2020-03-09
Giulio Sapelli: «Che errore i tagli alla nostra sanità»
L'economista: «L'eurorigore ha danneggiato uno dei sistemi più efficaci del mondo. Ora ci vogliono fiducia negli altri e preghiera. Poi è importante pensare al rilancio del Paese. La strada? Più deficit e no al Mes.Economista, storico, docente universitario, dirigente d'azienda, autore di decine di libri e saggi scientifici, premier «in pectore» nella primavera 2018, il professor Giulio Sapelli è una voce fuori dal coro capace di leggere in profondità la situazione presente.All'inizio dell'emergenza virus, lei aveva detto che si era drammatizzato molto. È rimasto di questo parere?«Si era drammatizzato con comunicati prodotti dalla classe politica, più che da autorità scientifiche e monocratiche. Del coronavirus ha parlato più il primo ministro che il ministro della Salute. Avrei preferito che le notizie fossero date dal ministro competente con il presidente dell'Istituto superiore di sanità o i nostri massimi infettivologi».Che cosa avrebbe auspicato?«Uno stile più pacato, preciso e non drammatizzante. Che parlassero più i tecnici che i politici, come succede all'estero».Ma ha continuato a parlare Giuseppe Conte e la drammatizzazione ha coinvolto l'intero Paese.«Con una manifesta sfiducia verso le forze produttive. In Francia nella regione dell'Oise c'è una zona rossa, ma sul Figaro e Le Monde la notizia è nelle pagine interne. E, come in Germania, si è puntato subito sul coordinamento con gli imprenditori. Noi in questo modo stiamo passando come gli untori dell'Europa».Gli errori di comunicazione dipendono dal fatto che l'Italia è in campagna elettorale permanente?«Soprattutto dal fatto che non ci sono più grandi partiti. Salvo la Lega, anche se ultimamente molto fibrillante, e Fratelli d'Italia, gli altri partiti sono mucillagini peristaltiche. Non sono più una comunità di destino ma una somma di piccoli capi l'un contro l'altro armati che si fanno concorrenza».Si parla di briciole da dare alle imprese.«Questo è un governo che ha un sospetto verso chi intraprende. E poi non dice la verità in economia. Evocare il ricorso al Mes (il nuovo meccanismo europeo di stabilità, ndr) e quindi a una ristrutturazione del debito è stato un errore clamoroso che ha fatto subito salire lo spread. Bisogna stare molto attenti perché le regole europee lavorano contro di noi».Che cosa bisogna fare ora per l'economia?«I nodi stanno venendo al pettine. Il fatto di avere applicato le politiche di austerità europee, quelle che chiamo ordoliberismo, ha danneggiato uno dei sistemi sanitari migliori al mondo. Teniamoci cara la nostra sanità: negli Stati Uniti per fare un tampone paghi da 2.000 a 3.000 dollari, qui si fa gratis e possono farlo tutti. La nostra straordinaria sanità è stata penalizzata da restrizioni finanziarie e un'antropologia negativa».Che cosa intende?«Lo strapotere dei giudici che si è esteso anche in questo campo. Se qualcosa va male si denuncia il medico, il giudice gli dà torto e si finisce che oggi nessuno vuole più fare il dottore, diventato un mestiere ad alto rischio. Le epidemie, che ogni tanto arrivano soprattutto nelle società interconnesse, hanno bisogno di coesione sociale, non di antropologie negative. Io conosco un sacco di gente perbene ma se apro i giornali mi sembra di vivere in un mondo di ladri e delinquenti. Frequento gente di tutte le classi sociali e questo mondo così nero non lo vedo».C'è una rappresentazione falsata dei media?«C'è quello che gli antropologi chiamano landscape culturale. Si è creata una cultura, nel senso latino di mores, cioè costumi e credenze, per cui noi oggi viviamo in un mondo determinato non da una prospettiva di salvezza ma di colpa. Questo è l'elemento di fondo. Non c'è più la teologia della salvezza di cui parla San Paolo, anche perché il mondo si è paganizzato. Nel nostro mondo tutti sono colpevoli di qualcosa».Non è così?«Io penso che la maggioranza delle persone sia ancora sana, mentre ciò che predomina è un'atmosfera da apocalisse. E come diceva il nostro grande antropologo Ernesto De Martino, in un clima da fine del mondo la gente ricorre alla superstizione, alla magia e all'untore. Su questo abbiamo costruito universi ideologici: penso a come si racconta ai nostri universitari che cos'è stata l'impresa pubblica italiana, cioè un insieme di delinquenti. Cosa di certo non vera».Non siamo il Paese delle caste?«Oggi sono tutti diventati degli Stella e Rizzo: ovunque si vedono caste. Io vedo profonde disuguaglianze sociali, che sono un'altra cosa».Si spiega così anche la difficoltà degli imprenditori, cioè faticano a investire perché non scommettono più su un ritorno positivo?«Certo. Questo deriva in parte anche dal nostro sistema giuridico figlio del Codice napoleonico, dove prima del cittadino c'è lo Stato, al contrario del Common Law anglosassone che premia chi intraprende. Qui se intraprendi sei visto con sospetto. Nazioni che hanno il diritto amministrativo sono nazioni infelici. Nei momenti di grosso attrito sociale come sono le epidemie, in cui l'altro è visto come un potenziale nemico, questi grossi handicap culturali vengono tutti a galla».Vede qualche via d'uscita?«In primo luogo, la preghiera, che implica una fiducia nell'altro: se preghi, hai davanti a te un universo di consolazione. Poi dare fiducia agli operatori. E anche il cambiamento culturale, invertire il modo di pensare: meno leggi e più fiducia nella auto organizzazione della gente, nei corpi intermedi. Il mondo va avanti perché ci sono certe idee e non altre. È lo spirito che guida il mondo».Ci vorranno anche misure economiche.«Chiaro. Investimenti di alcune decine di miliardi in sanità, infrastrutture, internet, smart working a patto di non trasformarlo in licenziamenti».L'Italia arriva da 10 anni di crisi e sacrifici.«No: arriva da 20 anni di non crescita e adesso siamo in recessione tecnica. Se ne esce soltanto con massicci investimenti pubblici e aiutando le imprese a creare lavoro. Ci sono enormi lavori da fare per ristrutturare le infrastrutture e il patrimonio edilizio». Anche sfondando i vincoli europei?«Questo va fatto senza invocare il Mes, perché altrimenti dovremmo ristrutturare il debito e versare immediatamente 14 miliardi più altri 20 per il recupero dell'Iva. Il 16 marzo c'è una riunione per l'applicazione del Mes: la prima cosa è andare lì e chiedere che non si applichi. Dovremmo anzi fare di più: la Corte costituzionale tedesca nel 2012 ha dichiarato incostituzionale il Mes se non passa per il voto del Bundestag, cosa che noi non abbiamo fatto».L'Italia non ha una sponda in Paolo Gentiloni, commissario europeo per l'economia?«Ma il buon Gentiloni non ha nessun potere. Ursula von der Leyen, che va verso una centralizzazione economica sempre più spinta sotto la pressione francotedesca, ha creato dei vicepresidenti che interloquiscono direttamente con i direttori dell'eurocrazia».Il coronavirus ha mostrato per l'ennesima volta la scarsa coesione dell'Europa?«Ha dimostrato molto peggio: l'Unione non è solo scarsamente coesa, ma ha uno sbilanciamento di poteri che con l'uscita del Regno Unito è ancora più evidente. I Paesi del Nord sono contro tutti con la Francia che sta a metà e para i colpi. Basta leggere i giornali, non quelli italiani, ahimè. La Germania sta cercando una via d'uscita nazionale dalla crisi, non europea, per facilitare l'export delle proprie merci verso gli Stati Uniti. Bisogna avere un pensiero realistico sull'Europa, e non un pensiero magico». In che modo l'epidemia ridisegna anche gli equilibri globali?«Favorisce la decelerazione della globalizzazione finanziaria, che in realtà è l'unica esistente, e produce una frenata della crescita a partire dalla Cina, dove il rallentamento è in atto da qualche anno».E nessun altro crescerà?«I Paesi del Sudest asiatico, dove parecchie multinazionali americane si sono già spostate visto che lavorare in Cina è sempre più difficile. Sicuramente non l'Europa, che cresce solo sulle esportazioni e non sui mercati interni visto che i tedeschi obbligano a non investire e non fare debiti».Dovremmo indebitarci ancora di più?«In certi momenti, come ci insegnano biblioteche intere di storia, indebitarsi è l'unico modo per innescare il Pil per la crescita. La crisi dei consumi interni non colpisce gli ultimi, ma i penultimi».Le classi medie.«Artigiani, piccoli imprenditori, impiegati. Il virus porta più rapidamente alla luce la crisi dell'economia mondiale che è in costante deflazione. E l'economia non cresce in deflazione». Lei due anni fa è stato in predicato per diventare premier...«Per carità, non si è ancora capito che era un modo per impedire che Di Maio facesse il primo ministro? Sono un vecchio piemontese, l'ho fatto per la patria».Adesso però Di Maio è ministro degli Esteri.«Da metà degli anni Novanta si è distrutto il sistema politico: un ordine, quello giudiziario, si è trasformato in un potere, mentre l'unico potere è quello della sovranità popolare. E queste sono le conseguenze».