2024-01-20
Lepore finisce in testacoda. Pur di rieducare i cittadini ci rimette soldi con le multe
Il sindaco dem di Bologna Matteo Lepore (Imagoeconomica)
Il sindaco dice candidamente che le contravvenzioni «sono solo un costo per la città». Spaccia la mossa per sicurezza stradale, ma alla base c’è sempre l’ideologia green.Sono multe rieducative. Correttive. Il sindaco Matteo Lepore spiega che quelle che vengono distribuite a Bologna dopo l’introduzione dei 30 all’ora in città non sono semplici contravvenzioni. No, sono strumenti di rieducazione collettiva. Non potendo impartire bacchettate con ecologici frassini sulle dita, non potendo costringere i cittadini a stare in ginocchio su ecologici ceci e non potendo tanto meno organizzare campi di lavoro in stile coreano sull’ecologico Appennino, per ora il primo cittadino si limita a insegnare l’educazione green a suon di multe. Che, si badi bene, «sono un costo per la città», dal momento che il Comune «nel farle spende più di quanto incassa». Ma che ci volete fare? Per rieducare il popolo non si bada a spese.L’importante è che i cittadini bolognesi siano consapevoli di ciò. E cioè che, quando vengono fermati da una pattuglia di vigili che li multa perché sfrecciano alla folle velocità di 39 km/h (Orrore! Orrore!) e sono costretti a tirare fuori dal portafoglio dai 29 agli 845 euro, con quei soldi non contribuiscono alle casse del Comune. Macché, al contrario, le impoveriscono. Ebbene sì, miracolo sotto la Garisenda: i cittadini diventano più poveri e il Comune pure perché, per ammissione dello stesso sindaco, per fare le multe si spende più di quanto si incassa dalle medesime. Un’operazione da Nobel dell’economia tafazziana e pirlesca, insomma, che però viene sostenuta dal sindaco con forti motivazioni ideologiche: le contravvenzioni in perdita, infatti, servono «per sensibilizzare i cittadini». Per insegnare loro l’educazione, stradale e non. Una specie di corso accelerato di bon ton ecologista. E chi è che non pagherebbe qualsiasi cifra per essere rieducato da Matteo Lepore, sindaco di Bologna? Bel personaggio, costui. Quando non urla contro i «fascisti alle porte» o quando non si lamenta del suo Pd («Sono come il centrodestra», disse anni fa), quando non dorme sotto la pericolante Garisenda o non dimentica il centro in preda a torme di baby gang e immigrati violenti, si dedica alla sua attività preferita: la rieducazione green. Dopo aver cacciato dalla sua coalizione i verdi, colpevoli di putinismo per via della proiezione di un film filorusso, è diventato l’unico vero paladino dell’ambiente in città. E fa di tutto per farsi notare: l’anno scorso, per dire, s’era messo in testa di vietare i barbecue, trovando nella carne alla griglia una delle principali cause dell’inquinamento. Ora, invece, ha imposto, primo in Italia, la città a 30 all’ora. Così alla griglia ci sono finiti gli automobilisti che hanno pure dovuto cominciare a pagare multe su multe per l’onore di essere «sensibilizzati» a spese del Comune. Un capolavoro, insomma.La città a 30 all’ora, per la verità, viene venduta prima di tutto come un progetto per la sicurezza stradale, volto a ridurre gli incidenti. In realtà risponde a criteri ambientalisti che tendono a escludere le persone (se non ricche o raccomandate) dai centri delle città: come le Ztl sempre più grandi, come i divieti di accesso a Milano, come la diffusione delle piste ciclabili ad minchiam e le altre invenzioni del sindaco Beppe Sala.Il mito ecologista della città senza auto, ma soprattutto senza uomini (se non ricchi o raccomandati), procede, questo sì, a cento all’ora. E forse anche di più. Nonostante qualche intoppo. A Parigi, per dire, una delle prime città a introdurre i 30 all’ora, ci si è accorti dopo poche settimane che la velocità media per le strade del centro non era cambiata e che i morti in incidenti stradali erano addirittura aumentati. Così, di fatto, si è limitato il tutto a un’operazione di semplice maquillage. Chissà, forse non avevano abbastanza soldi per sensibilizzare tutti i parigini… Invece il sindaco di Bologna sì. Lui i soldi li ha. E non si ferma sulla strada della rieducazione. Ha spiegato a più riprese che andar piano serve per rendere la città «più silenziosa e più spaziosa», oltre che per «avere strade curate e aree verdi» (che strano: e noi che pensavano che per avere strade curate e aree verdi bisognasse andare più veloci, almeno a fare i lavori…). Se ne impipa delle osservazioni del ministero delle Infrastrutture che ha espresso parere contrario sull’iniziativa, dicendo che genera «problemi per i cittadini superiori ai benefici». E festeggia dicendo che «attualmente Bologna sta andando piano». Che meraviglia, no? Sono anni che i bolognesi sognano di andar piano. Anche allo stadio Dall’Ara, per dire, quando i terzini rossoblù corrono troppo veloci sulla fascia, i tifosi bolognesi gridano: «Vai piano, via piano». E al Palasport? Quei playmaker che sfrecciano come razzi da un canestro all’altro? Non sono sempre invitati a rallentare un po’ la corsa? A Bologna sono fatti così: amano andare piano. Qualche volta anche proprio rimanere fermi.E a questo punto, perciò, ci permettiamo di dare al sindaco Lepore il nostro consiglio: perché limitarsi ai 30 all’ora? Facciamo la città ai 20 all’ora. Anzi, ai 10. Anzi di più: facciamola ferma. Completamente. La città immobile. La città in cui è vietato muoversi. Vietato muovere un passo. Vietato muovere anche un dito. Tutti fermi, magari anche in orizzontale, con le mani sul petto e una bara attorno: non sarebbe perfetto? Certo, ci sarebbe più nero che verde, ma pensateci: gli incidenti stradali sarebbero davvero ridotti a zero. La città sarebbe davvero «più silenziosa e spaziosa». E finalmente si respirerebbe un’aria pulita, in un ambiente sano, senza nessuno di quegli odiosi uomini a inquinarlo. Ovvio: costerà un po’ rieducare tutti i bolognesi alla fissità eterna. Ma quando si tratta di sensibilizzare i cittadini al green, il Comune di Bologna, si sa, non bada a spese.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
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