2020-05-29
L’eredità di Scruton, filosofo senza Dio: l’umanità si salverà solo con la fede
Roger Scruton (Awakening, Getty Images)
L'ultima opera del grande pensatore inglese morto a gennaio affronta il «Parsifal» di Richard Wagner. E i dilemmi della religione.Roger Scruton se n'è andato il 12 gennaio scorso, sfuggendo per un soffio al disastro pandemico. Tuttavia, prima di morire, si è premurato di lasciarci un dono: il suo ultimo libro, uscito qualche giorno fa nel Regno Unito. Si intitola Wagner's Parsifal. The Music of Redemption (Il Parsifal di Wagner. La musica della redenzione), e prenderlo in mano adesso significa impossessarsi di una sorta di manuale utile a emergere dal pantano in cui ci hanno cacciati. È una significativa coincidenza che l'ultimo lavoro di Scruton prenda le mosse dall'ultimo dramma musicale di Wagner (inscenato il 26 luglio 1882 nel tempio di Bayreuth), e che entrambe le opere siano, in fondo, impegnate nella straziante ricerca di una dimensione spirituale, se non religiosa, dell'esistenza. Non per nulla fu proprio Parsifal a scatenare le furie di Nietzsche, che si scagliò contro «quel povero diavolo, quel selvatico giovanotto d'un Parsifal, che viene infine da lui [Wagner] cattolicizzato con mezzi così capziosi». Nietzsche trovava nell'opera del suo ex idolo «un'apostasia e una conversione agli ideali cristianamente morbosi e oscurantistici», vi avvertiva il puzzo della décadence. Eppure il filosofo tedesco ci indica il punto da cui partire. Parsifal è un «selvatico» ovvero - come ha spiegato Claudio Risé - «colui che si salva». Dunque Parsifal, oggi, può offrire una via di salvezza anche a noi. La sua storia ha molte versioni, e Risé l'ha mirabilmente rinarrata in uno dei suoi classici (Parsifal. L'iniziazione maschile all'amore, ripubblicato dall'editrice La Scuola). Parsifal è uno dei grandi protagonisti del ciclo arturiano: figlio di Gahmuret, signore di Angiò morto in Arabia, e di Herzeloyde. E qui troviamo il primo passaggio interessante. La madre di Parsifal è ingombrante, soffocante. Dopo aver perso il marito, non vuole perdere anche il figlio: cerca in tutti i modi di evitargli la morte in combattimento. Per stirpe, Parsifal è chiamato a diventare un cavaliere, ma Herzeloyde lo fa crescere come fosse un contadino, senza istruzione, senza sfarzo, immerso nella natura. In qualche modo la madre tiene prigioniero il figlio: non gli permette di uscire dal palazzo, arriva a far uccidere gli uccelli che, volteggiando nel cielo, mettono strane idee di libertà nella zucca di Parsifal. Vi ricorda qualcosa? Sembrano le nostre vicende al tempo del lockdown: siamo i bambini che lo Stato mamma prova a rinchiudere, incurante delle conseguenze dannose. Parsifal ci insegna prima di tutto a liberarci da questa costrizione, e a seguire il nostro sentiero. Quando nel recinto materno di Herzeloyde irrompono i cavalieri della Tavola Rotonda, Parsifal non può fare a meno di seguirli, distaccandosi dalla madre per rincorrere il proprio destino. Il giovane cavaliere, tuttavia, si distaccherà presto anche dalla corte di Re Artù. Attorno al sovrano ormai imbolsito, tutti sghignazzano, si fanno beffe del rustico Parsifal, sono appunto dei «cortigiani» che devono divertirsi e consumare, sono obbligati a seguire il pensiero dominante della corte. Parsifal, che è piccoletto e selvatico, si «riconosce diverso dalle regole della “maggior corte del mondo"», scrive Risé, e osa «rimanere fedele a sé stesso». Ecco le prime due lezioni di libertà: Parsifal si libera dal soffocante abbraccio materno e si avvia a diventare uomo, poi non si fa corrompere dai cortigiani e dal «pensiero dominante» e tira dritto per la sua via. Una strada, molto impervia, che lo condurrà alla grande impresa che lo aspetta: diventare il signore del Santo Graal. Per Wagner, Parsifal è il «puro folle», un personaggio in effetti un po' strampalato, ruvido, privo di «buone maniere» e anche dell'affettazione tipica dei cortigiani. Ma capace, per questo, di successi impensabili. Dopo lunghe traversie, egli riuscirà in effetti a impossessarsi del Graal e a salvare la «terra desolata» su cui regna Amfortas, il re pescatore, reso invalido da una ferita all'inguine che sta corrompendo il suo corpo, il suo spirito e tutto il suo mondo. Come lo salva Parsifal? Ponendogli una sola domanda: «Caro, che cosa vi strugge?». In buona sostanza, Parsifal si preoccupa per Amfortas, mostra compassione. Roger Scruton usa la parola «godliness», che potremmo tradurre con «pietà» nel duplice senso di «essere pio» e «provare pietà per l'altro». In questo modo, il cavaliere compie il passo decisivo. Dopo essersi guadagnato la propria autonomia (dalla madre e dalla corte), si rende conto di essere parte di una totalità. È un singolo, certo, ma all'interno di una comunità, all'interno di un ordine superiore - quello naturale - che lo comprende e a cui lui deve rendere conto. Riconoscere di appartenere a una totalità, sembra suggerire Wagner nella versione di Scruton, è un modo per venire in contatto con il sacro. Sia il musicista tedesco sia il filosofo britannico non erano credenti. Ma entrambi (e qui siamo all'ultima grande lezione) si rendevano conto che la vita, senza la dimensione ultraterrena, è priva di senso. «Lo scetticismo scientifico e il disordine sociale che caratterizzano la modernità», ha scritto Scruton, «minacciano di privare la gente delle credenze religiose, ma gli esseri umani hanno ancora bisogno di sentimenti religiosi, che sono profondamente radicati nella loro natura sociale». Dunque bisogna «trovare un'altra strada [...] per trovare la redenzione promessa un tempo dalla religione». Per Wagner è l'arte, la musica a redimere. Per Scruton, invece, è qualcosa che si avvicina molto di più alla fede, qualcosa che riguarda la nostra relazione con gli altri, che assomiglia a un sentimento di cura del prossimo. «Siamo stati chiamati non per esplorare il mondo, ma per salvarlo», scrive. «In tal modo emergiamo dalle nostre prove e dai nostri conflitti in pieno possesso della nostra natura sociale. Come il Redentore, facciamo un dono della nostra sofferenza, attraverso un atto di consacrazione che porta la pace a tutti noi». Tocca a noi, dice Scruton, redimere il mondo, salvarlo. Proprio come Parsifal riporta la vita nella terra desolata. «Che ci sia o meno un Dio, c'è questo sacro sentiero verso una sorta di salvezza, il percorso che Wagner ha descritto come “godliness" (Göttlichkeit in tedesco, ndr). Questo è il percorso intrapreso da Parsifal, ed è un percorso aperto a tutti noi». Da non credente, Scruton non si arrischia a parlare di Dio. Ma Parsifal, il suo testamento, è uno straordinario anelito al Cielo, il luogo in cui conduce la musica di Wagner.