2018-08-26
L’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti denuncia la lobby omosessuale della Chiesa
Il vaticanista Marco Tosatti presenta la testimonianza di monsignor Carlo Maria Viganò che pubblichiamo sulla Verità. Per la prima volta un arcivescovo mette nero su bianco il dramma delle violenze nei seminari e punta il dito contro il Pontefice.Leggi QUI il testo integrale Quello che state per leggere è uno dei documenti più drammatici e importanti che in quasi quarant'anni di copertura dell'informazione religiosa (e in mezzo secolo di giornalismo) mi sia toccato di leggere. È la testimonianza scritta e firmata da un arcivescovo di Santa Romana Chiesa, Carlo Maria Viganò, che è stato nunzio negli Stati Uniti; e prima di ciò responsabile di compiti delicatissimi e il motivo per cui ce l'ha affidata è uno solo: ritiene essere suo preciso dovere davanti agli uomini, e davanti a Dio (ha 77 anni, e anche se gode di ottima salute a quell'età è normale pensare ai bilanci), non tacere. «Ho riflettuto a lungo, ho pregato, e in coscienza, anche se sono conscio dei rischi che corro, devo parlare, devo dire la verità. Se taccio, Dio me ne chiederà conto». Il tema è quello, attualissimo, degli abusi nella Chiesa, della presenza in essa di una lobby omosessuale, e di come il cardinale Theodore McCarrick abbia potuto godere per anni e anni di complicità e protezioni, fino a poche settimane fa. Se avrete la pazienza - e ve lo consigliamo - di leggere l'intero documento troverete molti nomi illustri, e ampio materiale per una grave riflessione sullo stato della Chiesa. In questo articolo il tema sarà McCarrick; e chi l'ha protetto fino a ora. Nella sua testimonianza, l'arcivescovo Viganò ci porta per gradi a una conclusione che vi anticipiamo brutalmente: il Pontefice regnante sapeva sin dal marzo 2013 delle accuse - e delle misure prese da Benedetto XVI contro McCarrick, e disattese - e non ha fatto nulla, fino a poche settimane fa, quando la situazione è diventata talmente esplosiva da impedire ogni copertura, e McCarrick è stato privato della berretta. Giustamente l'arcivescovo Viganò, rifacendosi alle parole del Pontefice, gli chiede di adottare verso sé stesso la stessa misura che propone per i vescovi complici negli abusi e nelle coperture: e cioè le dimissioni. Viganò fu delegato per le rappresentanze pontificie nella Segreteria di Stato, e quindi trattava casi delicati, anche di cardinali e vescovi. «Per dissipare sospetti insinuati in alcuni articoli recenti, dirò subito che i nunzi apostolici negli Stati Uniti, Gabriel Montalvo e Pietro Sambi, ambedue deceduti prematuramente, non mancarono di informare immediatamente la Santa Sede non appena ebbero notizia dei comportamenti gravemente immorali con seminaristi e sacerdoti dell'arcivescovo McCarrick». Ma, dice Viganò, «l'ufficio che allora ricoprivo non fu portato a conoscenza di alcun provvedimento preso dalla Santa Sede dopo quella denuncia del nunzio Montalvo alla fine del 2000, quando Segretario di Stato era il cardinale Angelo Sodano. Parimenti, il nunzio Sambi trasmise al cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone una memoria di accusa contro McCarrick da parte del sacerdote Gregory Littleton della diocesi di Charlotte, ridotto allo stato laicale per violazione di minori, assieme a due documenti dello stesso Littleton, in cui raccontava la sua triste storia di abusi sessuali da parte dell'allora arcivescovo di Newark e di diversi altri preti e seminaristi». Viganò redasse un appunto su questi documenti: «scrissi per i miei superiori, il cardinale Tarcisio Bertone e il sostituto Leonardo Sandri, che i fatti attribuiti a McCarrick dal Littleton erano di tale gravità e nefandezza da provocare nel lettore sconcerto, senso di disgusto, profonda pena e amarezza e che essi configuravano i crimini di adescamento, sollecitazione ad atti turpi di seminaristi e sacerdoti, ripetuti e simultaneamente con più persone, dileggio di un giovane seminarista che cercava di resistere alle seduzioni dell'arcivescovo alla presenza di altri due sacerdoti, assoluzione del complice in atti turpi, celebrazione sacrilega dell'eucaristia con i medesimi sacerdoti dopo aver commesso tali atti. In quel mio appunto che consegnai quello stesso 6 dicembre 2006 al mio diretto superiore, il sostituto Leonardo Sandri, proponevo ai miei superiori le seguenti considerazioni e linea d'azione: - Premesso che a tanti scandali nella Chiesa negli Stati Uniti, sembrava che se ne stesse per aggiungere uno di particolare gravità che riguardava un cardinale; - e che in via di diritto, trattandosi di un cardinale, in base al canone 1.405, paragrafo 1, punto 2, “ipsius Romani Pontificis dumtaxat ius est iudicandi"; - proponevo che venisse preso nei confronti del cardinale un provvedimento esemplare che potesse avere una funzione medicinale, per prevenire futuri abusi nei confronti di vittime innocenti e lenire il gravissimo scandalo per i fedeli, che nonostante tutto continuavano ad amare e credere nella Chiesa». Quell'appunto fu trattenuto da Sandri e Bertone, e «mai mi fu restituito con un'eventuale decisione superiore al riguardo». Un secondo appunto, in cui si consigliava di togliere il cappello a McCarrick e di punirlo in base al Codice, non ebbe risposta. «Ma finalmente seppi con certezza, tramite il cardinale Giovanni Battista Re, allora Prefetto della Congregazione per i vescovi, che il coraggioso e meritevole statement di Richard Sipe aveva avuto il risultato auspicato. Papa Benedetto aveva comminato al cardinale McCarrick sanzioni simili a quelle ora inflittegli da papa Francesco: il cardinale doveva lasciare il seminario in cui abitava, gli veniva proibito di celebrare in pubblico, di partecipare a pubbliche riunioni, di dare conferenze, di viaggiare, con obbligo di dedicarsi a una vita di preghiera e di penitenza». Viganò non sa con esattezza se il provvedimento fu preso nel 2009 o 2010; ma fu preso da Benedetto. Ma come furono applicate le sanzioni? E qui veniamo alle complicità locali, e romane. «Ovviamente, il primo a essere stato informato dei provvedimenti presi da papa Benedetto fu il successore di McCarrick alla sede di Washington, il cardinale Donald Wuerl, la cui situazione è ora del tutto compromessa dalle recenti rivelazioni sul suo comportamento come vescovo di Pittsburgh». Gliene parlarono il nunzio Sambi, e lo stesso Viganò. Di Wuerl dice: «Le sue recenti dichiarazioni in cui afferma di non aver nulla saputo […] sono assolutamente risibili. Il cardinale mente spudoratamente e per di più induce a mentire anche il suo cancelliere, monsignor Charles Antonicelli. Il cardinale Wuerl inoltre, ben sapendo dei continui abusi commessi dal cardinale McCarrick e delle sanzioni impostegli da papa Benedetto, trasgredendo l'ordine del Papa, gli permise di risiedere in un seminario in Washington D.C. Mise così a rischio altri seminaristi». E la parte forse più importante riguarda Jorge Mario Bergoglio: «La mattina di giovedì 20 giugno 2013 mi recai alla Domus Sanctae Marthae, per unirmi ai miei colleghi che erano ivi alloggiati. Appena entrato nella hall mi incontrai con il cardinale McCarrick, che indossava la veste filettata. Lo salutai con rispetto, come sempre avevo fatto. Egli mi disse immediatamente, con un tono fra l'ambiguo e il trionfante: “Il Papa mi ha ricevuto ieri, domani vado in Cina"». McCarrick aveva una lunga amicizia con Bergoglio e aveva giocato un ruolo nella sua elezione. Viganò, nunzio degli Stati Uniti, in quei giorni fu ricevuto dal Pontefice. «Il Papa mi chiese con tono accattivante: “Il cardinale McCarrick com'è?". Io gli risposi con tutta franchezza e se volete con tanta ingenuità: “Santo Padre, non so se lei conosce il cardinale McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i vescovi c'è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza". Il Papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito argomento». In realtà McCarrick fu per anni un grande consigliere del Papa in cose americane: «Le nomine di Blaise Cupich a Chicago e di William Tobin a Newark sono state orchestrate da McCarrick, Oscar Maradiaga e Wuerl. Anche la nomina poi di Robert McElroy a San Diego fu pilotata dall'alto». E, afferma Viganò, «anche McElroy ben sapeva degli abusi commessi da McCarrick, come risulta da una lettera indirizzatagli da Richard Sipe il 28 luglio 2016». Visti i fatti, l'arcivescovo Viganò tira le conseguenze. «Papa Francesco ha chiesto più volte totale trasparenza nella Chiesa e a vescovi e fedeli di agire con parresia. I fedeli di tutto il mondo la esigono anche da lui in modo esemplare. Dica da quando ha saputo dei crimini commessi da McCarrick abusando della sua autorità con seminaristi e sacerdoti. In ogni caso, il Papa lo ha saputo da me il 23 giugno 2013 e ha continuato a coprirlo, non ha tenuto conto delle sanzioni che gli aveva imposto papa Benedetto e ne ha fatto il suo fidato consigliere insieme con Maradiaga. In questo momento estremamente drammatico per la Chiesa universale riconosca i suoi errori e in coerenza con il conclamato principio di tolleranza zero, papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro». Un altro messaggio poi l'arcivescovo lo rivolge ai suoi confratelli vescovi: «Imploro tutti, in particolare i vescovi, a rompere il silenzio per sconfiggere questa cultura di omertà così diffusa, a denunciare ai media e alle autorità civili i casi di abusi di cui sono a conoscenza. Ascoltiamo il messaggio più potente che ci ha lasciato in eredità San Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Non abbiate paura!"».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci