
Trionfante dopo l'incoronazione a imperatore, decise di colpire la perfida Albione innescando una pesante crisi economica. Poi punì i Paesi che intrecciarono rapporti con il nemico, tra cui la Spagna. Un conflitto disgraziato da cui cominciò la sua fine.È una mattina nebbiosa e cupa, quella del 2 dicembre 1805. Ogni cosa pare ovattata, filtrata, nascosta. Nulla si distingue, all'orizzonte. Eppure, proprio in quella giornata, sta per essere combattuta una delle più celebri battaglie della storia, che peserà in modo decisivo sui destini della Francia e del suo dominus, Napoleone Bonaparte. E cioè «la battaglia dei tre imperatori», meglio nota come Austerlitz. Lungo un fronte di 15 chilometri, le forze del signore dei francesi, dello zar Alessandro di Russia e del suo alleato Francesco II kaiser d'Austria, stanno per scontrarsi. All'improvviso, verso le 10, si leva un sole trionfale, che sarà ricordato come «il sole di Austerlitz». Ci si batte quindi per tutta la giornata. Napoleone ha ideato una tattica brillante per aver ragione degli avversari: li ha portati sulle posizioni a lui più congeniali, senza neppure muovere la propria armata. Il tutto grazie «all'effetto sorpresa» e alla straordinaria velocità a cui si muove - non a caso, lo scrittore Paul Morand lo definirà l'homme pressé, l'uomo che va di corsa. L'Armée, composta da elementi giovani e quasi tutti francesi, è stata scissa in sette corpi differenti, chiamati «i sette torrenti», che sono autonomi perché dispongono di fanteria, artiglieria e cavalleria proprie. Alla loro testa, ci sono i più grandi comandanti e marescialli dell'Esagono. La vittoria finale è straordinaria, eclatante. «Soldati!», esclama l'imperatore, rivolgendo un asciutto complimento ai suoi uomini, «sono contento di voi!». E poi ancora: «Vi basterà dire: “Ero ad Austerlitz", perché vi venga risposto: “Ecco un prode!"».La sera prima dello scontro, Bonaparte ha camminato come è solito fare in mezzo ai bivacchi, leggendo il suo proclama. Il nemico è chiamato «la soldataglia al soldo dell'Inghilterra, animata da un odio immenso verso la nostra nazione». È chiaro che si aspetta una clamorosa rivincita sulla sconfitta della battaglia navale di Trafalgar, avvenuta il 21 ottobre dello stesso anno. Per una delle coincidenze che piacciono alla storia, Austerlitz viene combattuta esattamente un anno dopo il Sacro che ha reso Bonaparte imperatore di francesi. È infatti il 2 dicembre 1804, quando Napoleone - alla presenza della sua «augusta« famiglia (tranne Madame Mère, Letizia Ramolino Bonaparte), della corte, del governo, dei marescialli - si è autoincoronato e ha fatto lo stesso con la moglie Joséphine. Alla cerimonia è presente anche papa Pio VII, il quale ha accettato di partecipare per non dissipare gli effetti del recente concordato. Il Santo Padre ha unto i coniugi - che, in realtà, sono stati uniti in matrimonio religioso solo la sera prima - sulle mani e ha benedetto i simboli imperiali. Poi, però, Napoleone ha cinto autonomamente la corona dorata di foglie d'alloro e se l'è posta sul capo. È «imperatore dei francesi per grazia del popolo». Si dice che il neoeletto abbia mormorato al fratello Giuseppe: «Ah, se nostro padre potesse vederci....». Resta, a ricordare il Sacro, il famosissimo quadro di Jean-Louis David, il quale ha comunque preferito far figurare anche l'assente Letizia Ramolino, per ragioni di convenienza. L'espressione beffarda che inalbera Charles-Maurice de Talleyrand Pèrigord nel dipinto è un capolavoro di espressività. Il suo commento, riferendosi all'imperatore, è stato: «Quel misto di antica Roma e di Carlo Magno gli sta dando alla testa».In verità, la testa di Napoleone parrebbe ancora ben salda. La sensazione di tutti è che sia protetto, baciato dalla fortuna: la sua buona stella gli arride sempre. Dopo Austerlitz, inanella un trionfo dietro l'altro. Nel 1806 sconfigge la Prussia a Jena, e poi la batte ancora l'anno successivo, quando questa si pone a capo della quarta coalizione contro la Francia. Crea una lunga serie di stati vassalli, fra cui l'Italia e l'Olanda, e mette i suoi fratelli a capo dei nuovi regni. Vince a Friedland e Eylau, firma a Tilsitt nel 1807 un trattato di pace con la Russia dello zar Alessandro ( di cui è un estimatore), un altro con Federico Guglielmo III di Prussia. Poi si prepara a fare i conti con la «perfida Albione», la nemica di sempre. Poiché non è arrivato a sconfiggerla militarmente, decide di colpirla nel suo punto debole, cioè il commercio. A tal fine, lancia «il blocco continentale», un embargo alle merci e navi inglesi, a cui dovrebbe aderire tutta l'Europa. Il blocco viene firmato il 23 novembre 1806 a Berlino, ma si rivelerà un errore. La mancanza di alcune merci fondamentali, l'impossibilità di fare scambi con quelle nazioni che le posseggono, la disoccupazione, la penuria di generi di prima necessità portano a una pesante crisi economica e a un forte scontento generale. Persino i parenti di Napoleone, che regnano nei diversi Stati, sono costretti a venire a patti con gli inglesi: per esempio Luigi Bonaparte, che ha sposato Ortensia de Beauharnais, figlia di primo letto di Joséphine, ed è poi divenuto re d'Olanda, altra grande «nazione commerciante», ha dovuto trovare un compromesso.Napoleone decide di punire coloro che non si sottomettono al suo volere e intrecciano rapporti con i nemici, anche se si rende conto della situazione. Tornare indietro, però, non è facile. Uno dei Paesi «disobbedienti» è il Portogallo, che di conseguenza viene invaso dalle armate francesi. L'obiettivo di Bonaparte, tuttavia, è la Spagna, che infatti viene attraversata dai suoi soldati. Nel 1808, quindi, egli decide di attaccarla, violandone i diritti. Ancora una volta, ha dato ascolto al suo cattivo genio, a quel Talleyrand che lo incita a eliminare i Borbone dalla scena europea: in Spagna, infatti, regna Carlo IV di Borbone, insieme alla sua orrenda moglie. I ritratti impietosi che Francisco Goya traccia di costoro ( oltre a quello dell'erede al trono Ferdinando), sono qualcosa di terrificante: se la fisiognomica è una «scienza», cosa non rivelano quei volti feroci e stolidi...Già un'altra volta, il ministro degli Esteri ha fatto commettere di proposito un grave sbaglio al suo padrone. Nel marzo 1804, lo ha fomentato a far rapire e poi condannare a morte senza processo il giovane Louis-Antoine de Bourbon-Condé, duca di Enghien, che viveva per suo conto nello stato neutro del Baden. Il pretesto usato è che il duca di Enghien, pronipote del Gran Condé, sta cospirando alla testa dei monarchici e dei realisti per far assassinare Bonaparte. In questa affermazione, tuttavia, non c'è nulla di vero. Semplicemente, Talleyrand vuole mettere «una scia di sangue » fra i Borboni e Napoleone, intende macchiare di sangue le mani di costui, mescolandolo ai crimini della Rivoluzione per indebolirlo. Inutilmente parecchie persone hanno pregato l'allora Primo console di desistere dai suoi propositi. Joséphine lo ha scongiurato di non far uccidere il giovane principe e, riferendosi a Talleyrand, ha detto: «Quello zoppo mi fa paura». Fouché, saputo dell'esecuzione, ha chiosato: «È più di un delitto, è un errore». Anni dopo, in una celebre scenata, Bonaparte rinfaccerà al ministro degli Esteri quell'inutile omicidio, gridandogli: «E il duca d'Enghien? Davvero siete estraneo alla sua morte, come dite? Ma chi mi ha parlato di costui? Chi mi ha consigliato per scritto di farlo rapire e poi condannare? Forse io ne conoscevo l'esistenza? Forse sapevo dove abitava?». La sua ira è giustificata, ma la colpa di quel gesto ricadrà su di lui, non sul cinico ex vescovo di Autun.E anche nella vicenda iberica, Bonaparte dà ascolto ai consigli di Talleyrand. Solo a Sant'Elena, ammetterà: «Il più grande errore che ho commesso è stata la spedizione di Spagna... Quella disgraziata guerra mi ha perduto. Tutte le circostanze dei disastri successivi sono legate a quel nodo fatale. Esso ha complicato ogni mia difficoltà, diviso le mie forze, aperto una strada ai soldati inglesi, distrutto la mia reputazione di moralità in Europa...». Intanto il danno è fatto. Ed è fatto anche per compiacere il debole Giuseppe Bonaparte re di Napoli, che vuole un trono più importante. E così, a Giuseppe spetta la Spagna, mentre Joachim Murat con l'ambiziosa moglie Carolina se ne va nella Campania felix. Innegabilmente, la famiglia, «il clan corso» è uno dei veri talloni di Achille dell'imperatore, che lo porta a commettere errori poi pagati da lui solo.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.
Donald Trump (Ansa)
Luci e ombre nel primo anniversario della rielezione alla Casa Bianca: promosso in Medio Oriente, rimandato sull’Ucraina. Borsa ai massimi ma «sopravvalutata». L’inflazione cresce e la Fed mantiene i tassi alti. Stallo record sulla legge di bilancio.
Gli elettori della Virginia chiamati a scegliere il nuovo governatore si sono espressi: «Trump you are fired! (sei licenziato, ndr). In uno stato però tendenzialmente blu, che nel 2024 aveva scelto Kamala Harris. E confermando il trend, ha optato per la democratica Spanberger. Sebbene il governatore uscente fosse repubblicano. Colpa dello shutdown a detta di molti. Cosa sia lo vedremo alla fine. E comunque negli ultimi 20 anni i democratici alla guida della Virginia sono stati scelti cinque volte su sette. Ma al netto delle elezioni in Virginia, e dando per scontato che la città di New York e lo Stato del New Jersey votassero democratico (per intendersi sono un po’ come Bologna e la Toscana per il Pd), a un anno esatto dalla sua rielezione alla Casa Bianca qual è il bilancio della seconda presidenza Trump?
Buchi nella sicurezza, errori di pianificazione e forse una o più talpe interne. Questi i fattori che hanno sfruttato i ladri che hanno colpito al Louvre di Parigi. Ma dove sono i gioielli e chi sono i responsabili?






