2019-12-02
Antonio Maria Rinaldi: «Il M5s ci ha venduto per le poltrone»
L'economista eurodeputato: «Hanno votato la von der Leyen per contropartita personale, non per il Paese: ora ci troviamo un Mes che può salvare altri. Stati ma non il nostro. Conte? Un voltagabbana inadempiente».Economista, volto televisivo popolarissimo, protagonista di battaglie eurocritiche combattute da antesignano e in epoca non sospetta, dal 26 maggio scorso Antonio Maria Rinaldi è eurodeputato della Lega. Professore, oggi alla Camera ci sarà un poderoso scontro sulla riforma del Mes (Meccanismo europeo di stabilità), il nuovo salva Stati. Ci spieghi in modo semplice perché non c'è tutta questa fretta, per l'Italia, di dire signorsì. «Ci legheremmo a un meccanismo che potrebbe imporci di versare potenzialmente fino a 114-115 miliardi, senza neanche avere la garanzia di poterne usufruire in futuro, perché le condizionalità imposte sono così impegnative da rischiare di tagliar fuori l'Italia. Insomma, potremmo essere coinvolti per salvare gli altri, ma senza poter salvare noi stessi in caso di necessità».Il Mes viene presentato dai suoi tifosi come una barriera. Ma non rischia invece di essere troppo fragile, e di venire addirittura travolto da un'eventuale crisi? «È una preoccupazione giustissima, purtroppo. Dico di più: il meccanismo è così perverso che, alla sola voce di un intervento per salvare un Paese, si innescherebbe un effetto di panico sui mercati travolgendo i titoli sovrani di quel Paese. Una sorta di autoavvitamento, con il Mes che rischierebbe di peggiorare una crisi invece di risolverla».Dicono: non c'è automatismo della ristrutturazione del debito. Ma la discrezionalità di un organismo tecnico non è molto più rassicurante. Far decidere al boia se tagliarti la testa non è una gran consolazione…«Già nell'attuale configurazione, abbiamo visto in Grecia che cos'abbia provocato quando è entrato in funzione. A rimanere contente sono state solo le banche tedesche e francesi creditrici, mentre il popolo greco è stato massacrato dalle condizioni imposte. Ma mi faccia sganciare una bomba…».Prego.«Pongo una domanda alla quale nessuno risponde. Perché dare vita a un meccanismo come questo, quando in tutto il mondo funzioni di quel tipo sono svolte dalle banche centrali?».Perché lo statuto Bce non lo consente…«Ecco il punto. È una questione di volontà politica: i tedeschi non hanno voluto prevedere qualcosa del genere nello statuto della Bce. Lo stesso quantitative easing di Mario Draghi, non a caso, ha dovuto agire sul mercato secondario, perché altre ipotesi non erano consentite. Qualcuno vuole una banca centrale “evirata"…».Tra l'altro, come si spiega l'immunità garantita ai membri del Mes? La togliamo all'ex Ilva e la diamo a questi signori?«È assurdo che ci siano funzionari totalmente “protetti" nella loro operatività. È come dire: non sono sindacabili, qualunque cosa decidano. In una democrazia cose del genere non sono nemmeno immaginabili».Non sarà che stavolta sono le banche tedesche a essere piene di titoli tossici?«Appunto. Vogliono prendere più piccioni con una stessa fava. Il primo è svuotare i Parlamenti nazionali di potere decisionale. Il secondo “piccione" riguarda le banche. Esse possono essere divise in due grandi famiglie: quelle che svolgono attività commerciale (la gran parte di quelle italiane), e quelle che svolgono attività finanziaria e speculativa (molte banche nordeuropee). Ecco: queste ultime sono assai esposte in termini di derivati complessi, i cosiddetti “Level 3". Ora che i nodi stanno venendo al pettine, si vuole sancire una palese discriminazione».Quindi scusi: quando si tratta dei titoli tossici delle banche italiane, si minaccia l'apocalisse, mentre per gli Npl in pancia alle banche tedesche si adotta uno standard diverso? «Questo è lo scandalo. Le nostre banche sono state costrette a svalutare e a svendere i loro crediti deteriorati. Invece per i titoli tossici di fatto si è senza regolamentazione. E ora il Mes servirà a questo: a imporre una sorta di anomalo “bail in collettivo" a carico di tutti i cittadini».Tra l'altro, nel 2015, quando andarono in crisi le nostre quattro popolari, e (giustamente) qualcuno in Italia proponeva l'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (quindi denaro privato) per ricapitalizzarle, ci si disse di no da Bruxelles (almeno così raccontò l'allora ministro Padoan), e ci si impose una sorta di bail in anticipato. Per i «fratelli» tedeschi invece ci si comporta diversamente…«Per l'Italia, dissero no all'uso di un fondo privato, attaccandosi alla scusa che era Bankitalia a indicare i vertici del Fondo interbancario. Invece di recente si è consentita un'iniezione di denaro pubblico di 3,7 miliardi da parte dei länder tedeschi per situazioni tedesche in fondo non così dissimili. Due pesi e due misure».La condotta a zigzag del governo rischia di fare male all'Italia. Se diciamo sì, ci incateniamo al volere di un organismo tecnico. Se ora diciamo no, come dovremmo fare, creiamo tensione. Perché ci siamo infilati in questo vicolo cieco negoziale? «Bisognava muoversi prima, nella fase di negoziazione. Adesso, se ci fosse l'ok al prossimo Consiglio europeo, dopo resterebbe solo il voto di ratifica in Parlamento. Dove però, tranne il Pd, nessuno vuole ratificare. E allora mi faccia esprimere anche una preoccupazione istituzionale…».Quale?«Si rischia di mettere in estremo disagio anche il presidente della Repubblica. A oggi, infatti, tutti sanno che è forte la probabilità che il Parlamento non ratifichi. Perché arrivare a quel punto, anche esponendo politicamente il capo dello Stato, che notoriamente è attento alla proiezione internazionale dell'Italia? Meglio pensarci adesso».Quanto invece a Conte…«Appena insediato, a giugno 2018, disse che era contrario al Mes perché avrebbe tolto autonomia alle nostre scelte di politica economica. Un anno dopo, era anche vincolato da due esplicite risoluzioni parlamentari. Tra l'altro, per ironia della sorte, è una legge che risale all'epoca di Monti (la 234 del 2012) che impone al governo di riferire alle Camere e di attenersi alle loro indicazioni su ogni accordo internazionale che riguardi problemi economici e monetari. Lo scriva: Conte è del tutto inadempiente».Veniamo all'Europarlamento. Come nasce la Commissione von der Leyen? Lei in estate ebbe una fiducia fragilissima, qualche giorno fa i numeri sono diventati più consistenti. È tutta salute?«No. La von der Leyen è partita malissimo lanciandosi - per così dire - sulla green economy».In che senso? Ce lo spieghi bene.«Ricordate, cinque anni fa, il mitico piano di Juncker da 300 miliardi? Naturalmente non si è visto 1 euro. E stavolta rischia di succedere la stessa cosa. Molti hanno percepito questo progetto come la possibilità di investire risorse ingenti scorporandole dal computo del deficit, una specie di “golden rule" per stimolare gli investimenti. Ma siccome la von der Leyen non consentirà alcuno scorporo dal deficit, delle due l'una: o il piano finirà nel nulla, oppure, se qualcuno lo attuerà, lo farà tagliando la spesa sociale o aumentando le tasse. Una follia».Questa estate la tedesca si salvò per 9 voti, e i grillini ne portarono 14, che si rivelarono decisivi. Perché M5s fece quella scelta? Se non avessero fatto da stampella, Berlino e Parigi avrebbero dovuto trattare con Roma…«Ci hanno fatto perdere un'occasione unica. Se avessero votato contro o si fossero astenuti, Germania e Francia avrebbero dovuto negoziare con noi il nuovo candidato, tenendo conto delle istanze italiane. Ingenuità grillina? A me pare che abbiano ottenuto briciole: posti nelle Commissioni e una vicepresidenza del Parlamento, la prima volta che viene attribuita a un esponente del gruppo misto. Ma forse erano già d'accordo sottobanco con il Pd per il giro di valzer che poi abbiamo visto in Italia».La scorsa settimana i grillini si sono spaccati: chi a favore, chi contro, chi astenuto. «Sono in un'enorme crisi di identità, e stanno esplodendo le loro contraddizioni. Non mi stupirei se qualcuno di loro finisse con Macron e qualcun altro nei Verdi».E voi? È immaginabile una vostra convergenza con altri gruppi, con i Conservatori o con i Popolari? «Parlavano di “cordone sanitario" verso di noi. Invece ora i nostri telefoni squillano in continuazione. Siamo corteggiati con i nostri 28 deputati che, dopo Brexit, diverranno 29. Ma non faremo accordi che non tengano conto del preciso mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori. Per il resto, è prematuro fare altre previsioni».Lei ha avuto molte esperienze professionali, non solo in ambito italiano. Come si è trovato in questa avventura? L'Europarlamento è come se l'immaginava?«Molto peggio. Esso trasmette all'esterno un'idea di potere. E invece, visto dall'interno, è solo un paravento per giustificare decisioni prese altrove». Ci sveli un mistero (doloroso). Perché ai mainstream media il popolo, cioè gli italiani come sono, gli elettori, sembrano dare fastidio, per non dire peggio?«La crisi di molti media non è dovuta a Internet, ma alle falsità che scrivono. Gli italiani sono stati ingannati a lungo, ma ora hanno aperto gli occhi e puniscono certi giornali. Per anni, il finanziamento pubblico dell'editoria ha consentito di sopravvivere con una specie di respirazione artificiale a realtà che altrimenti non avrebbero camminato con le loro gambe. Adesso i nodi arrivano al pettine per chi disinforma».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)