2018-08-30
«Liberi» di morire, obbligati a non vivere più
The Economist, il celebre settimanale inglese nato per sostenere, in economia, le istanze del liberismo, ha abbracciato, in bioetica, i princìpi del liberalismo. La famiglia ispiratrice rimane la stessa, quella che genera gli inebriati della libertà, come sottolineava un secolo fa l'abbè Augustin Roussel, dicendo che «il liberale è un fanatico dell'indipendenza, la esalta fino all'assurdo, in ogni ambito». Già nel 2015 la linea editoriale si schierò a sostegno di una legge più permissiva in materia di «morte assistita». Oggi, in occasione dei 175 anni dalla sua fondazione, il magazine propone un dibattito tra voci molto eterogenee, provenienti perlopiù dal mondo della medicina e del diritto, che espongono, di volta in volta, posizioni a favore o contro l'eutanasia. Qui riprendiamo due brevi passaggi da uno degli interventi, quello di Ilora Finley, docente di medicina palliativa e membro della House of Lords, che giudica pericolosa per la pubblica sicurezza la trasformazione della figura del medico prodotta dalle varie procedure eutanasiche.Ha affermato la Finley: «A differenza delle generazioni precedenti, per le quali la morte era una realtà sempre presente e familiare, ora ci aspettiamo di vivere fino a una vecchiaia matura e rimuoviamo la morte dai nostri pensieri. Una prognosi terminale inaspettata può essere un'esperienza sconvolgente».È interessante il riferimento alla «familiarità» della morte nelle epoche passate, perché ci offre il primo e più importante spunto di riflessione: l'assuefazione al benessere riduce la forza interiore e quindi la capacità di fronteggiare le situazioni di disagio psico-fisico. Prima si viveva fianco a fianco con la morte, con la sua eventualità, e il pensiero di poter abbandonare tutto da un giorno all'altro era più o meno costante. È il senso del limite che manca all'uomo contemporaneo, il ricordo della sua finitezza; si è abituato ad asservire, mediante la tecnica, la natura che lo circonda e, in parte, la stessa malattia, quindi vorrebbe dominare perfino la morte. Non potendo mai eliminarla, e solo qualche volta ritardarla, crede di esserne padrone uccidendo(si) liberamente. Un atteggiamento, però, che è diffuso soprattutto tra i liberali militanti, e che, come ricorda anche la Finley, non ha un vero riscontro nella generalità della popolazione (nel 2016 i cittadini britannici morti all'estero per aver chiesto la “dolce morte" in condizioni non previste dalla legge inglese erano lo 0,008%).Un altro importante spunto di riflessione è offerto dall'autrice a proposito della (troppo spesso dimenticata) funzione educativa della norma giuridica: «Non dobbiamo dimenticare che le leggi sono più che semplici strumenti normativi. Mandano anche potenti messaggi sociali. Una legge sulla morte assistita invia il messaggio subliminale, per quanto non voluto dai legislatori, che se siamo malati terminali, eliminare le nostre vite è qualcosa che dovremmo prendere in considerazione».Se la morte è un «diritto», un interesse protetto dalla legge, allora è un «bene». La morte diventa «il miglior interesse» dell'individuo, come i tragici casi di Charlie Gard, Isaiah Haastrup e Alfie Evans hanno ampiamente dimostrato. Il malato, l'anziano, il disabile, di fronte al diritto di scegliere la morte, presto o tardi si sentirà in dovere di togliere il disturbo. Se la morte è un bene, i medici non sono più (soltanto) coloro che «curano»: quando non potranno più garantire una vita efficiente e produttiva, in un corpo sano e bello, avranno il dovere di far morire. La dignità dell'essere umano, in realtà, non è menomata dall'esperienza della malattia, della dipendenza dagli altri e della sofferenza, perché di tutto ciò è strettamente intessuta la vita come la gioia di tutti, nessuno escluso. Illudersi di poterla eliminare con l'eutanasia pone ciascuno a rischio di morte prematura, predeterminata magari da un testamento biologico stilato chissà quando e in quale contesto, nell'esercizio di una falsa libertà.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)