2018-12-15
Lezione dell’alunna alla prof: «Viva i confini»
Un'insegnante di una terza media ha assegnato in classe il tema. «Siamo tutti stranieri». Una giovane studentessa si è ribellata e ha messo nero su bianco un elogio appassionato delle frontiere, dell'amore per l'Italia e di tutti i simboli dell'identità nazionale.«Chi è dunque Meursault, estraneo a se stesso, straniero nella vita e nel mondo? È un omicida, un folle o un ribelle?». È il grande dilemma di Albert Camus, è l'interrogativo che s'impone, prepotente, in uno dei suoi capolavori, che appunto s'intitola Lo Straniero. Perché chi non ha baricentro e non ha destino può smarrirsi, può diventare impalpabile, può perfino uccidere senza sapere perché. Può arrivare a dire, agghiacciante attacco del romanzo: «Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so».Seguendo la traccia di Camus (e sempre che non abbia zappato il foglio con strafalcioni da ministro) quella ragazzina di terza media che in una scuola di Roma ha svolto un tema sull'immigrazione in totale controtendenza dovrebbe prendere nove per originalità e coraggio. Aveva davanti la traccia più banale e politicamente corretta che un'insegnante potesse inventarsi. Tema natalizio: «Siamo tutti stranieri». Con ovvio riferimento all'accoglienza diffusa, ai pastori come profughi, a Giuseppe e Maria sul gommone, all'abbraccio fraterno senza alcuna strategia di integrazione com'è d'uso dalle parti delle parrocchie. Risposta dell'alunna: «Non è vero».Il tema è stato postato su Facebook e Twitter dal presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, con il commento sibillino: «Che voto le metteranno secondo voi?». Lo scritto è uno schiaffo al luogo comune, la ragazzina si è esposta niente male nel difendere i valori dell'identità, quel Dio-patria-famiglia che ti insegnavano a scuola e a catechismo, ma che nell'ultimo decennio è stato sostituito dall'afflato mondialista fotografato con l'iPhone. Sul foglio protocollo campeggia una bandiera italiana, oggi definita un simbolo populista, e questo dovrebbe già far mettere di malumore il collegio dei docenti. La ragazzina sembra ancora più stupendamente diretta nello svolgimento con la calligrafia arrotondata della sua età: «Siamo tutti stranieri? Sinceramente io non sono d'accordo con questa affermazione. È impressionante come queste tre parole, tre semplici parole, oggi possano creare liti politiche, istigare odio e possano perfino nei casi più estremi istigare alla violenza. Non sono d'accordo perché i confini esistono, le bandiere esistono, l'amore per la Patria esiste».Il re è nudo, e anche il priore di Bose, Enzo Bianchi, il saggio della montagna che va ripetendo all'umanità dei non-pentiti: «Io sono stato straniero» come se si trattasse di una riedizione umanitaria dell' Ich bin ein Berliner di John Kennedy durante l'embargo bolscevico. Ma davanti alle parole dell'alunna che si limitano a indicare la luna è nudo anche tutto il Pd tranne Marco Minniti, è nuda buona parte della Cei. Le differenze esistono, percorso culturale significa identificarle e comprenderle, non negarle. Imporre la dittatura del pensiero unico globalista è roba da colonialismo ottocentesco. La ragazzina supporta il pensiero con riferimenti concreti e continua a scrivere: «Quando passo sotto il maestoso Colosseo, quando cammino davanti all'Altare della patria, il mio cuore viene trafitto da un sentimento di appartenenza». Per Emanuele Fiano ce ne sarebbe abbastanza per una denuncia contro questa pericolosa figlia della lupa. È meglio che il vopos dell'ortodossia non prosegua nella lettura del foglio protocollo per non dover gridare all'allarme democratico: «A casa di mia nonna c'è il tricolore. Io mi fermo sempre ad ammirarlo e penso alla mia Italia, alla mia amata Italia. Penso a tutta la storia d'Italia, alle vittorie, alle sconfitte e alle ingiustizie. Mi viene in mente l'Unità d'Italia, le guerre di indipendenza…».Fatta la tara all'enfasi, esiste anche lei e chiede pari dignità. A molti sembrerà una sorpresa, ma questa studentessa ha deciso di percorrere la strada più dritta, quella che non conosce ipocrisie, e di illuminare un problema sociale per niente secondario. Perché il mito dell'accoglienza ci deve portare alla filosofia distorta del «tutti stranieri» quando l'identità di un popolo non può essere cancellata per decreto? Perché non insegnare a coloro che arrivano a cogliere le nostre peculiarità e a rispettarle? Da noi va di moda la resa. Quel senso mellifluo di sottomissione che, per prima, la scuola insegna con gesti simbolici al limite del ridicolo. Quando un'insegnante rinuncia al presepe per non creare imbarazzi; quando una sua collega sostituisce la parola «Gesù» con «Perù» nella canzoncina di Natale o cancella Bambino Gesù perché i musulmani canterebbe con più facilità «Bambino laggiù», ecco che l'intera società si dimostra fragile, psicolabile, prigioniera dei luoghi comuni. Una vignetta di Bonvi che ha segnato un'intera generazione riassume tutto. C'è un'ottusa Sturmtruppen che grida nella notte: «Altolà, chi va là, amiken o nemiken?». La risposta è fulminante: «Semplici conoscenti». Amici lo diventeranno, forse lo sono già, ma fateceli prima conoscere. Possiamo ingannare tutti, non i nostri ragazzi.
Il laboratorio della storica Moleria Locchi. Nel riquadro, Niccolò Ricci, ceo di Stefano Ricci
Il regista Stefano Sollima (Ansa)
Robert F.Kennedy Jr. durante l'udienza del 4 settembre al Senato degli Stati Uniti (Ansa)