2018-09-29
«L’Espresso» delira contro Salvini ma dimentica i suoi (veri) razzisti
Il settimanale paragona il decreto immigrazione alle leggi del 1938, che Eugenio Scalfari e Giorgio Bocca difendevano. Il capo dell'Unar, Luigi Manconi, prende le parti di Edoardo Albinati, lo scrittore che invocava la morte dei bimbi sull'Aquarius.La redazione dell'Espresso è «in stato di agitazione». Il motivo è la volontà dell'editore, il gruppo Gedi (presidente onorario Carlo De Benedetti), di «applicare a tutta la redazione un contratto di solidarietà che comporterebbe un taglio del 30 per cento degli stipendi dei giornalisti, e alla chiusura di fatto del sito Internet del giornale». Solo che, a quanto pare, l'agitazione gioca brutti scherzi. Lo stato d'animo inquieto dei redattori ha prodotto un mostriciattolo: la cover del numero in edicola da domenica assieme a Repubblica riprende interamente una copertina della rivista La difesa della razza, accompagnata da un titolo eloquente: «1938-2018. Un decreto che discrimina. Ottant'anni dopo le leggi razziali». Il senso è: il decreto immigrazione voluto da Matteo Salvini è equivalente alle leggi razziali del Ventennio.Sì, davvero i colleghi progressisti sono un pochino confusi. Dopo aver insultato le donne con un grottesco test sessista pubblicato in agosto, adesso insultano l'intelligenza dei loro lettori (e di tutti gli altri). L'attuale governo con il razzismo novecentesco non c'entra nulla. In compenso, l'Espresso qualche legame con La difesa della razza ce l'ha. Vale la pena di ricordare, infatti, che tra gli entusiasti sostenitori del razzismo di regime c'era pure un signore chiamato Giorgio Bocca, cioè uno degli editorialisti storici del settimanale di sinistra. Sul giornale La Provincia granda, nel 1942, Bocca scriveva cose del genere: «Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa della guerra attuale». E ancora: «A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l'idea [...] di essere lo schiavo degli ebrei?».Opinioni simili, nello stesso anno, le esprimeva (su Roma fascista) pure Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica nonché nume tutelare dell'Espresso, per cui ancora firma pregevoli editoriali. Era proprio lui, Barbapapà, a spiegare che «gli imperi quali noi li concepiamo sono basati sul cardine di razza escludendo perciò l'estensione della cittadinanza da parte dello Stato Nucleo alle altre genti». Interessante, vero? Forse ai redattori dell'Espresso, agitati come sono, si è annebbiata la memoria. Volessero rinfrescarla, potrebbero recuperare Scalfari. Una vita per il potere, la meravigliosa biografia del Divino Eugenio pubblicata da Giancarlo Perna negli anni Novanta. Ma che volete, questo è un Paese che agli illustri rappresentanti della cultura di sinistra perdona qualunque cosa, mica solo il razzismo. Prendiamo, tanto per restare in ambito migratorio, il caso di Edoardo Albinati, lo scrittore che, durante una presentazione di un libro, si augurò che sulla nave Aquarius morisse un bambino, così «voglio vedere che cosa succede con questo governo». Per tale, abominevole pensiero, il prode romanziere non si è mai scusato. Anzi, ha scritto un libro (Cronistoria di un pensiero infame) per spiegare che la colpa è dell'attuale governo e del clima d'odio che ha creato. Nel prezioso volumetto, 0 ne ha per tutti, a partire dai giornalisti «di destra», a cui sostanzialmente augura di finire all'inferno. Funziona così: poiché è contro Salvini, l'intellettuale può proferire ogni bestialità, e viene comunque difeso dai compagni di scuderia e dal vellutato «ambiente culturale». Il Corriere della Sera, dopo aver dedicato ad Albinati e alla sua pantomima varie pagine del supplemento La lettura, ieri gli ha di nuovo concesso un'intera pagina, per annunciare un incontro pubblico fra lo scrittore e il collega Sandro Veronesi. Per l'occasione, il giornale di via Solferino ha pubblicato un'estenuante articolessa firmata da Luigi Manconi. Il pezzo è per lo più incomprensibile - gonfio com'è di retorica e fumisterie - ma il senso s'intuisce. È una difesa di Albinati, il quale - scrive Manconi - con quella frase vomitevole avrebbe rivendicato «una sorta di diritto di rappresaglia», opponendosi al «cinismo di governo». La circostanza è curiosa, perché Manconi non è un recensore qualsiasi. Egli è il coordinatore dell'Unar, l'Ufficio nazionale che dovrebbe combattere le discriminazioni razziali. L'organismo, per intendersi, fa capo alla presidenza del Consiglio. Risulta vagamente sorprendente, dunque, che Manconi si metta a difendere un signore che si augurava la morte di un bambino in mare allo scopo di mettere in difficoltà il governo. Riassumendo: il settimanale che ospitava e ospita illustri (ex) razzisti, s'inventa il razzismo salviniano; il capo dell'Unar suona la trombetta per lo scrittore simbolo dell'odio ideologico. Andando avanti di questo passo, finirà che quelli dell'Espresso daranno la colpa delle loro difficoltà interne alla censura leghista, invece che ai loro editori sinceramente democratici.
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