2024-06-05
Libano a un passo dal conflitto con Israele
Dopo le insistite offensive di Hezbollah da Nord, Gerusalemme valuta di passare all’azione. L’Idf: «Pronti a colpire». Biden critica Netanyahu: «C’è disaccordo, prolunga la crisi per ragioni politiche». Hamas: «Un patto è impossibile senza la tregua».Sull'ipotesi di un futuro attacco di Mosca alla Nato, il capo della Difesa norvegese: «Due anni di tempo». Venerdì Zelensky all’Eliseo.Lo speciale contiene due articoli.Gli incendi che l’altra notte hanno devastato il Nord d’Israele a causa degli attacchi condotti dai terroristi di Hezbollah hanno richiesto oltre 20 ore di interventi per essere domati. Distrutti oltre 1.000 ettari di boschi e prati nell’alta Galilea. Gli incendi sono stati innescati da razzi e droni provenienti dal Libano, generando un’emergenza che vede almeno 100.000 evacuati dal 7 ottobre 2023. Hezbollah da mesi continua a prendere di mira l’area in segno di appoggio ad Hamas, terrorizzando i residenti che ora chiedono un’azione decisa contro i terroristi al di là del confine. I partiti di estrema destra hanno sollecitato un’azione militare diretta contro Hezbollah, tra cui i ministri della Sicurezza nazionale e delle Finanze, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, sempre più insoffenti all’interno del gabinetto di guerra. Tuttavia, il governo e le forze armate israeliane hanno preferito fin qui evitare un confronto diretto con i terroristi libanesi, vista la loro maggiore preparazione e dotazione rispetto ad Hamas. La questione del confine settentrionale è diventata un argomento di divisione politica in Israele con posizioni diverse sul modo migliore di affrontare la situazione. A questo proposito, mentre scriviamo, si riunisce il gabinetto di guerra che potrebbe dare il via libera all’operazione contro Hezbollah che presenta molti rischi dato che il conflitto si allargherebbe al Libano. In tal senso il numero due di Hezbollah, Sheikh Naim Qassem, ha dichiarato ad Al Jazeera che «qualsiasi espansione israeliana della guerra al Libano si scontrerà con devastazione, distruzione e sfollamento in Israele. Se Israele vuole combattere una guerra totale, siamo pronti». Poco prima Ben-Gvir in visita nella città settentrionale di Kiryat Shmona, vicino al confine con il Libano, aveva dichiarato: «Il compito dell’Idf è distruggere Hezbollah. Tutte le roccaforti di Hezbollah dovrebbero essere bruciate, dovrebbero essere distrutte. Guerra!». Mentre il capo di Stato maggiore dell’Idf, Herzi Halevi , durante la visita a Nord ha affermato: «Ci stiamo avvicinando al punto in cui devono essere prese decisioni. L’esercito è pronto per una guerra in Libano. Attacchiamo qui da otto mesi ed Hezbollah sta pagando un prezzo molto, molto alto». Il nuovo ministro degli Esteri dell’Iran, Ali Bagheri Bakri, è arrivato ieri a Beirut per incontrare il Segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Durante la conferenza stampa presso l’ambasciata iraniana a Beirut, Bakri ha espresso il disaccordo di Teheran rispetto al piano elaborato dall’amministrazione Biden per un cessate il fuoco. Rivolgendosi a Israele, il capo della diplomazia iraniana ha avvertito contro l’ipotesi di una guerra totale contro il Libano, definendolo «la culla della resistenza»; inoltre, ha affermato al sito Naharnet che «se gli Stati Uniti desiderano sinceramente contribuire alla pace, anziché proporre piani per cessare il fuoco, dovrebbero adottare misure concrete ovvero porre fine a tutti gli aiuti all’entità israeliana». Secondo informazioni provenienti da fonti egiziane citate dal quotidiano libanese al-Akhbar, affiliato a Hezbollah, è previsto che una delegazione israeliana arrivi al Cairo nelle prossime ore per comunicare la posizione di Israele riguardo all’ultima proposta di cessate il fuoco e un possibile accordo per la liberazione degli ostaggi. Le medesime fonti indicano che l’accordo potrebbe entrare in vigore all’inizio della prossima settimana, a seguito delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti su Israele e degli sforzi diplomatici regionali. A proposito di questo Joe Biden si è reso protagonista dell’ennesimo scivolone diplomatico visto che al Time a proposito del primo ministro israeliano ha dichiarato. «È pronto a fare di tutto per riportare a casa gli ostaggi». Poi però alla domanda sulla possibilità che il premier israeliano prolunghi la guerra per motivi di sopravvivenza politica Biden ha risposto: «Non commento. Certo è ragionevole arrivare a quella conclusione». Nell’intervista al Time, Biden ha anche affermato che la questione su cui è maggiore il disaccordo tra lui e Netanyahu è il post conflitto a Gaza. «Cosa succederà? Rientreranno le Forze israeliane? Ho parlato con egiziani, sauditi, giordani ed emiratini e la loro risposta è che se finisce così non può funzionare. Ci devono essere due Stati. Questo è il tema su cui sono maggiormente in disaccordo con Netanyahu», ha detto Biden e qui non si tratta solo di dialettica politica ma di uno scontro vero e proprio. Ieri Hamas attraverso Sami Abu Zuhri, uno dei suoi portavoce, ha criticato le pressioni provenienti dall’Occidente affinché il movimento jihadista accetti la proposta americana di cessare il fuoco a Gaza, affermando: «Non siamo noi a ostacolare l’accordo». E il funzionario Osama Hamdan ha aggiunto: «Se Israele non accetta chiaramente il cessate il fuoco permanente non possiamo dire sì all’accordo». Infine, Il ministro greco del Trasporto marittimo, Christos Stylianides, ha reso noto che nell’ultima settimana gli attacchi degli Huthi «sono diminuiti sensibilmente sia di numero sia di intensità». Per Stylianides è la prova che le operazioni navali «Aspides» (dell’Unione europea) e «Prosperity Guardian» (coordinata dagli Stati Uniti d’America), stanno funzionando e si tratta dell’unica buona notizia della giornata.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/libano-israele-conflitto-2668458444.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="oslo-nato-stia-pronta-a-un-attacco-mosca-avverte-gli-istruttori-militari" data-post-id="2668458444" data-published-at="1717579618" data-use-pagination="False"> Oslo: «Nato stia pronta a un attacco» Mosca avverte gli istruttori militari L’escalation verbale tra Russia e Occidente ormai non fa più notizia. È diventata una costante della nuova fase di questa guerra e la domanda che si fanno tutti i leader mondiali non è più se «si allargherà il conflitto», ma «quando» questo avverrà. Il nodo cruciale è capire se l’Occidente è davvero pronto. Secondo il presidente americano, Joe Biden, «la Nato è considerevolmente più forte» rispetto all’inizio del suo mandato. Di questo si prende il merito: «Non solo ho ristabilito il fatto che si trattava dell’alleanza più forte nella storia del mondo, ma sono stato anche in grado di espanderla. E ora siamo la nazione più forte. Abbiamo l’alleanza più forte di tutta la storia». Secondo il capo della difesa norvegese, il generale Eirik Kristoffersen, passato alle cronache per esser stato il primo capo della Difesa di Oslo a partecipare a un gay pride, la Russia impiegherà due o tre anni a prepararsi per attaccare la Nato. «Questo ci dà una finestra per ricostruire le nostre forze, le nostre scorte mentre sosteniamo Kiev», ha sottolineato, evidenziando così che anche l’alleanza occidentale adesso non sarebbe pronta ad affrontare una guerra aperta. A gennaio il ministro della Difesa tedesco era stato più ottimista prevedendo un attacco russo alla Nato in cinque-otto anni. Nel frattempo può succedere di tutto. Sdoganato l’attacco in territorio russo con armi occidentali, adesso si passa alla sua normalizzazione. Secondo il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, «l’uso di armi per colpire la Russia non comporta rischi di escalation perché si tratta solo di essere in grado di difendere una grande città come Kharkiv, per esempio. E credo sia chiaro a tutti che questo debba essere possibile». La decisione, ha poi assicurato Scholz, «è stata presa con attenzione assieme ad amici e alleati». Una decisione «vitale» secondo Andriy Yermak, capo dello staff del presidente ucraino Volodymyr Zelensky perché questo «avrà un impatto sulla condotta della guerra, sulla pianificazione delle azioni controffensive e indebolirà la capacità dei russi di usare le loro forze nelle aree di confine». Il prossimo passo sarà l’invio di personale occidentale su territorio ucraino. Per il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ci sono indicazioni che la Francia abbia già schierato i suoi istruttori militari in Ucraina. «Chiunque essi siano, siano essi membri delle forze armate francesi o semplicemente mercenari, sono sicuramente obiettivi legittimi per le nostre forze armate». «Non importa se gli istruttori saranno francesi», ha rincarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, «non saranno protetti dall’immunità». Il comandante delle forze ucraine, Oleksander Sirski, aveva ipotizzato la settimana scorsa che la Francia avrebbe presto inviato istruttori e aveva esortato altri partner occidentali ad aderire al «progetto ambizioso» di Parigi. Il presidente francese, Emmanuel Macron, non aveva escluso l’invio di militari francesi in Ucraina, sottolineando che nel conflitto in corso non possono essere elevate linee rosse. Il capo dell’Eliseo venerdì riceverà proprio Zelensky dopo le celebrazioni per l’80° anniversario dello sbarco alleato in Normandia, per discutere dei «bisogni» dell’Ucraina di fronte alla Russia. Il nemico numero uno per Mosca, dopo Kiev, resta sempre Washington. Non manca di ribadirlo Peskov, che commentando la notizia del sequestro del passaporto dell’ex marine «dissidente» Scott Ritte, ha detto: «La Russia oggi è un Paese nemico degli Stati Uniti, così come gli Stati Uniti lo sono per la Russia». Intanto sul campo la potenza di fuoco russa non accenna a fermarsi. Nelle ultime 24 ore hanno attaccato 2.200 volte contro posizioni, città e villaggi ucraini, denuncia il portavoce dello stato maggiore ucraino.
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