2020-06-08
Enrico Zanetti: «Folle negare il fondo perduto a un milione di professionisti»
Ex viceministro al Mef: «Sugli autonomi il governo discrimina. Fare meglio sulla Cig non era semplice, ma fare peggio era difficile. Assurda la scadenza fiscale del 30 giugno».Dottor Zanetti, come sta? «Chiariamo subito una cosa?».Prego.«Io sono un ex parlamentare, e un ex sottosegretario, ma adesso parlo esclusivamente da tecnico, d'accordo?».Certo. È proprio questo che ci interessa: il punto di vista di un commercialista che però conosce la politica. «Su cosa?».Sui decreti, sulle misure del governo, su come stanno impattando. «Ah, bene: questo è il mio pane, il mio lavoro da professionista». Se avesse Il ministro Roberto Gualtieri, qui davanti, cosa gli direbbe? «Che in quello che ha fatto il governo ci sono cose molto positive, ma anche molto negative. E che sugli autonomi si sta rischiando davvero molto». Cioè? «Direi al ministro, e spero davvero che ci legga: “Occhio, perché state prendendo una topica bestiale"». Lei sta parlando delle partite Iva individuali dei professionisti esclusi dai benefici?«Esatto. Ed è una cosa priva davvero di qualsiasi logica». La spieghi. «Stiamo parlando di un milione di persone, discriminate senza motivo rispetto ai loro omologhi artigiani, o che lavorano nel commercio». Come? «Questi ultimi possono accedere al fondo perduto, loro invece no. Le pare una cosa che abbia il minimo senso logico?». Se tutto resta così non riceveranno nulla.«Alcuni nulla, altri massimo 1.000 euro che per artigiani e commercianti costituisce invece il contributo minimo».E come andrà a finire, secondo lei?«È il classico tema che, se non lo correggi, quando poi vai a votare la gente non se lo dimentica». Enrico Zanetti, ex viceministro del governo Renzi, ex leader di Scelta civica, ex presidente dei commercialisti italiani, oggi. Quarantenne, molto moderato quando era in coalizione, grande pignolo, talvolta - nella sua vita precedente - protagonista di epiche litigate in tv. Oggi è uno dei pilastri del Centro studi tributari Eutekne, e si dichiara «privo di passioni divisive, interessato solo a dare un contributo tecnico». Proviamo a fare un bilancio? «Sono stati mesi intensi. Abbiamo avuto, sul piano tributario, tante novità, arrivate in modo per così dire confuso». Ecco la prima stoccata. «Ma no, no. Non ho pregiudizi: In modo, anche comprensibilmente, confuso. Solo che qualcosa funziona e qualcosa no, e dunque andrebbe sistemato». Ad esempio? «Il pasticcio della Cassa in deroga. È inutile girarci intorno. Questo meccanismo contorto proprio non funziona». Neanche con i correttivi dell'ultimo decreto?«Temo proprio di no. Questa vicenda ci ha dimostrato in modo plastico che il Paese ha una infrastruttura statale amministrativa che procede... a senso unico».Cioè? «È un sistema Paese che funziona quando deve controllare, bloccare e reprimere». E invece? «Proprio non funziona quando deve accompagnare e aiutare. Se deve dare, questo sistema va nel pallone». È una constatazione amarissima. «Se ci pensa, è lo stesso a livello macro. Siamo stati bravi nel lockdown perché bisognava chiudere. Siamo entrati in crisi quando lo Stato ha dovuto costruire». Cosa ha messo in crisi la Cassa? «Si sono creati problemi fra Stato centrale e regioni». Non crede ai correttivi introdotti?«Dubito che potranno avere migliorato le cose. Il percorso e la tempistica restano complessi». Giudizio sintetico. «Fare meglio non era semplice. Ma fare peggio era difficile». Parliamo dei finanziamenti europei? «Qui invece condivido e apprezzo i risultati del governo». Ovvero? «L'emergenza ha screditato alcuni blocchi ideologici che dominavano l'Europa, con un segno anti italiano, a favore di chi vuole una Europa più solidale». Bisogna accettare il Mes?«Per come è previsto oggi direi proprio di sì: 36 miliardi ad un tasso sostanzialmente vicino allo zero. Sei matto se dici di no». I trattati però non sono cambiati. «E infatti era giusto porre il tema, ed è stato fatto. Ma ora, anche grazie a queste obiezioni, l'unica condizionalità è diventata la sanità». Quindi? «Che senso ha dire: “No, io questi soldi li voglio a un tasso più oneroso"?». Lei li prenderebbe.«Non prenderli significherebbe solo rinnovare più debito a condizioni più onerose». Però bisogna fare un atto di fede. «Se uno non si fida di tutte le dichiarazioni dei leader e dei dirigenti europei, ed è possibile, allora deve uscire dall'Ue». Addirittura? «Presupporre la malafede totale dell'Europa mi pare un presupposto suicida. È stato giusto dire: no al Mes con le condizioni. Ora dire “non mi fido" significa che pensi gli altri soci siano proprio in malafede, ma se pensi questo allora devi essere conseguente e dire che vuoi sciogliere la società». E i Recovery fund? «I Recovery sono a tasso molto agevolato. Aver strappato il fondo perduto è un colpo importante che deve essere utilizzato bene». Sono 80 miliardi.«Che arrivano senza creare debito e deficit! Ricordo che quando ero al Mef ci ammazzavano per coperture da 100 milioni! Questi non arriveranno subito ma arriveranno». Torniamo ai decreti. «L'intervento sull'Irap va bene, ma viene dato a tutti, anche a chi non ha avuto un calo di fatturato! Perché gli devi fare uno sconto di Irap?» Si dice: grazie al Covid si fa un taglio di tasse. «Ma no. È solo un taglio una tantum che, in quanto tale, ha un significato solo nella misura in cui è collegato al Covid. Dare a tutti questo taglio, mentre ai professionisti neghi il fondo perduto anche se hanno avuto cali ingenti di reddito, acuisce la sensazione di figli e figliastri».Torniamo al suo cruccio, il contributo a fondo perduto? «È una palese discriminazione. Sentivo Gualtieri a Piazza pulita e non capivo il suo ragionamento: “Non sono attività economiche, sono persone"». Capire si capisce. «Ma che significa? Se tu il contributo lo eroghi a uno che è partita Iva individuale, perché a un altro no?».Secondo lei? «Se le cose non cambiano, difficile dare torto a chi dice che c'è un pregiudizio contro avvocati, architetti, commercialisti».Quindi lei critica sia i finanziamenti selettivi sia quelli indifferenziati. «Critico l'indifferenziazione per alcuni, abbinata all'ultraselettività per altri. Prenda i 600 euro: ad artigiani e commercianti che non avevano il presupposto della perdita sono stati dati in maniera un po' allegra. Adesso si chiede il requisito della perdita ed è giusto». Ma qualcosa di buono lo vede? «Sì. È buono il credito di imposta sugli affitti. Fino al 60%. Tre mesi di contributo che puoi cedere e quindi monetizzare». E poi? «Bene la detrazione del 110% sulle ristrutturazioni. Anche se ha dei tetti di spesa, è una misura buona». Cambierebbe qualcosa? «Devono allungare i tempi di accesso al beneficio fino al 2022, altrimenti i termini sono troppo stretti». E la moratoria dei finanziamenti bancari?«Ecco, quello è un problema». In che senso? «Scadono il 30 settembre. È come se fosse domani!». Poco margine?«Esatto. Rischiamo l'autunno caldo».Lei dice che la moratoria sui mutui va allungata? «C'è un assordante silenzio. Ma bisogna ragionarci insieme alle banche. Verificare se, come e quando. Ma subito».Forse si teme che la gente si abitui a non pagare. «È stupido. Ora i soldi non ci sono. Non è che le banche ci guadagnerebbero se mandassero qualche milione di clienti tra i crediti deteriorati». E le scadenze delle imposte sui redditi? «Tenere inalterata la scadenza del 30 giugno mi pare irrealistico. Anzi, per certi versi è folle. Ci sono stati mesi di buco di attività. Fare tutto in fretta è difficile. Persino in anni normali ci sono state proroghe, perché adesso no?».Temono il crollo del gettito. «Lo immagino: ma è un problema che si dovranno porre comunque perché sa come va a finire, invece?».Che non pagano comunque?«Ma è ovvio. La gente non ha soldi, è costretta a fare il ravvedimento oneroso, anche qui incazzandosi. E il gettito crolla comunque».