2018-10-05
L’egualitarismo è la morte della democrazia
Secondo il filosofo Louis Rougier, l'utopia dell'uguaglianza fra gli uomini è destinata a determinare un livellamento generale ed è diventata un dogma esattamente come quello dell'universale competenza della ragione. Il risultato di questa follia è una civiltà ricca dal punto di vista materiale, ma povera di spirito e incapace di creare vera arte.Lo studio su La mistica democratica, qui riproposto con il titolo La fine della democrazia? è pubblicato nel 1929 da Flammarion nella Bibliothèque de philosophie scientifique, celebre raccolta dalla copertina arancione, fondata e diretta da Gustave Le Bon. Louis Rougier, che ha a malapena quarant'anni - è nato il 10 aprile 1889 - vi sviluppa delle idee già affrontate in diversi articoli […]. Il punto di vista di Rougier può riassumersi nel modo seguente: lungi dall'essere fondata sulla ragione, come credevano i filosofi del XVIII secolo e, dopo di loro, i rivoluzionari del 1789, l'ideologia democratica si basa su una mistica che impregna i suoi principi essenziali.Il nucleo di questa mistica è il «dogma dell'uguaglianza naturale», che proviene dall'«ideale di giustizia egualitaria» caratteristico del «profetismo di Israele», in concomitanza con la visione messianica di un senso della storia. Questo dogma è stato poi diffuso e ridefinito dalla Scolastica cristiana, dal protestantesimo calvinista e dalla filosofia degli Illuministi. Ora, per Louis Rougier, l'egualitarismo è una «semplice utopia». Citando Renan: «L'uguaglianza è l'errore teologico per eccellenza». Riprendendo la contestazione dell'ideologia rivoluzionaria, Rougier le conferisce dunque un carattere genealogico, facendo emergere, oltre la loro apparente opposizione, ciò che lega l'egualitarismo alle dottrine metafisiche e teologiche che l'hanno preceduto. […] Le proposizioni costitutive del razionalismo egualitario sono ormai percepite come «evidenze» di cui nessuno, o quasi, osa mettere in discussione i fondamenti. «Siamo tutti uguali, giusto? Dichiara il Manifeste des égaux. Questo principio resta incontestato perché, a meno di essere pazzi, non diremmo mai sul serio che è notte quando invece è giorno!». L'uguaglianza è diventata un dogma esattamente come quello dell'universale competenza della ragione. Ovviamente, questa opinione non è condivisa da Rougier che, istruito dall'esperienza, si sente libero di affermare che il dogma dell'uguaglianza «contiene tutto il collettivismo». Il razionalismo, precisa, dopo aver avuto effetti positivi, «sembra aver esaurito la propria missione civilizzatrice». Ormai sono i suoi svantaggi ad apparire ogni giorno più chiaramente: «Gettando nel mondo l'idea dell'uguaglianza naturale, dell'identità della ragione in tutti gli uomini, da cui derivano le loro uguali competenze e i loro uguali diritti, ha portato la nostra civiltà occidentale al paradosso più evidente di tutta la nostra storia […]. Tra il principio di maggioranze, derivato dal razionalismo, e il principio di competenza, derivato dalla sociologia positiva, il conflitto è inevitabile». Rougier aggiunge: «Selezionare un'élite la più competente, attiva ed energica possibile; portarla al potere per assicurare il bene pubblico; non affidarsi alle leggi del caso per produrre quegli eccezionali successi che sono, nella vita delle nazioni, i grandi uomini: ecco il primo dovere di ogni sana costituzione […] Ben lontano dal voler far regnare una vera uguaglianza, che sarebbe confusione invece che differenziazione, il ritorno alla barbarie invece del progresso della civilizzazione, le istituzioni sociali e politiche devono favorire la selezione e l'ascesa progressiva di un'élite investita dei poteri pubblici». […] L'essenziale equivalenza degli individui, presupposto dell'idea egualitaria, livella le differenze e produce la scomparsa delle identità collettive. La «mistica del numero» riduce gli uomini a valori puramente numerici, e talvolta addirittura a cose, dato che le relazioni tra gli uomini si ricalcano progressivamente su quelle che gli uomini intrattengono con gli oggetti. Sotto le forme più diverse, si diffonde l'idea che esistano chiavi esplicative universali, sistemi sociali che si confanno a tutti gli uomini di tutti i tempi; l'umanità intera dovrebbe obbedire alle stesse leggi.Max Lerner scriveva: «Il popolo americano è profondamente convinto che le proprie istituzioni, essendo le migliori al mondo, debbano di conseguenza confarsi a tutti i popoli». È l'esatta trasposizione del discorso di Cartesio sulla ragione «una e intera in ciascuno». E di quello di Condorcet: «Una legge giusta deve essere giusta per tutti, come una proposizione vera è vera per tutti». La «mistica» democratica è quindi molto legata a quello che René Guénon chiamava il regno della quantità. Rougier constata: «L'umanità ha perso in idealismo quello che ha guadagnato in potenza materiale; ha perso in spiritualità quello che ha guadagnato in benessere e in comodità tramite l'uso di tecniche che si preoccupano solo di avere successo». Così il saggio su La fine della democrazia vuole essere una critica violenta alla società mercantile e ai valori quantitativi: «La nostra civiltà, così ricca di mezzi materiali, è mostruosamente inestetica... In un secolo la monarchia francese ha creato tre stili e ha imposto il suo savoir-vivre all'Europa. Con le sue ricchezze degne di Golconda, in tre secoli l'America non è riuscita a fondare una scuola d'arte originale».
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