregge per l’immunità. Ha capito perché è così facile, in un contesto del genere, parlare solo di Covid anche in presenza di soli sette ricoverati gravi al giorno?».Ma i più giovani perché non si ribellano?«Perché l’epoca Covid ha inciso sulla loro formazione, e li ha convinti del fatto che la libertà sia un bene “rinunciabile”. Molti dicono: “Ci siamo abituati alle restrizioni”. Si rende conto?». In un clima simile, chi ha tendenze al controllo sociale prospera…«Ah certo, questo è l’interesse del Leviatano, del potere pubblico e di tutto ciò che ruota intorno ad esso. E molte forze politiche sono affascinate dall’idea di poter controllare i cittadini. E dicono di farlo “per il loro bene”».Eppure i soliti ottimisti col fiore in bocca dicevano: «Ne usciremo migliori».«Frase rivelatrice: è uno slogan da “ingegneria sociale”. Presuppone la necessità di modificare quello che c’era prima, di progettare un cambiamento dall’alto».Arriviamo al cuore della questione: obbligo vaccinale e green pass.«Teniamoli un momento separati. All’obbligo tutti si dicono contrari per evidenti ragioni costituzionali. E da liberale aggiungo: a che assurdo si vorrebbe arrivare, magari trasformare la mancata vaccinazione in un reato? Semmai, il principale diritto di proprietà è quello che ognuno di noi dovrebbe avere sul proprio corpo…».Molto bene. Il guaio è che con il green pass l’obbligo uscito dalla porta rientra surrettiziamente dalla finestra.«Prendiamo la questione da un altro lato. Io condivido l’esigenza di incoraggiare la vaccinazione, per evitare che un giorno possa esserci di nuovo un eventuale intasamento delle terapie intensive, con danni oggettivi anche per i malati di altre patologie. La domanda da porsi è: qual è il modo migliore per incentivare le persone a vaccinarsi?».Non certo quello di aggredire e discriminare chi dissente…«Appunto. Nell’aprile 2020 avevo scritto: “La paura verso un nemico invisibile potrebbe creare al posto delle classi marxiste delle bioclassi (chi è vaccinato e chi no), con un differente accesso ai diritti”».Purtroppo la sua terribile profezia, immagino fatta per scongiurare quell’eventualità, si sta invece realizzando…«Certo. Ogni volta che imponi una penalizzazione a chi non si vaccina, rischi di fare di quella scelta il cavallo di Troia per una sempre maggiore imposizione sul singolo di scelte autoritative pubbliche».A che alternative si potrebbe pensare?«In primo luogo, lavorare sul contesto informativo, che è stato devastante. Perché tutta questa enfasi sul numero (ovviamente destinato a crescere) dei positivi, e invece così poca enfasi sui numeri (bassissimi) delle ospedalizzazioni? Ovvio che così si terrorizza la gente».Intuisco che per lei tutto ciò, oltre che illiberale, rischia pure di non funzionare…«Secondo un’analisi dell’Università di Milano, i contrari assoluti alla vaccinazione sono il 5% della popolazione, mentre gli scettici (senza essere affatto dei no vax) sono circa il 10%. Numeri complessivamente piccoli, come si vede. Il punto è: come ti rivolgi al 10% di scettici? Se li aggredisci e li colpevolizzi, se scateni una guerra tribale, un “noi contro di voi”, è umano che si chiudano a riccio».Il più scatenato su questa linea è stato Macron, idolo dei progressisti di mezza Europa. Ma non ci avevano raccontato che la sua presidenza sarebbe stata un faro di civiltà, e che i pericoli illiberali sarebbero venuti dall’Ungheria e dalla Polonia? «Pensi all’origine del Covid: fino a qualche mese fa, se qualcuno osava parlare di un qualche ruolo dell’istituto di Wuhan, veniva accusato di essere un complottista. E perché? Perché poteva essere percepita come una tesi a favore di Donald Trump, iscritto d’ufficio dai mainstream media tra i “cattivi”. Quando è cambiata l’amministrazione, si è potuto cominciare anche in ambienti democratici a ragionare sulle responsabilità cinesi».Per Macron, immagino, vale l’inverso.«Eh certo, lui ha l’etichetta del “buono”, secondo l’impostazione mainstream. È una tragedia: non conta più cosa si dice, ma chi lo dice. Se cioè uno sta nel registro dei “buoni” o in quello dei “cattivi”. Mi faccia dire una cosa sull’Italia del 2020…».Prego.«Pensi a questo paradosso. L’Italia, primo Paese colpito, ha scelto il lockdown totale, e altri Paesi l’hanno seguita. Ci sono state scelte improntate a un approccio - diciamo - trasandato al diritto e alla Costituzione, ma, tranne pochi, i media hanno applaudito. Per paradosso, se al governo ci fosse stato Salvini e avesse scelto lui il lockdown, magari quegli stessi media lo avrebbero aggredito per quella scelta, e alla fine si sarebbe imposta una scelta diversa. Si rende conto degli effetti perversi della polarizzazione mediatica?».Ha spiegato benissimo quanto siano illiberali alcune scelte dal punto di vista teorico. Le chiedo di esercitarsi anche sugli aspetti pratici, tornando al green pass. Secondo lei si rendono conto del caos che si creerebbe per effettuare i controlli? O forse danno per scontato che non ci sarebbero controlli capillari, e che dunque la norma si risolverebbe in un puro e semplice «manifesto»? «È ancora peggio. Sanno che, quanto più le norme sono assurde e minuziose, tanto più l’applicazione sarebbe parziale e discrezionale. Al Leviatano piace l’idea dell’arbitrarietà».Faccio solo per un momento l’avvocato del diavolo. Alcuni dicono: ma se io mi sono vaccinato, dovrò pure avere qualche «vantaggio». Hanno ragione oppure sbagliano e non si rendono conto che, ferma restando la loro scelta, devono garantire anche il diritto di chi fa una scelta diversa? «Non percepiscono che il vantaggio di essersi vaccinati è esattamente quello della vaccinazione in sé. Un grande vantaggio: sei più coperto, rischi di meno. Insisto: il punto è come ti rivolgi a quel 10% di scettici. Se li aggredisci, come puoi sperare di convincerli?».Che ruolo hanno giocato i televirologi? Fanno i cavalieri dell’Apocalisse perché ci credono? O forse si sono innamorati di questo ruolo e temono di perdere la ribalta se si torna alla normalità? «Giocano tre fattori. Uno soggettivo: la volontà di mantenere il centro della scena. Uno oggettivo: finché c’è l’emergenza, ci sono più chance che i fondi pubblici vadano a un certo settore e non ad altri settori. E poi a tanti non è parso vero di trasformarsi in protagonisti di un processo di ingegneria sociale…». E il ceto politico? Eccezioni a parte, sembra più che altro inseguitore delle tendenze emotive, anziché avere l’ambizione di indicare una rotta…È così?«È dalla fine delle grandi ideologie, dalla nascita della politica “pop”, che i politici non sono in grado di imporre un’agenda, ma tendono a subirla…».
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