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2019-07-16
L’indagata di Bibbiano faceva campagna per il «corso gender» nelle scuole emiliane
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Martedì 26 marzo, a Reggio Emilia, si tiene un convegno intitolato: «W l'amore. Facciamo il punto». Sulla locandina si può leggere: «Per contrastare la violenza in tutte le sue forme è necessario che nelle scuole sia inclusa, tra le discipline, l'educazione sentimentale, affettiva, sessuale, alle relazioni e alle differenze di genere». A promuovere l'evento sono Sinistra italiana, Arcigay, Rete degli studenti e altri. Sul sito di Radio Spada (radiospada.org) potete trovare un ampio servizio che contiene anche filmati dell'incontro. A prima vista, sembra trattarsi del consueto dibattito fra illuminati progressisti sui temi della sessualità, con l'immancabile orientamento Lgbt. Ma, in questo caso, c'è anche qualcosa di più.
Al tavolo dei relatori - prima a prendere la parola - c'è una donna di nome Fadia Bassmaji. È lei a coordinare la discussione. Ed è sempre lei a contribuire all'organizzazione dell'evento tramite Sinonimia, la sua società che «organizza eventi, progetti culturali, fornisce consulenze per Comuni e associazioni». Il nome della Bassmaji probabilmente non vi suonerà nuovo. La signora, infatti, è una dei protagonisti dell'inchiesta «Angeli e demoni», in qualità di indagata.
La nostra, in passato, ha avuto una relazione sentimentale con l'assistente sociale Federica Anghinolfi. E proprio grazie ai buoni uffici di quest'ultima, Fadia - assieme alla sua attuale compagna Daniela Bedogni (con cui è unita civilmente) - aveva ottenuto in affidamento una bambina, la piccola Katia, che ora è stata tolta alla coppia per maltrattamenti.
Come la Anghinolfi, anche la Bassmaji è - secondo il gip di Reggio Emilia - «assai attiva» nel mondo arcobaleno. In particolare, si è dedicata alla promozione dell'affido a coppie Lgbt, molto spesso all'interno di eventi sponsorizzati o comunque sostenuti dalle amministrazioni rosse. Eventi come quello che si è tenuto il 26 marzo scorso.
In quel frangente non si parlava di affido, bensì di un altro argomento che al mondo arcobaleno sta molto a cuore: l'educazione sessuale. Scopo dell'incontro, infatti, era quello di celebrare «W l'amore». Si tratta di un «progetto sperimentale» che la Regione Emilia Romagna ha lanciato nel 2013 (e giunto alla 6 edizione) per «l'educazione all'affettività e alla sessualità nei preadolescenti delle scuole secondarie di primo grado».
Tale progetto, ha spiegato Silvana Borsari (referente per l'Area materno infantile della Regione Emilia Romagna) presentava un aspetto particolarmente innovativo: «Il target di età più basso (13-14 anni) rispetto a quello fino ad allora di riferimento». Insomma, stiamo parlando di un corso di educazione sessuale che si tiene nelle scuole e si rivolge ai giovanissimi. A quanto risulta, nel corso degli anni l'età dei piccoli destinatari è ulteriormente scesa. Sul sito di «W l'amore», infatti, si trova materiale studiato anche per ragazzini dagli 8 ai 12 anni.
È sempre il sito a mostrare con chiarezza quale sia l'orientamento ideologico di tutta l'iniziativa. Entrando nella sezione adolescenti, subito si apre una finestrella che propaganda la contraccezione gratuita in Emilia Romagna. E basta un paio di clic per trovare la pagina in cui si spiega che «in Italia le ragazze minorenni possono prendere i contraccettivi e la pillola del giorno dopo, anche senza dirlo ai genitori. È una cosa possibile per legge (194/78). Contatta lo spazio giovani più vicino a te tempestivamente se hai avuto un rapporto sessuale non protetto». Si trovano poi materiali informativi sulla masturbazione e sugli anticoncezionali in genere, sono consigliati film e serie da vedere. Soprattutto, però, ovunque sono presenti riferimenti alle differenze di genere e orientamento sessuale. Per farla breve, potremmo dire che «W l'amore» è il prototipo del «corso gender». Che sia questo l'approccio si evince anche da un volume uscito nel 2018 e intitolato Percorsi di educazione affettiva e sessuale per preadolescenti. Il progetto «W l'amore» (Erickson). Il testo in questione è curato da Loretta Raffuzzi assieme a Paola Marmocchi ed Eleonora Strazzari dell'Azienda Usl di Bologna, ovvero le due responsabili regionali di tutto l'ambaradan.
Nel libro troviamo un ampio capitolo curato da Margherita Graglia, coordinatrice del Tavolo interistituzionale per il contrasto all'omotransnegatività e per l'inclusione delle persone Lgbt del Comune di Reggio Emilia.Sll'omotransnegatività, infatti, il progetto «W l'amore» insiste particolarmente. La Graglia spiega che l'omotransnegatività «costituisce il fattore di rischio maggiore per la salute delle persone Lgbt», specie se adolescenti. Chi ne è vittima, precisa la signora, sperimenta lo «stress da minoranza», caratterizzato «non solo dalle esperienze dirette di discriminazione (discriminazione esperita), ma anche dalla paura di poterle subire (discriminazione anticipata)». Dunque l'omotransnegatività va sradicata subito: «Risulta necessario che gli educatori, gli insegnanti e le famiglie siano adeguatamente (in)formati sui temi dell'identità sessuale, rimuovendo stereotipi e pregiudizi personali». Insomma: serve una bella rieducazione arcobaleno, e «W l'amore» è perfetto per raggiungere l'obiettivo.
Il lavoro da fare, tuttavia, è ancora parecchio, come chiarisce, sempre nel volume succitato, l'antropologa Nicoletta Landi. Costei è stata invitata a seguire «W l'amore» e a produrre riflessioni in proposito. Sentendo parlare gli operatori e gli insegnanti coinvolti nel progetto, la studiosa ha «spesso percepito una visione di tipo eteronormativo». Già: l'approccio non era abbastanza arcobaleno per i suoi gusti. Inoltre - anche se parlano di sesso e masturbazione - i corsi non scendono abbastanza nello specifico.
La Landi, infatti, ha dovuto far notare alcune carenze a un'operatrice coinvolta in «W l'amore»: «Perché quando parlate di penetrazione considerate solo quella genitale tra un uomo e una donna? Perché non parlare anche di sesso anale o di uso di sex toys tra magari due ragazze?». E certo: un bel corso sull'uso dei vibratori a scuola sarebbe sicuramente molto apprezzato.
Ecco, questo è il progetto che Fadia Bassmaji, indagata di «Angeli e demoni», ha sponsorizzato il 26 marzo. Assieme a lei c'era l'immancabile Roberta Mori. Cioè la stessa esponente Pd che celebrava il modello Bibbiano e la stessa che, oggi, battaglia perché passi la legge bavaglio regionale sull'omotransnegatività. Sempre gli stessi nomi, sempre lo stesso ambiente: e vengono pure a dirci che, in tutta questa brutta storia, l'ideologia e la politica non c'entrano nulla...
Su eventi Lgbt e «servizi esemplari» è sempre il Pd a metterci il cappello
Dal Partito democratico continuano a far finta di nulla. Oppure, se proprio si sono esposti troppo nel recente passato, tentano qualche difesa d'ufficio. Ci sono esponenti dem che a partire dall'inaugurazione del centro La Cura di Bibbiano, teatro dell'inchiesta «Angeli e demoni», si sono trovati spesso a braccetto con alcuni degli indagati. Un esempio. Mentre Fadia Bassmaji, la mamma della coppia Lgbt di «Angeli e demoni», promuoveva l'educazione sentimentale nelle scuole, l'inchiesta racconta che lavorava ai fianchi, con l'assistente sociale e con la sua nuova compagna, la bambina che le avevano affidato per demolire l'affetto per i veri genitori. A marzo l'ultimo convegno: «W l'amore». Con i soliti patrocini, primi fra tutti Sinistra italiana e Arcigay. Al fianco della signora Bassmaji c'erano due insegnanti e Roberta Mori, presidente della Commissione per le pari opportunità della Regione Emilia Romagna, tra i promotori della legge sull'omotransnegatività, candidata Pd alle scorse elezioni europee e indicata dal sito Votoarcobaleno come candidato gayfriendly, che tra un gazebo per la campagna di adesione alla Conferenza nazionale delle donne dem, un retweet di Nicola Zingaretti, una prima pagina dell'Espresso contro Matteo Salvini e un tweet con le dichiarazioni dell'avvocato di Carola Rackete, senza tralasciare un articolo approfondito sull'icona Lgbt Lady Oscar per celebrare l'anniversario della presa della Bastiglia, non ha mai nascosto certe simpatie.
Tanto da finire, proprio insieme a Bassmaji, in un video che documentava un interessante convegno. Il luogo delle riprese è l'epicentro dello scandalo sugli affidi illegali, la Val d'Enza. Il paese è Bibbiano, quello del sindaco finito ai domiciliari, Andrea Carletti. Nel Teatro Metropolis il 26 maggio 2016 viene registrato «Quando la notte abita il giorno». Sottotitolo: «L'ascolto del minore vittima di abuso sessuale e maltrattamento. Sospetto, rivelazione, assistenza e giustizia». Patrocinio della Provincia Reggio Emilia e della Regione Emilia Romagna. La regista è Bassmaj. All'incontro partecipano alcuni dei protagonisti dell'inchiesta. Uno su tutti, il guru della onlus Hansel e Gretel, Claudio Foti (anche lui finito ai domiciliari), Fausto Nicolini, direttore generale dell'Ausl di Reggio Emilia (indagato per abuso d'ufficio).
Roberta Mori interviene per 5 minuti. Il suo è un endorsement «all'esperienza esemplare» di «prevenzione e contrasto della violenza» messa in campo con il modello Val d'Enza. Ossia il Sistema di Angeli e demoni. Un'esperienza che all'epoca la Mori riteneva «esemplare per tutta la regione Emilia Romagna». Ed è per questo che nell'incipit dell'intervento e nelle conclusioni ringrazia gli amministratori. Uno dei quali ai domiciliari e altri due indagati. «Tra i plausi», scrivono sul sito web di Radio Spada, «di Federica Anghinolfi (la responsabile del servizio sociale dell'Unione della Val d'Enza finita nell'inchiesta, ndr). Il tutto con neoconsiglieri ed ex assessori comunali Pd». E non è l'unico incontro pubblico con la stessa squadra in campo. È nel settembre 2016 che la Mori partecipa all'inaugurazione del centro La Cura, con tanto di saluti introduttivi del sindaco Carletti. Ma non è necessario andare troppo indietro nel tempo per documentare le relazioni.
Uno degli eventi più recenti a cui la signora Bassmaji ha partecipato è il convegno «Affido e adozioni nel mondo Lgbt», andato in scena al Cassero di Bologna il 13 giugno scorso. Quando la Bassmaji ha pubblicato su Facebook la notizia dell'evento, qualcuno sotto ha commentato: «Ottima iniziativa da replicare a Reggio Emilia».
L'idea è molto piaciuta anche a Roberta Mori, che ha commentato pubblicando un grosso cuore arcobaleno. E dopo tutto questo sostegno fare un passo indietro forse è diventato imbarazzante. E allora il 6 luglio, nonostante i contenuti dell'inchiesta «Angeli e demoni» fossero già sui giornali, Mori ha continuato a difendere il modello che tanto le piaceva: «Il sistema dei nostri servizi contribuisce alla tenuta sociale». E il sito web Reggionline ha sottolineato che la presidente della Commissione Parità «non ci sta a vedere messa in dubbio la validità di un sistema sociale che ha contribuito a fare dell'Emilia Romagna un esempio in Italia e non solo».
Cristina Fantinati, commissaria provinciale di Reggio Emilia di Forza Italia, ha ricordato, a proposito delle componenti Pd che sostenevano il modello Val d'Enza, citando anche Roberta Mori, che «probabilmente erano tutti in buona fede, probabilmente hanno preso tutti un abbaglio, probabilmente nessuno si era mai accorto di nulla, ma la responsabilità politica c'è tutta ed è gravissima».
E Roberta Mori, dal canto suo, su Twitter postava: «Riconoscere un errore e scusarsi è un'azione importantissima, trasforma un paradigma, ripara antiche ferite, rende possibile l'elaborazione collettiva di un pregiudizio e delle sue ripercussioni traumatiche». La frase era dell'American psychoanalytic association che si scusava per aver, sottolinea Mori, «patologizzato Lgbt». Parole che, però, dovrebbero valere anche per Bibbiano e per gli affidi illeciti.
Fabio Amendolara
«L’Espresso» schiera l’amico di Foti
Voi credevate che lo scandalo di Bibbiano fosse sparito dai giornaloni. E invece no. Prima, è arrivato il Corriere della Sera, che spiegava come gli assistenti sociali emiliani avessero inventato gli abusi delle famiglie in Val d'Enza solo perché, da piccoli, erano stati a loro volta abusati. Poi, L'Espresso, che ospita un commento dello psichiatra Luigi Cancrini, ex deputato comunista, già vicepresidente della Commissione parlamentare infanzia e socio del Cismai, il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia. Un'associazione la cui sigla compare in quasi tutti i recenti casi di abusi sui minori. A partire da Veleno: una ginecologa, all'epoca vicina al Cismai, lavorava a stretto contatto con l'ex moglie di Claudio Foti, il direttore scientifico del centro Hansel e Gretel. E, ancora, le consulenti del tribunale di Torino, la psicologa dei servizi sociali di Mirandola, Valeria Donati e le sue colleghe emiliane, avevano fatto parte, o avevano seguito i corsi di formazione, proprio del Cismai. L'ente si è attirato, negli anni, anche numerose critiche dalla comunità scientifica. In molti, infatti, hanno rilevato che le sue linee guida sull'ascolto dei bambini tendono a far affiorare gli abusi pure dove non ci sono: basta indulgere nelle cosiddette «domande suggestive» («dove ti ha toccato papà?», il che implica che papà ti abbia toccato).
Ebbene, che cosa s'è inventato ora il settimanale di Marco Damilano? Due pagine in cui Cancrini prova a smorzare i toni, lamentando che «Angeli e demoni» ha scatenato «uno scontro ideologico» che mina «la capacità di riflettere». Alla fine della giostra, viene fuori che il vero pericolo non sono gli assistenti sociali che strappano i figli ai genitori con false accuse di violenze, bensì le «famiglie maltrattanti». Osserva Cancrini: «A subire maltrattamenti in famiglia sono il 9,5% dei bambini italiani e più del 90% degli abusi sessuali su minori avvengono dentro le famiglie». Siamo alle solite: sono mamme e papà «tradizionali» l'origine del male. Sarà per questa endemica diffusione della violenza in famiglia, per «l'enormità di un problema da affrontare con tutta l'urgenza che merita», che «fra gli operatori» si è creato «un clima di vicinanza eccessiva alla sofferenza dei bambini», tale da portare «alcuni di loro a immaginare degli abusi e a non valutare con sufficiente pazienza le risorse dei loro genitori».
E che volete che sia. Le famiglie «naturali» sono talmente inclini a maltrattare i figli, che è normale se gli assistenti sociali «immaginano» pure le violenze che non esistono e non ascoltano «con sufficiente pazienza» i genitori. Vorrete mica prendervela con loro? Vorrete mica contestare l'affido di una bimba, da parte dell'attivista Lgbt Federica Anghinolfi, alla sua ex amante lesbica e alla nuova compagna, che poi hanno «imposto un orientamento sessuale» alla ragazzina, con un comportamento che il gip ha definito «ideologicamente e ossessivamente orientato? Vorrete mica insinuare che c'è un mercimonio di bambini? Folli! Cancrini, anzi, ci rassicura persino sul risvolto più impressionante dello scandalo di Bibbiano, quello della fabbricazione di falsi ricordi nel bambino attraverso strumentazioni elettriche: «Anche nel caso in cui un terapeuta decide di indurre in lui una leggera trance (utilizzando tecniche del tipo Emdr, che io non uso, ma di cui ho tuttavia un grande rispetto), la possibilità di indurre in lui dei ricordi falsi è sostanzialmente assente». Ecco: sono tecniche di cui avere «grande rispetto».
Eppure, l'assurdità più grande è un'altra. Ed è che L'Espresso chiami a minimizzare il caso in cui è coinvolto il dominus di Hansel e Gretel, Claudio Foti… un amico di Claudio Foti. Già, perché che Cancrini e Foti fossero, da anni, almeno professionalmente vicini, è evidente. Nel lontano giugno del 2004, ad esempio, parteciparono insieme a un convegno in Campidoglio a Roma, tra i cui organizzatori figurava il centro Hansel e Gretel. Nel 2010, erano entrambi al V congresso del Cismai a Taormina. Nel 2014, intervennero nello stesso ciclo di conferenze a Pirri (Cagliari), organizzato dalla fondazione Domus de luna, di cui Cancrini era direttore scientifico. Nel 2013, un nuovo congresso del Cismai, al Lingotto di Torino, entrambi relatori lo stesso giorno. In parole povere, è un po' come se L'Espresso avesse chiamato il Gatto a difendere la Volpe.
E meno male che Cancrini chiede «una campagna stampa» sull'emergenza dei bambini maltrattati. La campagna stampa serve ai minori, o ai (presunti) orchi di Bibbiano?
Alessandro Rico
L’Emilia crea una commissione per assolversi
Dovrebbe essere una «commissione tecnica» formata da esperti super partes, capace di valutare «l'intero sistema di tutela dei minori» e individuare «le eventuali falle e distorsioni» a protezione dei più piccoli. Peccato che tutti i suoi membri abbiano lavorato, fino ad oggi, non solo nel medesimo ambito ma anche nello stesso territorio di coloro dei quali ora sono chiamati a dare un giudizio. La Regione Emilia Romagna, sull'onda dello scandalo sui bambini rubati, emerso con l'inchiesta Angeli e Demoni ha optato per una reazione d'ufficio. Da un lato il Pd ha fatto calare il silenzio sui legami strettissimi della sinistra con i servizi e i soggetti coinvolti, dall'altro il presidente, Stefano Bonaccini, ha giocato la carta istituzionale della commissione d'inchiesta. I nomi chiamati a giudicare l'operato di quel pool di psicologi, assistenti sociali, neuropsichiatri e operatori che secondo gli inquirenti avrebbero creato un sistema tentacolare, intessendo rapporti oltre il lecito con le più disparate figure e con la complicità della politica sono professionisti che lavorano nell'ambito dell'infanzia e nel territorio regionale e, a loro volta, sono stati indicati dall'assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi. Il coordinatore è Giuliano Limonta, neuropsichiatra infantile, già direttore del dipartimento di Salute mentale e delle dipendenze patologiche dell'Azienda sanitaria di Piacenza e di coordinatore dei programmi aziendali per i disturbi del comportamento alimentare dell'area Vasta Emilia Nord (Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena). Gli altri membri del gruppo di lavoro sono: Susi Pelotti, professoressa ordinaria e direttrice della Scuola di specializzazione di Medicina legale dell'Università di Bologna; Francesca Mantovani, ricercatrice dell'Università di Bologna su valutazione delle capacità genitoriali nei casi di rischio e di pregiudizio e valutazione delle cure parentali attraverso l'utilizzo di strumenti e un lavoro multidisciplinare; Filippo Dario Vinci, avvocato, responsabile dell'Ufficio metropolitano tutele del Comune di Bologna e coordinatore del Tavolo metropolitano sui temi tutelari; Stefano Costa, neuropsichiatra infantile nell'Azienda sanitaria di Bologna; Pietro Pellegrini, psichiatria e psicoterapeuta direttore di Unità operativa complessa del Centro di salute mentale e di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Azienda sanitaria di Parma. E ancora provengono dalla Regione Emilia-Romagna, le dottoresse Maura Forni, responsabile del Servizio politiche sociali e Mila Ferri, responsabile del Servizio salute mentale.
Alessia Pedrielli
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Fadia Bassmaji, protagonista dell'inchiesta di Reggio Emilia, promuoveva il progetto pro Lgbt «W l'amore» per i ragazzini.La dem Roberta Mori era una presenza costante agli incontri organizzati dal giro della Val d'Enza. Sia che si trattasse di attività rivolte a bambini e adolescenti, sia che fossero in gioco temi arcobaleno.Sul settimanale, lo psichiatra Luigi Cancrini, socio Cismai, minimizza i fatti di Bibbiano Peccato che abbia partecipato a numerosi convegni assieme al capo di Hansel e Gretel.A indagare sulla gestione dei minorenni sono stati chiamati solo esperti «interni».Lo speciale contiene quattro articoli Martedì 26 marzo, a Reggio Emilia, si tiene un convegno intitolato: «W l'amore. Facciamo il punto». Sulla locandina si può leggere: «Per contrastare la violenza in tutte le sue forme è necessario che nelle scuole sia inclusa, tra le discipline, l'educazione sentimentale, affettiva, sessuale, alle relazioni e alle differenze di genere». A promuovere l'evento sono Sinistra italiana, Arcigay, Rete degli studenti e altri. Sul sito di Radio Spada (radiospada.org) potete trovare un ampio servizio che contiene anche filmati dell'incontro. A prima vista, sembra trattarsi del consueto dibattito fra illuminati progressisti sui temi della sessualità, con l'immancabile orientamento Lgbt. Ma, in questo caso, c'è anche qualcosa di più. Al tavolo dei relatori - prima a prendere la parola - c'è una donna di nome Fadia Bassmaji. È lei a coordinare la discussione. Ed è sempre lei a contribuire all'organizzazione dell'evento tramite Sinonimia, la sua società che «organizza eventi, progetti culturali, fornisce consulenze per Comuni e associazioni». Il nome della Bassmaji probabilmente non vi suonerà nuovo. La signora, infatti, è una dei protagonisti dell'inchiesta «Angeli e demoni», in qualità di indagata. La nostra, in passato, ha avuto una relazione sentimentale con l'assistente sociale Federica Anghinolfi. E proprio grazie ai buoni uffici di quest'ultima, Fadia - assieme alla sua attuale compagna Daniela Bedogni (con cui è unita civilmente) - aveva ottenuto in affidamento una bambina, la piccola Katia, che ora è stata tolta alla coppia per maltrattamenti. Come la Anghinolfi, anche la Bassmaji è - secondo il gip di Reggio Emilia - «assai attiva» nel mondo arcobaleno. In particolare, si è dedicata alla promozione dell'affido a coppie Lgbt, molto spesso all'interno di eventi sponsorizzati o comunque sostenuti dalle amministrazioni rosse. Eventi come quello che si è tenuto il 26 marzo scorso. In quel frangente non si parlava di affido, bensì di un altro argomento che al mondo arcobaleno sta molto a cuore: l'educazione sessuale. Scopo dell'incontro, infatti, era quello di celebrare «W l'amore». Si tratta di un «progetto sperimentale» che la Regione Emilia Romagna ha lanciato nel 2013 (e giunto alla 6 edizione) per «l'educazione all'affettività e alla sessualità nei preadolescenti delle scuole secondarie di primo grado». Tale progetto, ha spiegato Silvana Borsari (referente per l'Area materno infantile della Regione Emilia Romagna) presentava un aspetto particolarmente innovativo: «Il target di età più basso (13-14 anni) rispetto a quello fino ad allora di riferimento». Insomma, stiamo parlando di un corso di educazione sessuale che si tiene nelle scuole e si rivolge ai giovanissimi. A quanto risulta, nel corso degli anni l'età dei piccoli destinatari è ulteriormente scesa. Sul sito di «W l'amore», infatti, si trova materiale studiato anche per ragazzini dagli 8 ai 12 anni. È sempre il sito a mostrare con chiarezza quale sia l'orientamento ideologico di tutta l'iniziativa. Entrando nella sezione adolescenti, subito si apre una finestrella che propaganda la contraccezione gratuita in Emilia Romagna. E basta un paio di clic per trovare la pagina in cui si spiega che «in Italia le ragazze minorenni possono prendere i contraccettivi e la pillola del giorno dopo, anche senza dirlo ai genitori. È una cosa possibile per legge (194/78). Contatta lo spazio giovani più vicino a te tempestivamente se hai avuto un rapporto sessuale non protetto». Si trovano poi materiali informativi sulla masturbazione e sugli anticoncezionali in genere, sono consigliati film e serie da vedere. Soprattutto, però, ovunque sono presenti riferimenti alle differenze di genere e orientamento sessuale. Per farla breve, potremmo dire che «W l'amore» è il prototipo del «corso gender». Che sia questo l'approccio si evince anche da un volume uscito nel 2018 e intitolato Percorsi di educazione affettiva e sessuale per preadolescenti. Il progetto «W l'amore» (Erickson). Il testo in questione è curato da Loretta Raffuzzi assieme a Paola Marmocchi ed Eleonora Strazzari dell'Azienda Usl di Bologna, ovvero le due responsabili regionali di tutto l'ambaradan. Nel libro troviamo un ampio capitolo curato da Margherita Graglia, coordinatrice del Tavolo interistituzionale per il contrasto all'omotransnegatività e per l'inclusione delle persone Lgbt del Comune di Reggio Emilia.Sll'omotransnegatività, infatti, il progetto «W l'amore» insiste particolarmente. La Graglia spiega che l'omotransnegatività «costituisce il fattore di rischio maggiore per la salute delle persone Lgbt», specie se adolescenti. Chi ne è vittima, precisa la signora, sperimenta lo «stress da minoranza», caratterizzato «non solo dalle esperienze dirette di discriminazione (discriminazione esperita), ma anche dalla paura di poterle subire (discriminazione anticipata)». Dunque l'omotransnegatività va sradicata subito: «Risulta necessario che gli educatori, gli insegnanti e le famiglie siano adeguatamente (in)formati sui temi dell'identità sessuale, rimuovendo stereotipi e pregiudizi personali». Insomma: serve una bella rieducazione arcobaleno, e «W l'amore» è perfetto per raggiungere l'obiettivo. Il lavoro da fare, tuttavia, è ancora parecchio, come chiarisce, sempre nel volume succitato, l'antropologa Nicoletta Landi. Costei è stata invitata a seguire «W l'amore» e a produrre riflessioni in proposito. Sentendo parlare gli operatori e gli insegnanti coinvolti nel progetto, la studiosa ha «spesso percepito una visione di tipo eteronormativo». Già: l'approccio non era abbastanza arcobaleno per i suoi gusti. Inoltre - anche se parlano di sesso e masturbazione - i corsi non scendono abbastanza nello specifico. La Landi, infatti, ha dovuto far notare alcune carenze a un'operatrice coinvolta in «W l'amore»: «Perché quando parlate di penetrazione considerate solo quella genitale tra un uomo e una donna? Perché non parlare anche di sesso anale o di uso di sex toys tra magari due ragazze?». E certo: un bel corso sull'uso dei vibratori a scuola sarebbe sicuramente molto apprezzato. Ecco, questo è il progetto che Fadia Bassmaji, indagata di «Angeli e demoni», ha sponsorizzato il 26 marzo. Assieme a lei c'era l'immancabile Roberta Mori. Cioè la stessa esponente Pd che celebrava il modello Bibbiano e la stessa che, oggi, battaglia perché passi la legge bavaglio regionale sull'omotransnegatività. Sempre gli stessi nomi, sempre lo stesso ambiente: e vengono pure a dirci che, in tutta questa brutta storia, l'ideologia e la politica non c'entrano nulla...<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lindagata-di-bibbiano-faceva-campagna-per-il-corso-gender-nelle-scuole-emiliane-2639198979.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="su-eventi-lgbt-e-servizi-esemplari-e-sempre-il-pd-a-metterci-il-cappello" data-post-id="2639198979" data-published-at="1766968247" data-use-pagination="False"> Su eventi Lgbt e «servizi esemplari» è sempre il Pd a metterci il cappello Dal Partito democratico continuano a far finta di nulla. Oppure, se proprio si sono esposti troppo nel recente passato, tentano qualche difesa d'ufficio. Ci sono esponenti dem che a partire dall'inaugurazione del centro La Cura di Bibbiano, teatro dell'inchiesta «Angeli e demoni», si sono trovati spesso a braccetto con alcuni degli indagati. Un esempio. Mentre Fadia Bassmaji, la mamma della coppia Lgbt di «Angeli e demoni», promuoveva l'educazione sentimentale nelle scuole, l'inchiesta racconta che lavorava ai fianchi, con l'assistente sociale e con la sua nuova compagna, la bambina che le avevano affidato per demolire l'affetto per i veri genitori. A marzo l'ultimo convegno: «W l'amore». Con i soliti patrocini, primi fra tutti Sinistra italiana e Arcigay. Al fianco della signora Bassmaji c'erano due insegnanti e Roberta Mori, presidente della Commissione per le pari opportunità della Regione Emilia Romagna, tra i promotori della legge sull'omotransnegatività, candidata Pd alle scorse elezioni europee e indicata dal sito Votoarcobaleno come candidato gayfriendly, che tra un gazebo per la campagna di adesione alla Conferenza nazionale delle donne dem, un retweet di Nicola Zingaretti, una prima pagina dell'Espresso contro Matteo Salvini e un tweet con le dichiarazioni dell'avvocato di Carola Rackete, senza tralasciare un articolo approfondito sull'icona Lgbt Lady Oscar per celebrare l'anniversario della presa della Bastiglia, non ha mai nascosto certe simpatie. Tanto da finire, proprio insieme a Bassmaji, in un video che documentava un interessante convegno. Il luogo delle riprese è l'epicentro dello scandalo sugli affidi illegali, la Val d'Enza. Il paese è Bibbiano, quello del sindaco finito ai domiciliari, Andrea Carletti. Nel Teatro Metropolis il 26 maggio 2016 viene registrato «Quando la notte abita il giorno». Sottotitolo: «L'ascolto del minore vittima di abuso sessuale e maltrattamento. Sospetto, rivelazione, assistenza e giustizia». Patrocinio della Provincia Reggio Emilia e della Regione Emilia Romagna. La regista è Bassmaj. All'incontro partecipano alcuni dei protagonisti dell'inchiesta. Uno su tutti, il guru della onlus Hansel e Gretel, Claudio Foti (anche lui finito ai domiciliari), Fausto Nicolini, direttore generale dell'Ausl di Reggio Emilia (indagato per abuso d'ufficio). Roberta Mori interviene per 5 minuti. Il suo è un endorsement «all'esperienza esemplare» di «prevenzione e contrasto della violenza» messa in campo con il modello Val d'Enza. Ossia il Sistema di Angeli e demoni. Un'esperienza che all'epoca la Mori riteneva «esemplare per tutta la regione Emilia Romagna». Ed è per questo che nell'incipit dell'intervento e nelle conclusioni ringrazia gli amministratori. Uno dei quali ai domiciliari e altri due indagati. «Tra i plausi», scrivono sul sito web di Radio Spada, «di Federica Anghinolfi (la responsabile del servizio sociale dell'Unione della Val d'Enza finita nell'inchiesta, ndr). Il tutto con neoconsiglieri ed ex assessori comunali Pd». E non è l'unico incontro pubblico con la stessa squadra in campo. È nel settembre 2016 che la Mori partecipa all'inaugurazione del centro La Cura, con tanto di saluti introduttivi del sindaco Carletti. Ma non è necessario andare troppo indietro nel tempo per documentare le relazioni. Uno degli eventi più recenti a cui la signora Bassmaji ha partecipato è il convegno «Affido e adozioni nel mondo Lgbt», andato in scena al Cassero di Bologna il 13 giugno scorso. Quando la Bassmaji ha pubblicato su Facebook la notizia dell'evento, qualcuno sotto ha commentato: «Ottima iniziativa da replicare a Reggio Emilia». L'idea è molto piaciuta anche a Roberta Mori, che ha commentato pubblicando un grosso cuore arcobaleno. E dopo tutto questo sostegno fare un passo indietro forse è diventato imbarazzante. E allora il 6 luglio, nonostante i contenuti dell'inchiesta «Angeli e demoni» fossero già sui giornali, Mori ha continuato a difendere il modello che tanto le piaceva: «Il sistema dei nostri servizi contribuisce alla tenuta sociale». E il sito web Reggionline ha sottolineato che la presidente della Commissione Parità «non ci sta a vedere messa in dubbio la validità di un sistema sociale che ha contribuito a fare dell'Emilia Romagna un esempio in Italia e non solo». Cristina Fantinati, commissaria provinciale di Reggio Emilia di Forza Italia, ha ricordato, a proposito delle componenti Pd che sostenevano il modello Val d'Enza, citando anche Roberta Mori, che «probabilmente erano tutti in buona fede, probabilmente hanno preso tutti un abbaglio, probabilmente nessuno si era mai accorto di nulla, ma la responsabilità politica c'è tutta ed è gravissima». E Roberta Mori, dal canto suo, su Twitter postava: «Riconoscere un errore e scusarsi è un'azione importantissima, trasforma un paradigma, ripara antiche ferite, rende possibile l'elaborazione collettiva di un pregiudizio e delle sue ripercussioni traumatiche». La frase era dell'American psychoanalytic association che si scusava per aver, sottolinea Mori, «patologizzato Lgbt». Parole che, però, dovrebbero valere anche per Bibbiano e per gli affidi illeciti. Fabio Amendolara <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lindagata-di-bibbiano-faceva-campagna-per-il-corso-gender-nelle-scuole-emiliane-2639198979.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="lespresso-schiera-lamico-di-foti" data-post-id="2639198979" data-published-at="1766968247" data-use-pagination="False"> «L’Espresso» schiera l’amico di Foti Voi credevate che lo scandalo di Bibbiano fosse sparito dai giornaloni. E invece no. Prima, è arrivato il Corriere della Sera, che spiegava come gli assistenti sociali emiliani avessero inventato gli abusi delle famiglie in Val d'Enza solo perché, da piccoli, erano stati a loro volta abusati. Poi, L'Espresso, che ospita un commento dello psichiatra Luigi Cancrini, ex deputato comunista, già vicepresidente della Commissione parlamentare infanzia e socio del Cismai, il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia. Un'associazione la cui sigla compare in quasi tutti i recenti casi di abusi sui minori. A partire da Veleno: una ginecologa, all'epoca vicina al Cismai, lavorava a stretto contatto con l'ex moglie di Claudio Foti, il direttore scientifico del centro Hansel e Gretel. E, ancora, le consulenti del tribunale di Torino, la psicologa dei servizi sociali di Mirandola, Valeria Donati e le sue colleghe emiliane, avevano fatto parte, o avevano seguito i corsi di formazione, proprio del Cismai. L'ente si è attirato, negli anni, anche numerose critiche dalla comunità scientifica. In molti, infatti, hanno rilevato che le sue linee guida sull'ascolto dei bambini tendono a far affiorare gli abusi pure dove non ci sono: basta indulgere nelle cosiddette «domande suggestive» («dove ti ha toccato papà?», il che implica che papà ti abbia toccato). Ebbene, che cosa s'è inventato ora il settimanale di Marco Damilano? Due pagine in cui Cancrini prova a smorzare i toni, lamentando che «Angeli e demoni» ha scatenato «uno scontro ideologico» che mina «la capacità di riflettere». Alla fine della giostra, viene fuori che il vero pericolo non sono gli assistenti sociali che strappano i figli ai genitori con false accuse di violenze, bensì le «famiglie maltrattanti». Osserva Cancrini: «A subire maltrattamenti in famiglia sono il 9,5% dei bambini italiani e più del 90% degli abusi sessuali su minori avvengono dentro le famiglie». Siamo alle solite: sono mamme e papà «tradizionali» l'origine del male. Sarà per questa endemica diffusione della violenza in famiglia, per «l'enormità di un problema da affrontare con tutta l'urgenza che merita», che «fra gli operatori» si è creato «un clima di vicinanza eccessiva alla sofferenza dei bambini», tale da portare «alcuni di loro a immaginare degli abusi e a non valutare con sufficiente pazienza le risorse dei loro genitori». E che volete che sia. Le famiglie «naturali» sono talmente inclini a maltrattare i figli, che è normale se gli assistenti sociali «immaginano» pure le violenze che non esistono e non ascoltano «con sufficiente pazienza» i genitori. Vorrete mica prendervela con loro? Vorrete mica contestare l'affido di una bimba, da parte dell'attivista Lgbt Federica Anghinolfi, alla sua ex amante lesbica e alla nuova compagna, che poi hanno «imposto un orientamento sessuale» alla ragazzina, con un comportamento che il gip ha definito «ideologicamente e ossessivamente orientato? Vorrete mica insinuare che c'è un mercimonio di bambini? Folli! Cancrini, anzi, ci rassicura persino sul risvolto più impressionante dello scandalo di Bibbiano, quello della fabbricazione di falsi ricordi nel bambino attraverso strumentazioni elettriche: «Anche nel caso in cui un terapeuta decide di indurre in lui una leggera trance (utilizzando tecniche del tipo Emdr, che io non uso, ma di cui ho tuttavia un grande rispetto), la possibilità di indurre in lui dei ricordi falsi è sostanzialmente assente». Ecco: sono tecniche di cui avere «grande rispetto». Eppure, l'assurdità più grande è un'altra. Ed è che L'Espresso chiami a minimizzare il caso in cui è coinvolto il dominus di Hansel e Gretel, Claudio Foti… un amico di Claudio Foti. Già, perché che Cancrini e Foti fossero, da anni, almeno professionalmente vicini, è evidente. Nel lontano giugno del 2004, ad esempio, parteciparono insieme a un convegno in Campidoglio a Roma, tra i cui organizzatori figurava il centro Hansel e Gretel. Nel 2010, erano entrambi al V congresso del Cismai a Taormina. Nel 2014, intervennero nello stesso ciclo di conferenze a Pirri (Cagliari), organizzato dalla fondazione Domus de luna, di cui Cancrini era direttore scientifico. Nel 2013, un nuovo congresso del Cismai, al Lingotto di Torino, entrambi relatori lo stesso giorno. In parole povere, è un po' come se L'Espresso avesse chiamato il Gatto a difendere la Volpe. E meno male che Cancrini chiede «una campagna stampa» sull'emergenza dei bambini maltrattati. La campagna stampa serve ai minori, o ai (presunti) orchi di Bibbiano? Alessandro Rico <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lindagata-di-bibbiano-faceva-campagna-per-il-corso-gender-nelle-scuole-emiliane-2639198979.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="lemilia-crea-una-commissione-per-assolversi" data-post-id="2639198979" data-published-at="1766968247" data-use-pagination="False"> L’Emilia crea una commissione per assolversi Dovrebbe essere una «commissione tecnica» formata da esperti super partes, capace di valutare «l'intero sistema di tutela dei minori» e individuare «le eventuali falle e distorsioni» a protezione dei più piccoli. Peccato che tutti i suoi membri abbiano lavorato, fino ad oggi, non solo nel medesimo ambito ma anche nello stesso territorio di coloro dei quali ora sono chiamati a dare un giudizio. La Regione Emilia Romagna, sull'onda dello scandalo sui bambini rubati, emerso con l'inchiesta Angeli e Demoni ha optato per una reazione d'ufficio. Da un lato il Pd ha fatto calare il silenzio sui legami strettissimi della sinistra con i servizi e i soggetti coinvolti, dall'altro il presidente, Stefano Bonaccini, ha giocato la carta istituzionale della commissione d'inchiesta. I nomi chiamati a giudicare l'operato di quel pool di psicologi, assistenti sociali, neuropsichiatri e operatori che secondo gli inquirenti avrebbero creato un sistema tentacolare, intessendo rapporti oltre il lecito con le più disparate figure e con la complicità della politica sono professionisti che lavorano nell'ambito dell'infanzia e nel territorio regionale e, a loro volta, sono stati indicati dall'assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi. Il coordinatore è Giuliano Limonta, neuropsichiatra infantile, già direttore del dipartimento di Salute mentale e delle dipendenze patologiche dell'Azienda sanitaria di Piacenza e di coordinatore dei programmi aziendali per i disturbi del comportamento alimentare dell'area Vasta Emilia Nord (Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena). Gli altri membri del gruppo di lavoro sono: Susi Pelotti, professoressa ordinaria e direttrice della Scuola di specializzazione di Medicina legale dell'Università di Bologna; Francesca Mantovani, ricercatrice dell'Università di Bologna su valutazione delle capacità genitoriali nei casi di rischio e di pregiudizio e valutazione delle cure parentali attraverso l'utilizzo di strumenti e un lavoro multidisciplinare; Filippo Dario Vinci, avvocato, responsabile dell'Ufficio metropolitano tutele del Comune di Bologna e coordinatore del Tavolo metropolitano sui temi tutelari; Stefano Costa, neuropsichiatra infantile nell'Azienda sanitaria di Bologna; Pietro Pellegrini, psichiatria e psicoterapeuta direttore di Unità operativa complessa del Centro di salute mentale e di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Azienda sanitaria di Parma. E ancora provengono dalla Regione Emilia-Romagna, le dottoresse Maura Forni, responsabile del Servizio politiche sociali e Mila Ferri, responsabile del Servizio salute mentale. Alessia Pedrielli
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Femminismo è il vezzoso nome dato alla misandria occidentale, e la misandria è stato il mezzo per distruggere nel giro di due generazioni l’invincibile società occidentale giudaico-cristiana: le donne sempre vittime, i maschi sempre carnefici e soprattutto nemici. La «vera donna» si sente sorella di sconosciute, incluse cantanti mediocri che guadagnano cifre astronomiche mostrando la biancheria intima o la sua assenza, ma non deve avere linee di collaborazione o anche solo umana simpatia con il marito o il compagno. Il femminismo occidentale non è difesa delle donne, è misandria, odio per gli uomini. Il femminismo misandrico è un movimento creato a tavolino, con lo scopo di distruggere la famiglia, che è un’unità affettivo/economica con una sua intrinseca potenza: rende le persone non isolate, e quindi meno malleabili, tali da avere la forza di opporsi al potere dello Stato o del parastato. Il secondo scopo è abbattere i salari buttando sul mercato milioni di lavoratrici. Il terzo scopo è annientare le aree di lavoro non tassabile. Le donne a casa loro fanno lavori non tassabili: cucire, cucinare, costruire giocattoli, creare tende e vestiario, fare conserve, allevare bambini. Ora il loro lavoro è sostituito da supermercati, orrendi cibi precotti, con tutti i danni dei cibi processati, vestiario «made in China» fatto da schiavi sottopagati e soprattutto educatrici e insegnanti.
A ogni interazione madre-figlio, il cervello del bambino piccolo crea miliardi di sinapsi. Ogni interazione con l’estranea cui è affidato mentre mamma si sta facendo sfruttare da qualcuno in un posto di lavoro - e deve farlo perché il salario di papà è troppo basso - fabbrica molte meno sinapsi. Per i bambini, essere affidati a estranei al di sotto dei tre anni è un danno neurobiologico. Chi nega questa affermazione sta mentendo. Il bambino impara la regolazione delle emozioni sulla madre, ma per poter completare questo processo la madre deve essere presente. Con l’estranea cui è stato affidato, il processo non può realizzarsi. Inoltre, per quell’estranea il bambino è lavoro. Ci sono persone che amano il loro lavoro, altre che lo detestano: nel caso delle educatrici, quello che è detestato è il bambino. Ogni tanto bisogna mettere le videocamere per scoprire bambini picchiati o umiliati. La madre lavoratrice deve occuparsi del lavoro e quando alla sera torna a casa stanca e nervosa deve occuparsi del bambino, che alla sera, dopo ore e ore con estranee, è stanco e nervoso. Il peso è micidiale.
Le donne non mettono più al mondo figli. Il femminismo misandrico è stato creato per abbattere la natalità. Quando il bambino è malato, la mamma non può stare con lui. La presenza della madre fabbrica endorfine che potenziano il sistema immunitario. La sua assenza fabbrica cortisolo, ormone da stress che abbatte il sistema immunitario. Per poter essere affidato alle estranee del nido, il bambino deve essere sottoposto a un esavalente che in molte altre nazioni è vietato. Il 70% delle morti improvvise in culla avviene nella settimana successiva all’iniezione dell’esavalente. Perché le madri possano serenamente lavorare è stato creato il latte in polvere, pessimo prodotto che sostituisce il cibo perfetto dal punto di vista nutrizionale e immunologico che è il latte materno. È statisticamente dimostrata la differenza cognitiva e la migliore salute dei bambini allattati al seno. Dopo i tre anni un bambino potrebbe restarsene benissimo a casa sua; se proprio lo si vuole mandare all’asilo, sarebbe meglio non superare le due ore al giorno. Quando ha sei anni, il bambino dovrebbe andare in una scuola quattro ore, dalle 8.30 alle 12.30. Se la classe è fatta da bambini in maggioranza sereni e tutti della stessa madrelingua, come negli anni Cinquanta, quattro ore sono sufficienti.
Il bambino, messo sotto stress dalla mancanza cronica della madre, consegnato allo Stato per un numero spaventoso di ore, diventa un perfetto recipiente per la propaganda.
Le femministe hanno conquistato il diritto al lavoro. Il lavoro è una maledizione biblica. Anche l’aborto è una maledizione biblica e pure di quello hanno conquistato il diritto. Nella Cappella Sistina, Michelangelo ha rappresentato il momento in cui il serpente corrompe Eva con la mela: il serpente ha un volto di donna. Un’ intuizione geniale. Le donne hanno meno testosterone: questo le rende più accoglienti, permette la maternità, ma le rende meno capaci di battersi. Noi siamo meno capaci di combattere, cediamo più facilmente alla propaganda. Il vittimismo isterico del femminismo misandrico è stata la tentazione con cui le donne hanno annientato la invincibile civiltà giudaico-cristiana. Abbiamo ancora una generazione, forse una e mezza. Creperemo di denatalità e scemenze: tra due generazioni al massimo saremo una repubblica islamica. Il potere è stato tolto al pater familias, che era sporco brutto e cattivo, ma era comunque uno cui di quella donna e quei bambini importava, ed è stato consegnato allo Stato, una macchina burocratica cieca e stolida. Lo Stato decide quanti vaccini un bambino deve fare, mentre gli Ordini dei medici applicano la legge Lorenzin radiando tutti coloro che si permettono di parlare della criticità di questi farmaci. Lo Stato decide cosa un bambino deve mangiare: le orrende mense scolastiche dove si mangia pessimo cibo statale sono obbligatorie. Digitate su Google le parole mensa scolastica e tossinfezioni alimentari e troverete dati interessanti. I dati che mancano sono i danni su danni sul lungo periodo degli oli di bassa qualità, della conserva di pomodoro comprata dove costava meno (spesso sono pomodori coltivati in Cina con fertilizzanti pessimi). Lo Stato decide come il bambino deve vivere e se la famiglia si permette di farlo vivere felice in un bosco, lo Stato interviene. Lo Stato decide cosa il bambino deve pensare, perché l’etica gliela insegnano i docenti, quasi sempre femmine, che sono impiegati statali che eseguono gli ordini, le circolari, fanno corsi di aggiornamento Lgbt e hanno criminalizzato i ragazzi non vaccinati per il Covid.
Grazie al femminismo misandrico, in Italia, la disparità tra padre e madre è clamorosa: i padri sono esseri inferiori. La donna ha potere di vita e morte sul concepito, un potere osceno e criminale. Si considera criminale un padre che ha picchiato suo figlio, ma non si considera criminale una donna che ha fatto macellare il suo bambino nel suo ventre. Il potere che ha creato il femminismo misandrico vuole gli aborti, li adora. Se hai abbandonato il cane sei un bastando, se hai fatto uccidere tuo figlio nel tuo ventre sei un’eroina della libertà. Per far uccidere il bambino nel suo ventre, la donna ha bisogno di un medico, che diventa quindi un medico che sopprime vite umane. Il feto è vivo ed è umano. Chi lo sopprime, sta sopprimendo vite umane. Se la donna vuole abortire, il padre non può opporsi. La donna può abortire, ma il padre non può rifiutarsi di pagare gli alimenti, deve assumersi la responsabilità economica fino alla maggiore età (e spesso oltre), eredità garantita al figlio, un terzo del patrimonio che deve essere accantonato. La donna può rendere suo figlio orfano di padre: può partorirlo, disconoscerlo e impedire che il padre lo riconosca. Il padre, per riconoscere il figlio, deve arruolare uno o più avvocati, pagarli e imbarcarsi in una guerra giudiziaria lunga e dall’esito incerto. Mentre le donne sono normalmente aggredite da immigrati islamici, l’invasione che sostituisce il deficit demografico dei bambini abortiti, al punto che non si possono più fare manifestazioni in piazza come quelle di Capodanno, quando l’uomo è bianco e occidentale, la parola della donna in tribunale vale più di quella dell’uomo.
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Roberto Speranza (Ansa)
Sull’edizione del 7 marzo del 2023, Francesco Borgonovo riportava un eloquente scambio di messaggi tra l’allora presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, e il ministro Roberto Speranza, che si esprimeva così: «Dobbiamo chiudere le scuole. Ne sono sempre più convinto». Ma il giorno seguente Brusaferro notava: «Per chiusura scuola Cts critico». E il ministro incalzava: «Così ci mandate a sbattere». Dopo una serie di ulteriori scambi, Brusaferro cedeva: «Va bene. Domani bisognerà pensare a illustrare come il parere riporti principi ed elementi di letteratura e modellistica lasciando al Consiglio dei ministri le scelte». Tradotto: prima si prendeva la decisione, poi si trovava l’appiglio «scientifico».
L’audizione di Miozzo appare indubitabilmente sincera. L’esperto sottolinea il contesto emergenziale in cui agivano i commissari, mettendo in guardia dai «Soloni del senno di poi». Parla del Cts come punto di riferimento «mitologico», «di fatto chiamato a rispondere a qualsiasi tipo di richiesta e necessità» che «di sanitario avevano ben poco: la distanza tra i tavoli nei ristoranti, il numero di passeggeri all’interno di un autobus, la distanza tra i banchi di scuola». «Che ci azzeccavo io, medico esperto di emergenze internazionali, con la distanza degli ombrelloni al mare?», osserva. «Eppure dovevamo dare un’indicazione, che alla fine, in un modo o nell’altro, veniva fuori con l’intelligenza, con il buonsenso, con la lettura che di volta in volta si faceva del contesto nazionale e internazionale». Dato il vuoto decisionale, in buona sostanza, il Cts si è dovuto far carico di una serie di questioni lontane dalla sua competenza. E sbaglia, spiega Miozzo, chi ci ha visto un «generatore di norme, di leggi, di indirizzi e di potere decisionale, cosa che assolutamente non ha mai avuto»: «Quello che il Comitato elaborava come indicazioni tecnico-scientifiche era offerto al governo, che lo doveva tradurre in atti normativi». L’equivoco si verificò solo perché alcuni passaggi venivano copiati tali e quali nelle leggi.
Miozzo ribadisce a più riprese che il Cts forniva solo pareri sulla base di assunti scientifici necessariamente - visto il contesto - in divenire. La dinamica, però, appare chiaramente invertita: se un organo subisce pressioni politiche (fatto testimoniato sopra) e viene interpellato su questioni che esulano dalle proprie competenze, è perché esso viene usato per sottrarre decisioni politiche al dibattito democratico. Una strategia che non riguarda solo il Covid: in pandemia ha conosciuto il suo culmine, ma è iniziata ben prima e proseguita ben dopo: l’ideologia green ne è una dimostrazione plastica. E anche il prezzo di queste scelte scellerate, per usare le parole di Miozzo, lo abbiamo pagato e lo pagheremo ancora in futuro. Se si parla tanto di Covid, in fondo, è puramente per una questione di metodo.
Miozzo avanza almeno un’altra considerazione degna di nota quando spiega che il piano pandemico del 2006 era una «lettera morta negli archivi della nostra amministrazione». Nessuno lo conosceva, «non era mai stata fatta un’esercitazione e non era stato fatto l’acquisto di beni di pronto soccorso e di Dpi. Non c’era nulla». Una responsabilità che imputa ai ministri precedenti e non a Speranza. Ai fini del buon funzionamento della democrazia, è fondamentale stabilire le responsabilità: a tagliare i fondi alla sanità per un decennio, in nome di una presunta austerità espansiva richiesta dall’«Europa», sono stati governi sostenuti dalla sinistra che oggi bercia contro l’attuale esecutivo. Lo dicono i dati, lo raccontano le condizioni in cui ci siamo trovati ad affrontare la pandemia. Almeno e limitatamente all’impreparazione del piano pandemico, possiamo anche assolvere Speranza. Ma non possiamo assolvere il Partito democratico dall’aver ucciso la sanità italiana.
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A mettere nero su bianco qualche dato in grado di smontare le ultime illusioni sui vantaggi del motore a batteria, è l’Adiconsum che periodicamente fa un report sull’andamento delle tariffe di ricarica. Lo stato dell’infrastruttura è ancora carente. I punti di ricarica sono 70.272 di cui un 10% non è attivo. La maggioranza dei punti (53.000) è in corrente alternata (Ac) con potenza inferiore a 50 Kw mentre le ricariche ultra veloci sono meno di 5.000. Intraprendere un percorso in autostrada è da temerari: la copertura delle aree di servizio è ancora al 48% e ci sono solo 1.274 punti. Essere a secco di elettricità e beccare un paio di stazioni di servizio sprovviste di colonnine apre scenari da incubo. Quindi, nella pianificazione di un percorso, bisognerebbe anche avere contezza della distribuzione delle ricariche.
Ma veniamo ai costi. Il prezzo unico nazionale a novembre scorso era pari a 0,117 euro il Kwh, in aumento del 5% rispetto a ottobre 2025. I prezzi medi alla colonnina sono per la Ac (lenta e accelerata) di 0,63 euro al Kwh (in aumento di 1 centesimo rispetto a ottobre), per la veloce (Dc) di 0,75 euro /Kwh (+1 centesimo rispetto a ottobre) e per la ultra veloce (Hpc) di 0,76 euro/kwh (stazionario). Per le tariffe medie massime si arriva a 0,83 per ricariche Ac, 0,82 per la Dc e 1,01 per Hpc.
Il report di Adiconsum fa un confronto con i carburanti fossili e evidenza che la parità di costo con benzina e diesel si attesta mediamente tra 0,60 e 0,65 euro/kwh. Ma molte tariffe medie attuali, superano questa soglia di convenienza.
Inoltre esistono forti divergenze tra i prezzi minimi e massimi che nella ricarica ultra veloce possono arrivare fino a 1,01 euro /Kwh. L’associazione dei consumatori segnala tra le tariffe più convenienti per la Ac, Emobility (0,25 euro/Kwh) per la Dc, Evdc in roaming su Enel X Way (0,45 euro/Kwh) e per l’alta potenza, la Tesla Supercharger (0,32 euro/Kwh). La conclusione del report è che c’è un rincaro, anche se lieve delle ricariche più diffuse ovvero Ac e Dc e il consiglio dell’Adiconsum, è che a fronte dell’alta variabilità dei prezzi è fondamentale utilizzare le app dedicate per verificare quale operatore offre il prezzo più basso sulla singola colonnina.
Questo vuol dire che mentre all’estero, come ad esempio in Germania, si fa il pieno utilizzando semplicemente il bancomat o la carta di credito, come al self service dei distributori, in Italia bisogna scaricare una infinità di app, a seconda del fornitore o del gestore, con la complicazione delle informazioni di pagamento e della registrazione. Chi ha la ventura (o sventura) di aver scelto una full electric, deve fare la gimcana tra le varie app, studiando con la comparazione, la soluzione più vantaggiosa. Un bello stress.
Secondo i dati più recenti di Eurostat e Switcher.ie, mentre la media europea per un pieno si attesta intorno a 14 euro, in Italia la spesa media sale a circa 20,30 euro. Nel nostro Paese, come detto prima, la media di ricarica Ac è di 0,63 euro /Kwh, in Francia e Spagna si scende sotto gli 0,45-0,50 euro /Kwh. La ricarica ultra rapida che nelle nostre colonnine è di media 0,76 euro/Kwh con picchi sopra 1 euro, in Francia si mantiene mediamente intorno a 0,60 euro/Kwh. Il costo dell’energia all’ingrosso in Italia è tra i più alti d’Europa, inoltra l’Iva e le accise sull’energia elettrica ad uso di ricarica pubblica sono meno agevolate rispetto alla Francia dove l’Iva è al 5,5%. Inoltre l’Italia non prevede riduzioni degli oneri di sistema per le infrastrutture ad alta potenza.
C’è un altro elemento di divergenza tra l’Italia e il resto dell’Europa che non incentiva l’acquisto di un’auto elettrica, ed è la metodologia del pagamento. Il nostro Paese è il regno delle app e degli abbonamenti. La ricarica «spontanea» (senza registrazione) è rara e spesso molto costosa. In paesi come Olanda, Danimarca e Germania, il pieno è gestito più come un servizio di pubblica utilità «al volo». Con il regolamento europeo Afir, nel 2025 è diventato obbligatorio per le nuove colonnine fast permettere il pagamento con carta di credito/debito tramite Pos. In Nord Europa questa pratica è già la norma, riducendo la necessità di avere dieci app diverse sul telefono. Inoltre in Paesi tecnologicamente avanzati (Norvegia, Germania), è molto diffuso il sistema Plug & Charge: colleghi il cavo e l’auto comunica direttamente con la colonnina per il pagamento, senza bisogno di tessere o smartphone. In Italia, questa tecnologia è limitata quasi esclusivamente alla rete Tesla.
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