2024-08-23
La lezione di libertà di due contadini che non si piegarono al giogo nazista
Franz e Franziska Jägerstätter novelli sposi (Franz & Franziska Jägerstätter Institut, Diocesi di Linz, dettaglio)
Una mostra al Meeting ricorda gli Jägerstätter: soli contro tutti, ma guidati dalla fede, rifiutarono l’adesione silenziosa al regime.Spesso trascurate a livello giornalistico per la necessità di seguire i protagonisti della politica, le mostre costituiscono una parte irrinunciabile e molto seguita dai visitatori del Meeting di Rimini. Una di quelle più interessanti dell’edizione 2024, anche alla luce del titolo della rassegna («Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?») è il percorso «Franz e Franziska, non c’è amore più grande». La storia non solo di un amore profondo che ha legato queste due persone e del loro rapporto con la fede, ma del loro coraggio di opporsi alla compressione della libertà da parte dello Stato, la forza di andare controcorrente rispetto al pensiero dominante, in questo caso uno dei peggiori totalitarismi della storia. Franz e Franziska Jägerstätter sono antesignani della libertà di coscienza: entrambi hanno sacrificato la propria vita per opporsi all’ideologia dell’epoca, quella nazista.Facciamo un passo indietro a 89 anni fa, nell’autunno del 1935, momento in cui Franz conosce Franziska. Entrambi provenienti da villaggi austriaci ai confini con la Baviera, entrambi contadini dalle origini umili, entrambi con una vita al cui centro è una religiosità essenziale. Si sposano dopo sei mesi di fidanzamento, nell’aprile del 1936, dalla loro unione nasceranno tre figlie e per sette anni vivranno da innamorati resistendo alle sfide disumane del periodo storico. Infatti, sullo sfondo di questo legame incombe l’arrivo del nazismo in Austria il 13 marzo del 1938 con l’Anschluss, che segna la sottomissione del Paese alla Germania di Hitler. Da qui gli innumerevoli episodi di resistenza e di presa di coscienza di Franz per non farsi sottomettere da quell’ideologia barbara che aveva annebbiato le menti dell’umanità: si rifiuta inizialmente di andare a votare al referendum sull’annessione; smette di frequentare luoghi di socialità per evitare discussioni con la comunità locale; si oppone anche alla crociata della chiesa austriaca contro il bolscevismo e, nonostante le fasi di addestramento, allo scoppio della Seconda guerra mondiale decide di non rispondere più alla chiamata alle armi. Contenuti nella mostra ed estremamente significativi sono gli undici quesiti sul rapporto tra fede cristiana e nazismo scritti da Franz e indirizzati alla chiesa locale, tra cui si ricordano: «Se ora viene considerato giusto e buono l’appartenere al partito, il fare raccolte o il dare offerte per esso, non deve essere considerato malvagio e ingiusto chi non lo fa: perché non possono andare bene tutte e due le cose?», «Perché ora si considera giusto e buono ciò che la massa grida e fa? È possibile ora raggiungere felicemente l’altra sponda, se ci si lascia trasportare inermi dalla corrente?». Ecco, lui non si è mai fatto trascinare dalla corrente, sorretto dalla propria fede cristiana e nel marzo del 1943 dichiara la propria obiezione al nazionalsocialismo e alla guerra. Decisione che dà inizio alla sua Via Crucis in carcere, conclusasi con la morte: viene infatti giustiziato il 9 agosto del 1943 per renitenza alla leva. La moglie Franziska, che non ha mai abbandonato il marito nel momento in cui quasi tutti gli voltavano le spalle, e con cui ha intrattenuto una fitta corrispondenza epistolare nei periodi di lontananza, dopo la morte di Franz resta sola e incompresa. La tendenza diffusa tra i compaesani è quella di colpevolizzarlo perché la sua scelta implica un biasimo per chi era andato a combattere. Il risveglio delle coscienze parte dall’altra sponda dell’Atlantico, negli Stati Uniti, durante gli anni Sessanta quando Franz diventa, grazie al sociologo Gordon Zahn, un simbolo del movimento per la pace. Nello stesso periodo, durante il Concilio Vaticano II, Franz diventa l’esempio della sacralità della coscienza. Tornando nel suo Paese natale, solo negli anni Settanta si prende consapevolezza di ciò che è accaduto, grazie al film Il caso Jägerstätter di Alex Corti. In seguito, nel 1983, durante una messa presieduta da papa Giovanni Paolo II a Varsavia, nell’elenco dei martiri è presente il nome di Franz. Nel 1997 la Procura di Stato del tribunale di Berlino annulla la sentenza del tribunale del Reich riabilitandolo e, nello stesso anno, la chiesa di Linz dà avvio al procedimento diocesano per la beatificazione. Franz Jägerstätter viene proclamato beato da Benedetto XVI nel 2007 e pochi mesi dopo la chiesa austriaca riconosce in modo solenne il suo martirio: Franziska non è più sola, oltre alle figlie arrivano più di 5.000 fedeli nel duomo di Linz.La mostra di Rimini è accompagnata anche da alcune scene del film del 2019 La vita nascosta del regista Terrence Malick, che per le figlie di Franz e Franziska coglie il cuore della storia. Dell’esposizione allestita al Meeting fanno parte anche alcune interviste risalenti al 1967: davanti alle telecamere, gli abitanti di Sankt Radegund, villaggio natale di Franz situato nell’Alta Austria al confine con la Baviera, che hanno conosciuto Franz, sostengono di non comprendere la sua scelta. Secondo alcuni, avrebbe compiuto un suicidio abbandonando la famiglia, per altri «da un lato aveva ragione, dall’altro era un idiota». Può stupire, ma a guerra terminata da oltre vent’anni, e dopo la creazione di organismi internazionali per garantire la pace, permanevano giudizi di questo tipo. Come spiega alla Verità don Emmanuele Silanos, vicario generale della Fraternità san Carlo e tra i curatori della mostra, all’epoca «l’imbarazzo è stato duplice»: da un lato ammettere che Franz avesse fatto la scelta giusta poteva implicare che tutti gli altri avessero sbagliato. Dall’altro, era inevitabile chiedersi se la chiesa austriaca avesse dato indicazioni errate. Prima di varcare l’uscita della mostra si torna al presente: ai visitatori vengono mostrate interviste recenti realizzate dai curatori dell’esposizione a monsignor Manfred Scheuer, colui che ha portato a termine il procedimento diocesano per la beatificazione di Franz e oggi è vescovo di Linz, alla biografa di Franz, Erna Putz e a una delle figlie Maria, che racconta come «soldati che conoscevo vennero alla tomba e piansero perché non ebbero la stessa forza di dire di no».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.