2021-01-22
L’Europa batte cassa con la Spagna. «Se volete il Recovery tagliate le pensioni»
Il dibattito in corso a Madrid conferma la tesi della «Verità»: l'Ue non chiede progetti, ma stangate. E i prossimi siamo noiSarà una ben magra consolazione aver previsto lo scontro fatale tra nodi e pettine per quanto riguarda la mitologica «pioggia di miliardi» del Recovery fund. L'eco delle notizie in arrivo dalla Spagna non lascia presagire nulla di buono per (...) il nostro Paese. Infatti, come riportato dai principali quotidiani iberici (El Pais e La Razon) e poi ripreso dal Financial Times, là è già esploso uno scontro politico al calor bianco all'interno della maggioranza guidata da Pedro Sanchez. Il ministro del welfare Jose Luis Escrivà afferma che estendere il periodo di calcolo della pensione a 35 anni - con ciò determinando un'automatica diminuzione dell'assegno - è una misura chiesta dalla Commissione per ottenere i fondi del Next generation Ee (Ngeu) ma che si tratta di misure in ogni caso necessarie. Una tempesta in un bicchier d'acqua, secondo lui. Ma Podemos, partner della coalizione di governo, ha già dichiarato che quelle norme non passeranno, non rientrando nell'accordo di governo che regge la coalizione. Questo accade alla Spagna, il cui piano è stato presentato lunedì all'Eurogruppo come esempio da imitare e che prevede esplicitamente un «allargamento del periodo di calcolo delle pensioni», nonostante l'arrampicarsi sugli specchi del ministro Escrivà.Ci scuseranno i lettori se ci ripetiamo ormai da mesi, ma gli scricchiolii in arrivo dalla Spagna - principale beneficiaria con l'Italia dei sussidi del Ngeu - sono solo schiuma sulla battigia rispetto allo tsunami che sta per arrivare nei confronti dell'Italia. Che tarda a manifestarsi per un solo motivo: il livello di genericità del nostro piano. E, non a caso, negli ultimi due giorni i Commissari Ue Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis stanno facendo salire il livello della pressione.Nonostante il regolamento sul Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf, il fulcro delle norme che disciplinano tutto il complesso meccanismo di questi fondi) debba essere ancora formalmente approvato da Europarlamento e adottato dal Consiglio, tutti i Paesi si stanno muovendo per tempo, interloquendo a livello informale con la Commissione. A tale proposito Gentiloni ha dichiarato alla Reuters che «in queste settimane stiamo discutendo con i 17 Stati membri che hanno già presentato le loro bozze, non solo con l'Italia, ma anche con gli altri 15 Stati che hanno già presentato le bozze di proposta». Il Commissario ha poi aggiunto che «l'Italia sa che deve rafforzare bozza del piano» e che «sono impensabili piani non in linea con obiettivi Ue». Dobbiamo dedurre che, come osservato per tempo su queste colonne, il piano dell'Italia fa acqua da tutte le parti. Delle due, l'una: o lo boccia la Commissione o lo boccia la maggioranza politica (almeno una parte) che sostiene questo governo, quando avrà finalmente preso visione di cosa significhi rispettare le raccomandazioni Paese e sottostare alla procedura per gli squilibri macroeconomici. Con un debito/Pil al 158%, mai il nostro Paese avrebbe dovuto accettare che il rispetto di norme pensate in un'altra era geologica (nel 1997 il patto di stabilità e nel 2011/2012 tutto la restante strumentazione) fosse una condizione per gli «aiuti». Quando il presidente dell'Europarlamento David Sassoli dichiara trionfante che sono «saltati i modelli del passato, c'è tanta solidarietà», dobbiamo temere che non abbia letto numerosi articoli del Rrf. A fargli da contraltare c'è sempre Gentiloni il quale sottolinea che «non sta alla Commissione europea decidere come l'Italia gestirà il piano nazionale di ripresa e di resilienza», ma serve «chiarezza sulle tempistiche e sugli obiettivi che si intende raggiungere. Deve essere chiaro che questa è una forma peculiare di finanziamento europeo. Dopo il primo prefinanziamento, arriveranno probabilmente due esborsi l'anno, condizionati al raggiungimento di obiettivi in determinati tempi». Se gli obiettivi non vengono raggiunti in tempo, «il rischio è che gli esborsi non avvengano», ammonisce infine Gentiloni.La inusitata chiarezza con cui oggi emergono certe banali verità, evidenti «per tabulas» ormai da mesi ma accuratamente trascurate dai grandi media, tutti acclamanti la (inesistente) solidarietà europea, è spiegabile in un solo modo: c'è qualche discolo che non ha capito quali sono i «compiti a casa» e come farli. In particolare due: Italia e Spagna, contemporaneamente tra i Paesi maggiormente colpiti sia dal punto di vista economico che sanitario. Ed allora i toni degli «avvertimenti» da Bruxelles, cominciano a farsi minacciosi.Ma sia Italia che Spagna, in teoria, non avrebbero bisogno dei «rimborsi» del Recovery fund. La nostra legge di bilancio (commi 1037-1050) infatti stanzia ben 118 miliardi in 3 anni (33 nel 2021, 40 nel 2022 e 45 nel 2023) istituendo un fondo di rotazione per l'attuazione del Ngeu. Tali somme sono stanziate a titolo di «anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall'Unione europea» e sono incluse nel saldo netto da finanziare. Volendo, il ministro Roberto Gualtieri è già autorizzato ad emettere titoli di Stato. Perché attendere un tortuoso meccanismo di indebitamento a livello unionale, quando una legge ci rende già autonomi?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)