2018-06-12
Savona, il ministro rompiscatole
che mette i brividi alla Merkel
Il titolare del dicastero delle Politiche comunitarie è il sardo tipico e della sua terra ha la fierezza intrepida. Non è rancoroso ma non sopporta gli ipocriti, nelle cui fila mette Mario Draghi, Ignazio Visco e Mario Monti. La franchezza lo fa apparire indigesto e spiega gli attacchi di certi potentati.Mi scrivi, caro amico, per chiedere se davvero Paolo Savona abbia il caratteraccio che si dice. A un lettore che gli fece la stessa domanda, Indro Montanelli, che lo conosceva bene, rispose sul Corsera: «Ha il caratteraccio di un uomo di carattere». Mi accodo e ti spiego perché. Savona è un economista intransigente. Se ha una convinzione, la difende davanti a Dio e gli uomini, come disse Giorgio La Malfa - così ti porto un'altra testimonianza -, che lo conosce dai tempi del Mit di Boston, aggiungendo che in 40 anni (oggi 50, ndr) non ci ha mai litigato. Savona, cagliaritano del 1936, è il sardo tipico. Della sua terra ha la valentia, la fierezza intrepida che è l'anima dell'isola.la diffidenza di mattarella Conosci la polemica sul suo europeismo riluttante (parole sue) e le critiche alla moneta unica che gli hanno creato un alone di diffidenza. Fu la causa per cui Sergio Mattarella, altro caratterino, ne cassò il nome quando in maggio gli fu proposto come ministro dell'Economia. Alla bocciatura, il sardo reagì: «Mi ha fatto un torto». Pareva che tra i due isolani fosse calata una cortina di ferro. Non era così. Alla seconda tornata, il presidente, ottenuta la designazione dell'economista nelle più defilate Politiche comunitarie, ne avallò la nomina. L'altro apprezzò e seppellì l'ascia di guerra. Li ho osservati al giuramento in Quirinale. I due si sono stretti a lungo la mano e Savona, che a 81 anni è il più anziano ministro che si ricordi, ha detto: «Grazie, presidente».l'ingresso nell'euro Possiamo concludere che, se l'avversario è sincero, il Nostro non è rancoroso. Non sopporta, invece, gli ipocriti. Tra questi, include i più illustri dei suoi colleghi. Quando a metà anni Novanta si discuteva dell'euro, costoro sapevano perfettamente che l'Italia non era pronta e che la moneta unica l'avrebbe condannata al ristagno. Ma tacquero per opportunismo di carriera. «I più pericolosi», disse Savona, «non sono gli ignoranti ma quelli che capiscono e dicono bugie per il proprio tornaconto». Nella sua lista ci sono tutti i protagonisti di oggi. Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro, non poteva ignorare i fatti. Nel 1997, presenziò allarmato a un convegno sui guasti che l'euro avrebbe provocato al sistema bancario. Però, non mosse un dito per rinviare l'ingresso e oggi dichiara irreversibile la scelta. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che dopo il massacro dei risparmiatori, si disse contrario al bail in bancario, non fece nulla per ammonire il Parlamento dall'approvarlo. Anzi, lasciò che fosse applicato in Banca Etruria, prima dell'entrata in vigore della legge. «Senza parlare», dice ancora Savona, «degli scritti pro euro di Mario Monti, portabandiera del servilismo agli interessi dei poteri dominanti». Questa franchezza nominativa, fa capire perché Savona è indigesto al Palazzo e spiega gli attacchi dei giornali che ne rispecchiano gli interessi. Compresi Corsera e Repubblica, che in passato lo tenevano in palmo di mano come collaboratore.il palazzo non perdona Savona suscita stizza perché è il solo economista di sistema che critichi l'Ue per come realizzata. Viene da Bankitalia, è stato professore, è membro dell'Aspen Italia (dove lavora la figlia, Simonetta), consigliere di Ugo La Malfa e del già citato Giorgio jr, di Francesco Cossiga, Beniamino Andreatta, ministro di Carlo Azeglio Ciampi. Non un avventuriero ma un uomo dell'establishment. Da tempo, però le sue riflessioni coincidono con i timori dei populisti che ne hanno fatto un portabandiera. L'interessato, con qualche distinguo, ha accettato il ruolo. Il Palazzo non lo perdona. Questo in sintesi - amico mio -, il «caso Savona». È pure quello di un europeista della prima ora, ma deluso, che vorrebbe cambiare strada anziché restare su un binario morto. Sappi che ebbe la triste esperienza durante la guerra della casa di famiglia bombardata. Figurati se un uomo, che ha vissuto bambino questa violenza, non straveda per la pace che l'unità europea promette. Sono particolari che aggiungo perché tu non cada nella vulgata del sovranista ottuso. So già che mi opporrai il piano B, il progetto operativo di Savona per uscire dall'euro se fosse necessario: l'adozione di una nuova lira e, all'annuncio di questa drammatica risoluzione, la chiusura delle banche per impedire il prelievo di contanti con la contemporanea svalutazione, tra il 15 e il 25 per cento, della neonata moneta sull'attuale. Non lasciarti ingannare, amico: il piano B è solo segno di previdenza. Quella che manca a Banca d'Italia che dovrebbe per prima avere un piano alternativo nel caso di bisogno. Il fatto è che Savona è laico e guarda la realtà a occhi aperti. L'altra è fideista sulle sorti progressive dell'euro e neppure osa, per scaramanzia, immaginare che il meccanismo possa incepparsi.al mit con modigliani Paolo, chiamiamolo così ora che lo conosciamo, si definisce di ceppo marinaro. Figlio di un ufficiale di Marina, ha vissuto nella base della Maddalena. Si diplomò ragioniere e si iscrisse a economia. Lavorò come rappresentante di materiali per l'edilizia per mantenersi. Entrò poi in Banca d'Italia e scalò l'Ufficio studi. Fu spedito per alcuni anni al Mit (il Massachusetts institute of technology) presso Franco Modigliani, futuro Nobel, un keynesiano che gli inculcò l'idea dell'economia programmata. Come già sai, conobbe a Boston La Malfa junior al quale restò legatissimo. Tant'è che presiede la Fondazione Ugo La Malfa e cura dei libricini - collana Enzo Grilli - da cui traggo alcune delle cose che ti scrivo. Ogni volta che fu ministro, Giorgio chiamò Paolo al suo fianco come grand commis. Al Bilancio negli anni Ottanta. Nel 2005-2006 alle Politiche comunitarie, lo stesso dicastero in cui ora torna da titolare. il rapporto con cossiga Dopo gli Usa, rientrò in Bankitalia per uscirne quasi subito. Optò infatti per la carriera universitaria con la cattedra di Politica economica a Cagliari. Fu braccio destro di Guido Carli in Confindustria dove incrociò Luca Cordero. «La mia valutazione è che non capisse niente», ha detto di lui. Quando imperversava il terrorismo, il ministro dell'Interno, Cossiga, gli chiese, da sardo a sardo, di individuare nei proclami Br, sullo sfruttamento mondiale del lavoro, ecc. «la firma» dell'economista che si sospettava stesso dietro. Insomma, era come il prezzemolo e stava dappertutto. Nel 1993, fu ministro dell'Industria nell'ultimo governo della prima Repubblica: quello tecnico di Ciampi, premier incerto che Savona definì «palla di gomma». Ebbe continui bracci di ferro. Il più brusco con Romano Prodi, presidente dell'Iri, sulle privatizzazioni. Romano voleva distribuire le azioni ai piccoli risparmiatori (public company) che, sparsi e indifesi, avrebbero lasciato mano libera ai manager legati alla politica. Paolo era per il «nocciolo duro» in cui le grandi famiglie, che sborsavano i denari per acquisire le aziende, sarebbero state più occhiute. Savona vinse ma la destatalizzazione dell'Iri fu comunque un fiasco.un nuovo fronte Di recente, Paolo ha ricoperto massimi ruoli in aziende private. Ebbe vicissitudini giudiziarie - mai una condanna - su cui in queste ore si inzuppa il pane per denigrare il nostro protagonista. Stando a Savona, le inchieste puntavano unicamente a impedirgli di diventare governatore di Bankitalia e ha tagliato corto: «Avrò eterna disistima della nostra magistratura come categoria». E ha aperto un altro fronte.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)