2020-04-06
Carlo Calenda: «Oltre la crisi con un super comitato»
L'ex ministro: «Top manager ed esperti di sanità, con ministeri e opposizione, studino una riapertura in tre fasi. Fermiamo il “one man show" del premier: vuole passare per salvatore della patria mentre il Paese va in pezzi».Carlo Calenda, fondatore di Azione, in questi giorni appare pessimista. Il suo timore? Che, a dispetto della retorica, il Paese esca a pezzi dalla crisi.Onorevole, lei ha criticato il «one man show» di Giuseppe Conte. Vede troppo Rocco Casalino?«Penso che nessun Paese possa affrontare una situazione come questa con un assetto di governo normale, privilegiando la retorica rispetto alla capacità gestionale».Conte dovrebbe coinvolgere di più il Parlamento?«Dovrebbe coinvolgere più competenze esterne».Chi ha in mente?«Vanno interpellati manager di eccellenza, come Vittorio Colao o Giovanni Cagnoli. Gente che sa gestire processi complessi - cosa che il governo non sa fare».Dai «competenti», però, non abbiamo avuto una grande prova in quest'emergenza. Perché dovremmo fidarci della tecnica più che della politica?«Mi pare che la politica abbia dato il peggio di sé».Ad esempio?«Ripensi ad “abbracciamo un cinese", a “Milano non si ferma"...».Anche gli scienziati hanno detto tutto e il contrario di tutto: prima le mascherine non servivano a niente, poi sono diventate obbligatorie; prima era più facile essere colpiti da un fulmine che prendersi il virus, poi il virus è diventato contagiosissimo...«Ci sono state tantissime carenze. E non credo che la politica debba cedere il passo alla tecnica».E allora?«Ci vuole una grande chiamate alle armi delle migliori energie tecniche e politiche. Coinvolgendo anche l'opposizione. Se no il Paese continua a essere diviso e non gestito».Invece si va avanti di dpcm in dpcm, con una giostra di anticipazioni, indiscrezioni, smentite... Non è criticabile anche la gestione della comunicazione da parte di Palazzo Chigi?«La gestione della comunicazione è stata pessima. Confusa e molto retorica».Cioè?«Dire che “ne usciremo migliori" è una fesseria. Rispecchia un modo tipicamente italiano di affrontare le crisi sulla base dell'appello ai sentimenti, piuttosto che con la fermezza dell'azione».Lei ha pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung un appello sugli eurobond, che credo si possa definire bipartisan.«Certo, l'hanno firmato anche Giovanni Toti, Luigi Brugnaro e Marco Bucci».Cosa avete chiesto?«Abbiamo spiegato che gli eurobond non servono a sovvenzionare il debito dei Paesi che ce l'hanno più alto, ma a dare all'Europa le risorse per finanziare un grande piano d'intervento europeo».Vi daranno retta?«Se i tedeschi dicono no agli eurobond, non dicono no all'Italia. Dicono no all'Europa, che ora non ha risorse e poteri per finanziare un grande piano per la ripresa».Mettono a rischio l'Europa?«È legittimo credere che questa crisi vada gestita dagli Stati nazionali. Ma a quel punto sarebbe legittimo pure chiedersi: “A che serve allora l'Europa?"».Domani, all'Eurogruppo, sbarca il «Mes light» proposto dai francotedeschi. Lo vogliamo dire che le condizionalità sbiadite sono proibite dal Trattato sul funzionamento dell'Ue?«Il Mes non è un'istituzione dell'Ue, funziona in base a un trattato separato, che può essere cambiato all'unanimità».Che non c'è.«Oggi. Ma il punto è un altro».E qual è?«Il Mes funziona se lo Stato che chiede il prestito ha perso l'accesso ai mercati o se l'emissione di titoli è diventata troppo costosa».Un'extrema ratio.«Il problema vero è che i prestiti del Mes diventano credito privilegiato anche rispetto al debito pubblico».Si può scatenare il panico sui mercati?«I tassi di emissione del debito potrebbero aumentare molto. Per questo il Mes non può essere usato come strumento di normale prestito».E se Francia e Germania volessero imporcelo?«Conte dovrà mantenere la posizione che ha tenuto fin qui».Ma era stato lui a lanciare il Mes...«Vero. Diciamo allora che deve mantenere la sua ultima posizione. Però mi permetta un appunto».Prego.«Noi possiamo già autonomamente emettere debito, perché siamo coperti dal Qe. E questo intervento è decisivo, ricordiamocelo».Dove vuole arrivare?«Dobbiamo capire come fare in modo che quei soldi giungano alle famiglie e alle imprese. Continuare a parlare di come avere i soldi senza sapere come spenderli è paradossale».E come si fa?«Sicuramente non come è stato fatto con la cassa integrazione».Ovvero?«Non prevedendo l'anticipazione bancaria. Così i lavoratori quei soldi non li vedono. In Italia parliamo solo di leggi e mai di come implementarle».Cosa suggerisce?«Per la cassa integrazione, agire sull'anticipazione bancaria e, per le piccolissime imprese, sui permessi retribuiti».Poi?«Roberto Gualtieri ha annunciato delle garanzie pubbliche al 100% sui prestiti alle imprese».Fino a 800.000 euro.«È poco. I provvedimenti del governo sono tutti pensati per le piccole imprese, ma a tenere in piedi l'Italia sono anche quelle medie e grandi, che esportano».Che altro?«Non si può fare affidamento solo sul Fondo centrale di garanzia. Non può gestire la mole di pratiche che arriverà».E che si fa?«Si ricorre alle autocertificazioni. Chi mente andrà in galera, ma non si possono fare norme barocche per prevenire le truffe, perché così finisce che chi ha diritto, i soldi non li prenderà mai».Che ne pensa della task force sulle riaperture, il tema tirato fuori da Matteo Renzi?«Renzi ha sparato una data a cacchio. Abbiamo chiesto di studiare la riapertura 20 giorni fa».Che strategia va seguita?«Abbiamo inviato una proposta di processo di lavoro al governo. Ci vuole uno steering committee».Parli semplice...«Un comitato direttivo formato dai ministeri, dalle opposizioni e dalla Conferenza delle Regioni».E come opererebbe?«Con un manager di alto livello e un esperto di sistemi sanitari pubblici, che coordinino 6 gruppi di lavoro su 6 aree tematiche».Obiettivo?«In una settimana vanno definite le condizioni e le modalità per la riapertura».E poi?«Ti dai due settimane per implementare le attività e procurarti i materiali di cui hai bisogno. Poi fai un'apertura test e vedi come va, monitorando l'andamento del contagio».Un piano in tre fasi molto lontano dall'operato del governo...«Si continua a lavorare con strumenti ordinari. Stiamo ancora dietro ai bandi Consip. Ma se già in tempi normali non funzionava un cacchio, figuriamoci in emergenza!».E la Protezione civile? Stiamo pagando la sua «burocratizzazione», che la sinistra impose dopo il terremoto dell'Aquila, temendo il lancio politico di Guido Bertolaso - e approfittando delle inchieste su di lui, poi finite nel nulla?«Ma certo. Perciò dico che ci vuole uno scudo penale per chi agisce in deroga alle procedure ordinarie. Dopodiché, scontiamo pure un capo della Protezione civile che si mette a parlare delle riaperture dopo il 13 maggio, en passant, in conferenza stampa».E Conte?«Ha voglia di passare per salvatore unico della patria, rischia di essere quello che non ha saputo gestire l'emergenza. Ma pure l'opposizione ha delle responsabilità».Quali?«Pensi a Matteo Salvini, che vuole Mario Draghi capo del governo e contemporaneamente mandare a quel Paese l'Ue».È pessimista?«Sì, perché nessuno sta modificando i comportamenti malati di prima».Comportamenti malati?«Su tutti, la generalizzata mancanza di serietà».Dove?«Ovunque. Nel governo, nella sua comunicazione e nell'incuria gestionale, negli slogan vuoti dell'opposizione, nei virologi che si prendono a calci su Internet tutti i giorni... La serietà va ricostruita, o il Paese ne uscirà devastato».Anche le classi dirigenti europee non brillano... Prenda l'uscita di Christine Lagarde.«Per carità, lei ha ragione. Però poi i francesi o i tedeschi sanno gestire egregiamente i loro piani d'intervento nazionali».Francia e Germania hanno messo in campo risorse enormi.«E le spendono bene. Noi invece abbiamo totalmente “cannato" la dimensione dell'intervento». In che senso?«La manovra del governo è partita da 3 miliardi, poi è passata a 6, poi è arrivata a 15 e infine a 25. E siamo ancora il Paese che ha messo meno soldi, pur patendo la crisi più grave».Peraltro, per metterli, è sembrato che aspettassimo il permesso di Bruxelles.«Non è che è sembrato. È stato così».Perché?(Sorride) «Boh. Non glielo so dire. L'ho notato, l'ho denunciato, ma il perché non l'ho capito. Il fatto è che il governo sta dando veramente poco ascolto a chiunque».La pandemia sancirà la fine della globalizzazione?«La cambierà, speriamo». Sì?«Certo. Ma se anziché usare quest'occasione per diventare intransigenti con certi comportamenti “corsari", la useremo per chiuderci completamente, trasformeremo la crisi i una lunga depressione».
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
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L'amministratore delegato e direttore generale di Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma premiato a Washington
L’amministratore delegato del Gruppo FS Italiane ha ricevuto il Premio Dea Roma della National Italian American Foundation per il contributo alla modernizzazione delle infrastrutture di trasporto e alla crescita sostenibile del Paese.
La NIAF (National Italian American Foundation) ha conferito a Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane, il Premio NIAF Dea Roma come leader nell’eccellenza ingegneristica per la crescita nazionale e l’infrastruttura sostenibile.
La cerimonia si è svolta sabato 18 ottobre 2025 durante il Gala del 50° Anniversario della NIAF, all’Hotel Washington Hilton di Washington D.C. negli Stati Uniti d’America. Il riconoscimento è stato assegnato per evidenziare il ruolo cruciale svolto da Donnarumma nella trasformazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto italiane, con un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
«È un vero onore ricevere questo premio che ho il piacere di dedicare a tutti gli italiani che creano valore sia nel nostro Paese che all’estero e diffondono principi volti a generare competenze specifiche nell’ambito dell’ingegneria, della tecnologia e dell’innovazione. Nel Gruppo FS Italiane abbiamo avviato quest’anno un Piano Strategico da 100 miliardi di euro di investimenti che rappresenta un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese». ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma.
Sotto la guida di Donnarumma, il Gruppo FS sta promuovendo importanti progressi nello sviluppo di linee ferroviarie ad Alta Velocità e nelle soluzioni di mobilità sostenibile, contribuendo a collegare le comunità italiane e a supportare gli obiettivi ambientali nazionali. Il Piano Strategico 2025-2029 include diversi interventi per migliorare la qualità del servizio ferroviario, costruire nuove linee ad alta velocità e dotare la rete del sistema ERTMS per garantire maggiore unione fra le diversi reti ferroviarie europee. Più di 60 miliardi è il valore degli investimenti destinati all'infrastruttura ferroviaria, con l'obiettivo di diventare leader nella mobilità e migliorare l’esperienza di viaggio. Questo comprende l’attivazione di nuove linee ad alta velocità per collegare aree non ancora servite, con l'obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Alta Velocità. Sul fronte della sostenibilità, inoltre, il Gruppo FS - primo consumatore di energia elettrica del Paese con circa il 2% della domanda nazionale – si pone l’obiettivo di decarbonizzare i consumi energetici attraverso la produzione da fonti rinnovabili e l’installazione di oltre 1 GW di capacità rinnovabile entro il 2029, pari al 19% di tutti i consumi del Gruppo FS, e di circa 2 GW entro il 2034. Fondamentale è anche il presidio internazionale, con una previsione di crescita del volume passeggeri pari al 40%.
Il Gruppo FS ha infatti inserito lo sviluppo internazionale tra le sue priorità, destinando una quota significativa degli investimenti al rafforzamento della propria presenza oltre confine. L’obiettivo è consolidare il posizionamento del Gruppo in Europa, ormai percepita come un’estensione naturale del mercato domestico, e promuovere una rete ferroviaria sempre più integrata e in linea con i principi della mobilità sostenibile.
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