2018-11-07
Il «fine processo mai» non è fare giustizia
Tra le cose che dividono 5 stelle e Lega c'è la prescrizione. I primi la vogliono levare dopo il primo grado di giudizio, perché non vogliono che i colpevoli la facciano franca a causa della lentezza della giustizia. I secondi pensano che i processi invece debbano avere un termine, perché ritengono che un imputato non possa rimanere appeso a un'accusa per l'eternità. In linea teorica (...) (...) hanno ragione tutti e due, perché i colpevoli devono stare in carcere e gli innocenti hanno diritto a essere ritenuti tali il più in fretta possibile, ma il principio si scontra con la realtà, ossia con una macchina giudiziaria che non funziona e che spesso rasenta il ridicolo. Prendete per esempio quello che è successo ieri, in un'aula del Tribunale di Milano. I giudici della corte d'Appello dovevano pronunciarsi su una vicenda che vede imputato Marco Tronchetti Provera. Il patron della Pirelli era accusato di ricettazione per aver dato l'autorizzazione a usare in una denuncia un cd rom contenente dati informatici sottratti a un'agenzia investigativa che spiava lo stesso Tronchetti. In pratica, per dimostrare di essere spiato, Tronchetti avrebbe esibito un cd rom ottenuto illegalmente, di qui l'imputazione. I giudici di secondo grado hanno però ritenuto che l'attuale vicepresidente di Pirelli non abbia violato la legge, ritenendo che il fatto non costituisca reato. Vi chiedete che cosa c'entri la prescrizione con la suddetta vicenda giudiziaria? C'entra, perché la storia risale a 14 anni fa, ma quel che è più incredibile è che è già stata oggetto di sei giudizi e un settimo potrebbe arrivare. Mi spiego. La prima sentenza risale a cinque anni fa, quando il tribunale condannò Tronchetti Provera a 20 mesi di carcere. Poi ci fu l'Appello che lo mandò assolto nel 2015. Quindi arrivò la Cassazione che annullò la sentenza di secondo grado, ordinando la ripetizione del giudizio. Nel 2017 i giudici assolsero di nuovo l'imprenditore e di nuovo la Cassazione annullò il verdetto. Ora arriva il terzo pronunciamento della corte d'Appello e fra sei mesi o un anno - se la Procura deciderà di ricorrere come ha fatto finora - ci potrebbe essere un'altra puntata di questa kakfkiana vicenda. In tal caso: la Suprema corte confermerà o annullerà? Se cancellasse l'assoluzione si ricomincerebbe da capo un'altra volta, con un ping pong che potrebbe durare all'infinito e con l'imputato che verrebbe sballottato da un'aula all'altra di Tribunale. Vi sembra un caso limite? Sì, ma fa scuola, perché Tronchetti Provera ha rinunciato alla prescrizione, talmente convinto di essere in grado di dimostrare la propria innocenza da essere pronto ad andare fino in fondo. Il problema è che il fondo potrebbe non arrivare mai, perché nei meandri della giustizia può succedere anche questo, ossia che la sentenza definitiva non venga pronunciata. E allora che cosa succederebbe se la prescrizione scomparisse dopo il primo grado come vorrebbero i grillini? Che i processi potrebbero durare ancora di più e per anni e anni una persona rimarrebbe incastrata nell'ingranaggio della giustizia, senza riuscire mai ad averla.Cancellare la prescrizione dunque non equivarrebbe a fare giustizia, ma semplicemente ad allungarla, senza alcuna certezza della conclusione dei processi. Già perché il problema è proprio questo: la lentezza con cui procedono i giudizi. Dal 2005 al 2016 quelli che si sono prescritti sono quasi 1,6 milioni, pari a una media di 130.000 l'anno. Il problema è che di quel milione e 600.000 processi che non arrivano a una sentenza definitiva quasi il 70 per cento si prescrive nella fase delle indagini preliminari. Dunque, anche introducendo la norma che vogliono i 5 stelle, cioè l'interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, non accadrebbe nulla e i colpevoli continuerebbero a rimanere impuniti. Le novità che Luigi Di Maio e compagni vorrebbero introdurre per tramite del ministro Alfonso Bonafede avrebbero salvato dunque meno di mezzo milione di processi negli ultimi 12 anni, ossia circa 40.000 ogni anno. Tanti? Pochi? A prescindere dal numero si capisce che il problema non è la prescrizione, ma la lentezza delle indagini (il milione e più di fascicoli finiti nel cestino lo testimonia), unita alla complicazione delle norme che consente di trascinare i procedimenti per anni. È lì che si dovrebbe intervenire per fare giustizia. Invece si preferisce imboccare la scorciatoia, dichiarando che i processi potranno durare in eterno. Una specie di ergastolo, solo che invece del fine pena mai, c'è il fine processo mai.
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