2019-06-01
L’incontro Lotti-Palamara sul pm di Consip
Il 9 maggio i due si videro per parlare dell'esposto contro Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo. Quest'ultimo indagò sull'ex ministro e su babbo Renzi. L'ex presidente dell'Anm accusato di corruzione: «Non ho mai preso soldi». Il guardasigilli Alfonso Bonafede manda gli ispettori a Roma.Su Repubblica, Corriere e Messaggero escono in ciclostile notizie sotto segreto.Lo speciale contiene due articoli.Perché Luca Lotti era interessato alle manovre contro il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo? Perché l'ex ministro renzianissimo ha incontrato Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione, senza avere alcun titolo personale né politico per occuparsi di giustizia? Paolo Ielo è il magistrato che insieme all'ex procuratore Giuseppe Pignatone lo ha fatto finire sotto processo, per favoreggiamento, nel caso Consip e che ha indagato anche su Tiziano Renzi (per cui è stata poi richiesta l'archiviazione).Nella ricostruzione dei pm di Perugia, è l'ipotetica vittima di un piano ritorsivo, ordito da Palamara (ex Anm e Csm) con l'aiuto di due magistrati indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreto: Stefano Fava e Luigi Spina (sospesosi da consigliere a Palazzo dei Marescialli). L'incontro tra Palamara e Lotti, a cui partecipano pure Spina e un altro parlamentare dem, l'ex sottosegretario Cosimo Ferri, è citato nel decreto di perquisizione a carico del pm romano. Un atto che impasta, in un unico scenario investigativo, episodi lontani tra loro nel tempo e nello spazio che talvolta sembrano apertamente contraddire i capi di imputazione. I pm perugini Milano e Formisano, infatti, contestano a Palamara di aver svenduto «la sua funzione di membro del Csm» in cambio di regali provenienti dal faccendiere Fabrizio Centofanti «a partire dall'anno 2011», ovvero prima - sono gli stessi pm a scriverlo - che Palamara fosse eletto nell'organo di autogoverno delle toghe (2014).Che cosa offriva dunque, in precedenza? Le ricostruzioni degli inquirenti sulle «ripetute utilità» donate al pm in alcuni casi sembrano traballanti, soprattutto in relazione ai viaggi. Quando Palamara vola a Dubai con l'amica Adele Attisani, è quest'ultima a intestarsi la fattura che viene pagata in parte «in contanti» e in parte con «carta di credito di Palamara». La Procura di Perugia «avanza dubbi» rispetto «alle date delle fatture» e al fatto che il pm e Centofanti avessero fatto da garanti per la liquidazione «a rate» dell'importo. Sempre in contanti è il pagamento per il soggiorno di Palamara e Attisani presso l'Hotel Fonteverde di San Casciano dei Bagni, dove alloggia anche Centofanti e dove la polizia giudiziaria trova un appunto che dice «Ognuno salda il proprio soggiorno». Analoga situazione per la vacanza a Favignana in cui gli investigatori, a fronte del pagamento cash, rilevano solo «alcune incongruenze». In occasione del soggiorno all'Hotel Campiglio Bellavista, Centofanti avrebbe corrisposto uno sconto del 30% sul totale e offerto la cena di Capodanno (456 euro) alla famiglia Palamara. Una sorta di corruzione al ribasso. Nel decreto c'è comunque scritto chiaramente che «non erano emersi […] contatti telefonici tra Centofanti e Palamara». Esistono invece i rapporti tra Adele Attisani e Centofanti. La donna è spesso ospite della vettura con autista del presunto corruttore. Il 15 settembre 2017 entrambi vengono intercettati a bordo mentre «si stavano per recare a Taormina» e «commentavano il fatto che Palamara si trovasse in Russia». In Sicilia, Centofanti pagherà anche la camera di lei. Pure sull'anello da 2.000 euro regalato alla donna, il riferimento al sostituto procuratore romano è nebuloso. Nell'intercettazione tra Centofanti e la Attisani si parla di un «lui» che, sostengono i pm, «qui si assume essere Palamara».L'ex consigliere del Csm, che ieri è stato interrogato a Perugia ribadendo di non aver «mai barattato la mia dignità e professione con alcuno» e di non aver tramato contro Ielo, è anche accusato di aver ricevuto 40.000 euro, versati dagli avvocati faccendieri Giuseppe Calafiore e Piero Amara, per facilitare la nomina di Giancarlo Longo alla guida della procura di Gela. Nomina poi saltata, dice Longo, per «intervento diretto del presidente della Repubblica». Ma Longo e Palamara hanno parlato di soldi? «No», dice il testimone. E Calafiore che dice? Interrogato il 10 maggio 2019, nega il versamento di denaro pur ammettendo l'aiuto all'amico. Amara, che come Calafiore ha patteggiato per corruzione in atti giudiziari e ha avviato un percorso di collaborazione, nemmeno viene sentito per confermare l'una o l'altra ipotesi. Con Palamara sono indagati, come detto, Spina e Fava per aver - rispettivamente - rivelato al primo l'indagine a Perugia e aggiunto dettagli sull'inchiesta. Al solo Fava viene inoltre contestato anche l'esposto firmato contro Pignatone e Ielo per la mancata astensione dal fascicolo su Amara in cui emergevano i coinvolgimenti dei fratelli dei due alti magistrati.I pm intercettano Spina e Fava (16 maggio) grazie al virus trojan installato sullo smartphone del sostituto procuratore romano e, nel giro di due settimane, recapitano loro l'avviso di garanzia. Di fatto bruciando una pista che poteva rivelarsi interessante visto che - riporta il decreto - esistono altri potenziali indagati «allo stato non identificati». Peraltro, la stessa accusa di rivelazione di segreto è assai controversa nel caso di Spina, essendo la notizia arrivata al Csm non più riservata e considerata la segretazione del Consiglio superiore solo un atto amministrativo disciplinato da regolamento interno. Né si riesce a capire come l'esposto firmato da Fava possa aver aiutato «Palamara a eludere le investigazioni» dal momento che la denuncia riguardava la gestione di un procedimento a lui estraneo.Intanto, il guardasigilli Alfonso Bonafede ha incaricato gli ispettori. Perché questa fretta di far deflagrare la bomba? È una coincidenza che, in questi giorni, si decida la nomina del nuovo procuratore di Roma, con in vantaggio Marcello Viola, sostenuto da Unicost, la corrente di Palamara, sul candidato gradito a Pignatone, Franco Lo Voi? Per questo appaiono ancor di più fuori luogo l'interessamento di Lotti e l'incontro con il pm indagato che, con lui, si lamentava: «Perché quel c... che m'hanno combinato lì a Perugia ancora nemmeno si sa». E chissà che dalle carte possa uscire anche qualche manovra sulla Procura di Firenze.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lincontro-lotti-palamara-sul-pm-di-consip-2638626630.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nella-battaglia-fra-magistrati-spunta-il-genio-guastatori-dei-giornaloni" data-post-id="2638626630" data-published-at="1757996798" data-use-pagination="False"> Nella battaglia fra magistrati spunta il «genio guastatori» dei giornaloni In questa guerra per bande all'interno della magistratura, una delle squadre in campo sta dimostrando una potenza di fuoco nettamente superiore alle altre. Nei giorni scorsi La Repubblica ha rimarcato la coincidenza che Il Fatto Quotidiano e La Verità «lo yin e lo yang del racconto giornalistico della giustizia italiana», avessero pubblicato in contemporanea uno scoop sull'esposto al Csm del pm Stefano Fava contro i suoi superiori Giuseppe Pignatone e Paolo Ielo. Fa sorridere che la sottolineatura sia arrivata da un quotidiano che per tre giorni (oggi sarà probabilmente il quarto) svela notizie coperte da segreto in pool con Il Corriere della Sera e Il Messaggero. Sempre gli stessi tre giornali e gli stessi tre giornalisti. I medesimi a cui, per esempio, Giuseppe Pignatone, a turno, affidava il proprio pensiero. Questa Premiata cooperativa cronisti riuniti da anni mette in pagina articoli di gruppo, realizzati concordando al bar o in un ufficio di Procura il titolo del giorno successivo. Le case editrici e i lettorati sono diversi, ma le notizie di giudiziaria sono le medesime. Già Roma è piena di buche, perché darsi dei buchi a vicenda?, devono aver pensato i cooperanti. Se nella cucina macrobiotica ci sono alimenti yin e yang, molto diversi tra loro, la premiata ditta offre lo stesso menù, quasi tutti i giorni. Piatti ben confezionati, con gli stessi ingredienti offerti dai medesimi fornitori. Il giorno in cui Il Fatto Quotidiano e La Verità hanno pubblicato la notizia dell'esposto, dopo aver avvertito Pignatone e l'aggiunto Paolo Ielo, i Cronisti riuniti hanno risposto svelando che il pm Luca Palamara era indagato per corruzione. Il giorno successivo hanno servito una lista di nuovi indagati, tra cui proprio il pm autore dell'esposto. Quando i finanzieri del Gico di Roma hanno bussato alle porte dei nuovi accusati per consegnargli l'avviso di garanzia, gli sfortunati lo avevano già prelevato dall'edicolante. Il terzo giorno altra violazione del segreto istruttorio, questa volta con i nomi dei presunti politici complottardi: i piddini Luca Lotti (avvelenato con la Procura di Roma per l'inchiesta Consip) e Cosimo Ferri, già sottosegretario alla Giustizia, segretario di Magistratura indipendente e consigliere del Csm. Due nomi perfetti per spaccar il fronte favorevole alla candidatura di Marcello Viola, sino a pochi giorni fa procuratore di Roma in pectore. Non sappiamo se Viola sia catalogabile come renziano o no, ma farlo passare come tale è il modo più astuto per fargli mancare i voti dei consiglieri laici vicini a Lega e M5s, dopo aver seminato il panico tra le file della corrente di Unicost (quella di Palamara). Le notizie sfornate in modo indefesso dai Cronisti riuniti potrebbero avere l'effetto (probabilmente auspicato) di lasciare in campo un solo candidato, il procuratore di Palermo Franco Lo Voi. Un signore buono per tutti i salotti. È di Magistratura indipendente (corrente di destra), è stato a cena allo stesso tavolo di Matteo Salvini (anche se il consigliere laico della Lega ha votato in commissione per Viola) ed è sostenuto dall'ex procuratore Giuseppe Pignatone, da quasi tutti i suoi aggiunti e, si dice, dal Quirinale. Però tre diverse fonti qualificate del Csm (per usare una formula cara ai Cronisti riuniti) ci hanno assicurato che non si faranno intimidire dallo stillicidio di notizie e che sosterranno anche nel plenum di metà giugno il nome prescelto dalla quinta commissione come prossimo procuratore di Roma, ossia quello di Viola. Ma come si sa, chi entra Papa in conclave, spesso ne esce cardinale.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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