2022-04-24
L’Europa spaccata sullo stop al petrolio pensa a sanzioni variabili per Paese
Sesto pacchetto in arrivo. L’Ue studia provvedimenti a velocità diversificata in base all’esposizione degli Stati e un tetto ai prezzi.È ancora in corso la macchinosa (e oggettivamente delicatissima) stesura del sesto pacchetto europeo di sanzioni alla Russia: il varo, a testimonianza di una gestazione assai complessa, potrebbe avvenire nel corso - o più probabilmente alla fine - della prossima settimana. Sono sul tavolo due certezze (di segno opposto) e due differenti ipotesi di lavoro. Le due certezze riguardano l’esclusione dal pacchetto del gas e l’inclusione del petrolio russo: sull’una e sull’altra cosa non paiono esserci dubbi. Sarebbe esiziale per l’economia di molti Paesi europei (Germania e Italia in testa), nella situazione attuale, bloccare il gas: dunque si parte dal petrolio, ma non è chiaro né come né quando né in quanto tempo, come vedremo. Di sicuro, anche per il petrolio, non sarà un embargo totale: e potrebbe riprodursi lo schema graduale già immaginato per il carbone nel pacchetto precedente. Veniamo alle due ipotesi in campo. Una è quella del cosiddetto «price cap», cioè l’imposizione di un tetto al prezzo di acquisto. Nelle intenzioni dei sostenitori di questa tesi, si tratterebbe di evitare che il Cremlino incassi di più, insomma si cercherebbe di limitare le entrate per Russia. Restano però notevoli perplessità: nel senso che il venditore potrebbe sempre cercare altri acquirenti. Senza dire che, se invece non lo farà, un’incidenza forte sulle entrate russe dagli acquisti europei a prezzo un po’ più basso avverrebbe solo dopo un tempo lunghissimo: un arco temporale immensamente più grande della presumibile durata della guerra in Ucraina (anche nel peggiore e nel più prolungato degli scenari bellici).L’altra ipotesi, che ad ora appare prevalente, è quella di un embargo a velocità differenziata con eliminazione differita e scaglionata nel tempo (phasing out): un approccio più graduale, come si diceva, che riduca a tappe l’importazione di greggio russo. In più sarebbe ammesso un timing differenziato Paese per Paese, in base alla differente esposizione dell’economia di ciascuno al petrolio di Mosca.Da un lato, insomma, sembra farsi strada un po’ di realismo: non va dimenticato che, secondo alcuni, l’alternativa sarebbe stata addirittura un embargo secco, totale e immediato (cioè zero petrolio, e magari zero gas, praticamente da subito): è prevalsa la lettura più ragionevole secondo cui, in quel caso, la prima vittima delle sanzioni sarebbero stati i Paesi sanzionanti. Quindi, per una volta, il pacchetto Ue potrebbe essere scaglionato proprio per non renderlo autolesionisticamente devastante per gli stessi Paesi europei.Dall’altro lato, però, c’è un tema tutto politico. Ammesso che il pacchetto venga scritto in questi termini, molto sarà rimesso alle capacità negoziali e alla tenuta nel corso della trattativa da parte dei governi dei singoli Paesi. È ovviamente sacrosanto difendere i principi, ma sarà bene non sacrificare gli interessi nazionali e, nel caso italiano, non dare altri colpi letali a un’economia già sofferente. C’è dunque da augurarsi che non scatti la logica autopunitiva della prova di zelo, dell’«esempio» da dare, dell’«essere i primi» a sacrificarci. Senza ambiguità sul piano geopolitico, che sarebbero ovviamente imperdonabili, Roma deve tuttavia avere ben presente la propria vulnerabilità energetica, frutto di errori antichi, finora mai corretti. Da un certo punto di vista, la clamorosa prima pagina di ieri del londinese Telegraph, che denuncia come Berlino e Parigi abbiano bellamente aggirato l’embargo post 2014, continuando a vendere armi alla Russia, dovrebbe indurre il governo italiano a pensare anche a sé, anziché confidare in chissà quali virtù tedesche (per una volta, in questo caso, non si pone il tema delle virtù francesi, vista l’indipendenza energetica raggiunta dalla Francia grazie al nucleare).Più in generale, se il governo italiano volesse scegliere una linea di leale realismo, tenendo insieme sia la correttezza verso l’alleanza atlantica sia le proprie esigenze nazionali, dovrebbe insistere su un obiettivo di medio termine: nessuno può pretendere sacrifici assurdi e autolesionistici con tempistiche ultra accelerate (sarebbe per noi un salto nel buio); semmai, occorre prendere un impegno - serio e rispettabile - a renderci indipendenti nel medio periodo, in tre-quattro anni, dalle forniture russe. Resta sullo sfondo un video, virale sui social e imbarazzante per molti eurolirici. Si tratta di un vecchio intervento di Donald Trump (siamo nel settembre del 2018): «La Germania diverrà totalmente dipendente dall’energia russa, se non cambierà immediatamente corso». All’epoca l’odio anti Trump fece sì che i media internazionali confutassero la tesi, e valorizzassero le risatine di scherno della delegazione tedesca che ascoltava l’allora presidente Usa. Chissà se oggi - non solo a Berlino - c’è ancora tanta voglia di ridere.