2024-06-23
L’India guarda al Mediterraneo. E Roma deve cogliere l’occasione
Nerendra Modi e Giorgia Meloni (Ansa)
Il progetto del corridoio merci Imec che arrivi dal Pacifico al Mare nostrum è stato frenato dall’Iran il 7 ottobre Adesso, però, ci sono dei segnali di ripresa, complice la necessità di Israele di non inimicarsi gli Stati Uniti.Geopolitica economica. Nel polverone dei conflitti locali non dobbiamo perdere di vista i progetti strategici di interesse nazionale sistemico combinati con quelli delle democrazie e nazioni compatibili, da intendersi come moltiplicatori di mercato, perché da questi dipende la futura ricchezza dell’Italia. Uno tra i più importanti per Roma è il progetto Imec (India Middle East Corridor) siglato nel settembre 2023 a New Delhi tra nazioni arabe sunnite, India, (alcuni) europei tra cui l’Italia, ed America, che punta a creare una connessione infrastrutturale via mare e rotaia tra Pacifico e Mediterraneo con sbocco ad Haifa, Israele, per la parte su treni in sinergia amplificata con i traffici via Suez. Importante anche per la relazione funzionale con il Progetto Mattei di iniziativa italiana (con il supporto statunitense) per la spinta collaborativa verso l’Africa. Ma la realizzazione di questi progetti implica una battuta d’arresto per il progetto infrastrutturale cinese «Via della Seta» e trova l’ostilità della Russia perché limitativo della sua strategia di influenza nell’Indo-Pacifico ed in Africa. La situazione merita un aggiornamento.L’attacco di Hamas contro Israele dell’ottobre 2023 è stato stimolato dall’Iran (la parte più guerrafondaia della leadership, non tutta, cioè le milizie della teocrazia), dietro probabile influenza riservata (pur non provabile) di Pechino, per provocare una reazione bellica da parte di Israele con la conseguenza di mobilitare il consenso islamico contro qualsiasi accordo con lo Stato ebraico. Sul piano tecnico l’operazione è stata ben progettata. La verità finalistica dell’azione, cioè il sabotaggio delle relazioni tra arabi sunniti e Israele nel contesto Imec detto sopra, è stata nascosta attribuendola all’anniversario dei 50 anni dalla guerra dello Yom Kippur (1973) come occasione per dimostrare la forza dell’insorgenza palestinese rivestita di legittimità. Inoltre la trappola è stata perfezionata attraverso l’intensità della violenza contro civili ebrei che ha costretto Israele - il cui fondamento di costituzione immateriale è la protezione di qualsiasi ebreo nel mondo anche via deterrenza - a reagire con violenza massima, e non solo selettiva, portatrice di un dissenso globale che ha rovesciato la colpa: palestinesi buoni anche se uccidono e torturano, Israele nuovo soggetto genocida anche se aggredita. Come conseguenza, l’accordo Imec è stato sospeso sul piano formale. Ma su quello informale resta vivo in attesa di un raffreddamento del conflitto che permetta ai regimi arabi sunniti di riprenderlo. L’aggiornamento: c’è uno spiraglio di luce nel polverone che permette di rialzare le probabilità di successo dell’Imec. Un precursore della luce, visibile agli analisti, è stata la difesa radar e antimissile/antidroni da parte di Emirati, Arabia e Giordania di Israele contro l’attacco aereo diretto iraniano, pur telegrafato per renderlo solo simbolico. C’è stata una pressione americana sugli arabi-sunniti, ma il dato è che i governi sunniti non vogliono rinunciare ad un accordo futuro con Israele e certamente non vogliono riconoscere l’ambizione di potenza regionale dell’Iran. Per inciso, si consideri che Israele è una potenza nucleare, pur non dichiarata, più attrezzata di quanto si pensi. Un segno più chiaro di luce viene dalla decisione dell’India di potenziare un porto vicino a Mumbai dedicato agli scambi navali sulla direttrice con il Mediterraneo. Potrebbe essere un segno ancor più chiaro - ma va decrittato - la recente dichiarazione di Benjamin Netanyahu che chiama i regimi arabi sunniti a prendere responsabilità per la gestione futura di Gaza. Ricordo un incontro casuale con Netanyahu al King David di Gerusalemme nei primi anni del 2000 - assistevo Mario Baldassarri, allora viceministro dell’Economia per una missione umanitaria decisa dal G8 e affidata all’Italia - dove mi spiegò perché era interesse permanente di Israele seguire le indicazioni statunitensi. Poiché certamente l’America vuole attivare l’Imec, la dichiarazione detta - un po’ oscurata dalla stampa - potrebbe voler dire che il premier israeliano abbia valutato di riconvergere con Washington riducendo la frizione con Joe Biden. Un indizio in questa direzione potrebbe essere l’ingaggio del consigliere della Casa Bianca israeliano-americano Amos Hochstein per calmierare il fronte libanese, anche dichiarando che Washington sosterrebbe Israele se Hezbollah continuasse a lanciare missili contro Israele stessa. Evidentemente è in corso uno scambio tra protezione forte di Israele in cambio di una sua rinuncia ad eliminare le milizie filoiraniane libanesi. Che è in relazione con uno scambio con Arabia, Emirati e Giordania: se Israele si calma, l’Imec potrà essere ripreso. Chi scrive sarebbe d’accordo con questa soluzione che implica la transizione della sicurezza di Israele da azioni belliche massive a solo selettive, permettendo il riavvio della connessione Pacifico - Mediterraneo. L’Italia? Ha nominato un responsabile per il progetto Imec. Ha consolidato il partenariato strategico con l’India (per esempio il progetto Blue Raman di connessione via cavi sottomarini). Si è associata al progetto «Blue Dot Network» con America, Giappone ed Australia per la creazione di infrastrutture di alta qualità nel Pacifico. In sintesi, Roma crede ad una crescita dell’influenza ed economia italiane verso il Pacifico, passando per il Mediterraneo profondo e per l’Africa. Ma quanto l’Ue seguirà l’Italia? La Francia non è felice. La Germania è un po’ ambigua, ma non ostile (per ora). Pertanto, lo scenario vede un’Italia che non litighi con gli europei dell’Ue, ma privilegi i partenariati con America, Regno Unito, Australia, Giappone ed India. E sia con Israele sia con i regimi arabi sunniti. www.carlopelanda.com