
La proposta di legge dei radicali, anche grazie alla Consulta, torna in cima all'agenda. E trova una sponda tra i pentastellati.Il testamento biologico approvato nel dicembre 2017, ed entrato in vigore nel 2018, consente a qualunque persona di rifiutare l'alimentazione e l'idratazione in stato di incoscienza e di essere rianimata in caso di arresto cardiocircolatorio. In pratica è stata legalizzata l'eutanasia omissiva. Eppure, dopo appena poco più di un anno, è arrivato ieri alle commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera il testo sull'eutanasia d'iniziativa popolare promosso dall'Associazione Luca Coscioni e dai radicali. Insomma, come avevamo previsto, la finestra aperta dalle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) ha portato il legislatore a imboccare la via italiana al suicidio assistito. Anche perché la Corte costituzionale si è pronunciata e ha chiesto alle Camere di legiferare sul fine vita, per colmare un vuoto legislativo. Un ultimatum che mette pressione sul Parlamento, messo in moto dalla morte di dj Fabo e dal processo a carico di Marco Cappato.La proposta di legge era stata depositata alla Camera nella scorsa legislatura e il suo cammino sarà lungo, ma in Parlamento sembra già formarsi un fronte comune, tra democratici e M5s. Ad ogni modo parte del nuovo testo richiede un aggiornamento alla luce delle disposizioni che hanno ormai trovato un'attuazione tramite il testamento biologico. Fatto sta che il passaggio saliente della proposta di legge è quello che stabilisce che «ogni persona può redigere un atto scritto, con firma autenticata dall'ufficiale di anagrafe del Comune di residenza o domicilio, con il quale chiede l'applicazione dell'eutanasia». Anche in questo caso non è riconosciuto alcun diritto all'obiezione di coscienza al personale medico sanitario, che invece è tenuto a rispettare la volontà del paziente, ove essa provenga da un soggetto maggiorenne e che non si trova in condizioni, anche temporanee, di incapacità di intendere e di volere. Per questo motivo viene anche specificato che gli articoli 575, 579 e 580 del codice penale (quelli relativi a «chiunque cagiona la morte di un uomo») non si applicano al medico e al personale sanitario che «hanno applicato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente».Il testo dei radicali non indica nel dettaglio le modalità con cui può essere data la morte a un paziente che ne fa richiesta, ma è comunque evidente il passo in avanti rispetto alle Dat, dove la parola eutanasia non viene mai nemmeno nominata. Non è un caso che grande soddisfazione sia stata espressa da Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni: «È un grande risultato per il rispetto delle volontà individuali in materia di fine vita». «Ci sono voluti ben 35 anni di iniziative popolari», ha proseguito, «storie individuali e disobbedienze civili per arrivare a questo risultato che ora non può essere affossato come già successe nel 2016».L'esame del testo è iniziato ieri con le dichiarazioni dei due relatori, Giorgio Trizzino (M5s) e Roberto Turri (Lega), contestualmente è stato deciso di aprire un ciclo di audizioni con esperti in materia. I parlamentari grillini auspicano la libertà di voto, ma la questione rientra nei cosiddetti temi etici sensibili sui quali vige la moratoria del governo gialloblù. Gli attriti già scoppiati sul fronte della droga e su quello delle rivendicazioni del mondo Lgbt (adozioni e procreazione) sicuramente si ripeterebbero in caso di arrivo in Aula di una legge sul fine vita che allarga la possibilità di un'autodeterminazione senza limiti. Ambienti vicini al vicepremier Matteo Salvini assicurano che il leader del Carroccio non darà mai il suo avallo a una proposta del genere. Intanto annunciano già battaglia le realtà pro family italiane. «Eutanasia libera, ma per chi? Non per i medici: loro dovranno uccidere i pazienti che chiederanno l'eutanasia omissiva, pena il risarcimento del danno morale e materiale. Ci appelliamo a tutti coloro che possono intervenire: fermate questa proposta, obbligare qualcuno a essere un assassino per legge è un abominio disumano», affermano i presidenti di Pro vita e Generazione famiglia, Toni Brandi e Jacopo Coghe. Il presidente del Family day e neurochirurgo al Poliambulanza di Brescia, Massimo Gandolfini, denuncia la «falsa narrazione sull'eutanasia, anche perché, è un fatto incontrovertibile che in Italia non esiste alcuna emergenza legata all'accanimento terapeutico». «Basta avere un po' di onesta intellettuale e di contezza del settore sanitario», sottolinea il leader del Family day, «per riconoscere che nel nostro Paese non ci sono maree di malati terminali e anziani che reclamano di morire in santa pace, ma che non possono farlo perché tormentati da uno Stato che si ostina a tenerli in vita». Secondo Gandolfini oggi infatti esiste esattamente il rischio contrario, cioè quello di una lenta deriva verso l'abbandono terapeutico. «In tempi di crisi tutti i direttori di dipartimento e di istituto devono infatti sottostare a rigidi monitoraggi produttivi e sulle necessità di risparmio, questi portano a mettere fuori gioco i soggetti più deboli e abbandonati dalle famiglie», conclude il neurochirurgo. D'altra parte il piano inclinato su cui si pongono tutte le legislazioni sul fine vita è ben evidente nei paesi del Nord Europa, dove si è registrata una vera e propria esplosione dei trattamenti eutanasici che aumentano di anno in anno, malgrado inizialmente si sia partiti da testi di legge che consentivano fattispecie circoscritte. In Olanda e Belgio l'accesso al suicidio assistito è ormai consentito anche ai casi di demenza e malattie psichiche, mentre in Svizzera è possibile usufruire delle cliniche della morte anche per una depressione.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.