
Paola De Micheli celebra la newco, ma non spiega che i soldi bastano solo per scrivere il piano industriale e che manca l'ok della Vestager. A Francesco Caio 70.000 euro di stipendio: speriamo non finisca come con l'Inps di Pasquale Tridico.Facendo concorrenza alle celebri uscite del precedessore, il ministro dei Trasporti Paola De Micheli ha annunciato fiera il rilancio della nuova Alitalia. Un minuto dopo aver firmato il decreto per l'avvio della newco e la nomina dei vertici di Italia trasporto aereo, Alitalia Ita, ha scritto sui social: «Sarà ITAliana perché dovrà portare l'Italia nel mondo». Sarà per via della sintesi ma ha omesso alcuni dati che invece ai contribuenti italiani interesserebbero molto. L'azienda guidata da Francesco Caio, in qualità di presidente, e dall'ad Fabio Maria Lazzerini , al momento è una scatola con soli 20 milioni di capitale. Questi soldi serviranno per preparare il piano industriale e organizzare le strategie. Gli ormai famosi 3 miliardi stanziati nell'ultimo anno e il miliardo e 300 milioni del governo Gentiloni confluiranno - al netto di quelli già spesi per tenere in piedi la bad company - quando ci sarà l'ok dell'Unione europea? Oppure resteranno in gran parte in pancia alla vecchia Alitalia e dunque i contribuenti italiani (già poco speranzosi) saranno ulteriormente spremuti? Al momento le risposte non ci sono. Il che fa crescere la possibilità che in futuro il governo debba staccare un altro assegno. Il post della De Micheli non spiega infatti che a oggi manca il via libera della commissaria Margrethe Vestager sull'effettiva discontinuità aziendale e quindi l'assenza di aiuti di Stato. Il ministro dimentica inoltre di dire che la ripartenza della nuova Alitalia, semmai dovesse avvenire, impatterà poco sull'intero comparto dell'aviazione. Il vettore a oggi pesa poco più dell'8% del traffico italiano e nel Vecchio continente la quota di mercato viaggiatori supera di pochissimo l'1%. Se sarà la nuova Alitalia a portare gli italiani in giro per il mondo significherà, purtroppo, che i concittadini in gran parte resteranno a terra. Purtroppo scenario verosimile, visto che la pandemia ha fatto strage di compagnie aeree sanissime e che nei prossimi mesi potrebbe portare a una falcidia occupazionale. Si stima che 150.000 lavoratori (tra personale viaggiante, di terra e catering) rischino concretamente di perdere il posto il prossimo anno. E a quel punto i soldi saranno finiti, messi tutti per l'ennesimo rilancio di Alitalia.Insomma, la partita è solo all'inizio e non comincia bene con tali premesse. Poi c'è il tema politico. La nomina dei vertici è arrivata almeno con un mese di ritardo.I giallorossi hanno portato avanti la solita pantomima per la spartizione delle poltrone secondo il loro personale manuale Cencelli e se c'è una cosa di cui Alitalia proprio non avrebbe bisogno sono le pressioni politiche. Così l'ad è considerato in area dem mentre il presidente voluto direttamente da Giuseppe Conte. Nelle scorse giornate anche Italia viva aveva fatto capolino per suggerire qualche nome di professionista. Tanto che la lista definitiva, compresi i sindaci, è di ben 14 tra membri e consiglieri. Tutti indicati nero su bianco nel decreto bollinato venerdì sera. Nel testo spunta anche un chiaro imprinting grillino. Il testo autorizza un compenso di 70.000 euro per il presidente e di soli 35.000 per i consiglieri. Per l'ad che parte da una paga di circa 2.500 euro netti al mese si specifica che non ci sarà il tetto delle controllate pubbliche (240.000 annui) e quindi la futura retribuzione potrà prendere la stessa curva dei risultati e quindi del mercato. Una scelta alquanto pericolosa e criticabile. È chiaro che una società che nasce per decreto ministeriale non sarà mai avulsa dalla politica. Vorremmo che chi ha il compito di portare avanti un rilancio (che se si realizzasse avrebbe del miracoloso) venga pagato come si deve, dunque bene, e tanto perché dovrebbe metterci anima e corpo. Vedere cifre così basse ci porta subito alla memoria i pasticci fatti sull'Inps. Il presidente Pasquale Tridico «assunto» con soli 62.000 euro di stipendio, per diversi mesi è stato presidente senza consiglio di amministrazione. Poi, lo scorso aprile, il cda è stato nominato e le sue deleghe sono diventate effettive. A fine settembre ha ricevuto l'aumento di stipendio (quasi triplicato) pure con effetto retroattivo. Quando La Verità ne aveva scritto a dicembre del 2019 ricevette addirittura minacce legali eppure il caos Inps era già chiaro. Non era certo una questione di buste paga ma di mancanza di trasparenza e soprattutto di obiettivi. Il presidente dell'Inps dovrebbe tutelare le pensioni degli italiani e non occuparsi di bonus o di altre strategie politiche che competono a un ministro del Lavoro. Anzi, se contribuisse a risanare il buco dell'ente saremmo felici di trattarlo come un super manager. Ecco, il decreto, con i relativi compensi, sulla nuova Alitalia non lascia ben sperare. O chi ci lavora, visto l'infima retribuzione, si sentirà autorizzato a mollare subito appena le cose andranno male, oppure verrà ricompensato successivamente con il passare del tempo e dei cdm. Maneggiare Alitalia è un compito arduo e - vale la pena ricordarlo - finanziato con i soldi delle tasse degli italiani. Per questo sarebbe bene fissare subito tutti i paletti. Nel frattempo le dichiarazioni ci ricordano che prima di febbraio 2021 Alitalia Ita difficilmente sarà operativa con circa 6.500 dipendenti e una flotta da 90 velivoli destinati a coprire tratte di lungo raggio soprattutto verso gli Usa. Nel frattempo, la bad company ha chiesto altri 150 milioni per pagare la cassa integrazione ai vecchi dipendenti diventati esuberi.
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