2020-09-07
Giulio Tremonti: «L’effetto del whatever it takes sarà un’altra crisi finanziaria»
L'ex ministro: «Programmi Bce e “debito buono" hanno un limite: restano ancorati al globalismo, che preferisce un mondo senza regole a morale, tradizioni e nazioni».Professor Giulio Tremonti, cosa vota al referendum?«Non ho ancora deciso». Come mai?«I politici e gli accademici, che tra l'altro solo in questi giorni si sono animati, mi sembrano stregoni non apprendisti che maneggiano veleni presentandoli come medicine o come antidoti».Che intende?«Non hanno visto o non vedono che in Italia oggi è malato il corpo stesso della democrazia e che la cura, se c'è, non è elettorale, ma semmai “costituzionale"».Per questo, già nel 1997, lei e Giuliano Urbani avanzaste una proposta di riforma costituzionale? Prevedeva la trasformazione del presidente del Consiglio in primo ministro, la sua elezione diretta e il bicameralismo imperfetto.«Era una paleoproposta fatta in alternativa al referendum dell'Elefantino».Quello per abolire la quota proporzionale, promosso nel 1999 da Mariotto Segni e Gianfranco Fini?«Esattamente. La nostra alternativa era: non un referendum sul sistema elettorale, ma una riforma costituzionale». Quel referendum non raggiunse il quorum.«Ricordo che la notizia mi arrivò mentre ero a Westminster. E comunque, Westminster per Westminster, va notato che la funzione del sistema elettorale non è tanto quella della rappresentanza, quanto quella del governo».Ma che c'entra Westminster?«Da quelle parti è stato inventato il sistema parlamentare, ma come representative government. Non rileva la rappresentanza se questa non è finalizzata e funzionale al governo».La legge elettorale è la priorità di Nicola Zingaretti…«Mi fa un'altra domanda?».Ah ah ah. Perché dice che è malato il corpo della democrazia?«Ventitré anni fa erano già evidenti in Italia i segni del male interno al corpo della democrazia. L'origine dei problemi non è più solo nazionale. E nella relazione alla proposta Tremonti-Urbani si prevedevano instabilità e folklore. Oggi quei mali sono, purtroppo, ancora più evidenti - e, tra l'altro, non solo in Italia». Di che mali parla, di preciso?«Primo: ti candidi al governo di una nazione, ma l'origine e la dimensione sovranazionale dei problemi che, se vieni eletto, devi governare, va oltre i tuoi poteri. Dalle migrazioni alle macchine ruba lavoro portate dalla rivoluzione digitale».Secondo?«La caduta delle ideologie. Per due secoli sono stati palinsesti capaci di identificare principi, apparati di pensiero, schemi d'azione».Terzo?«La spesa pubblica. Il deficit standing è stato, nell'ultimo mezzo secolo, un mezzo per acquisire consenso o ridurre il dissenso. Adesso è l'opposto. C'è il Covid, ma quello della finanza pubblica tornerà a essere uno dei fattori determinanti, in positivo o in negativo, per la democrazia. Posso assicurarle che un conto è governare contenendo o riducendo il deficit, un conto è governare facendo deficit».L'Ue ha reagito bene al Covid?«L'Europa si è messa dal lato giusto della storia. Non solo ha sospeso i parametri del Patto di stabilità, non solo ha rimosso il divieto di aiuti di Stato, ma, in aggiunta, ha sdoganato gli eurobond. Mi permetto di ricordare che erano una proposta nostra, fatta nel 2003 e poi, ancora, nel 2010. Ma se è vero che il diavolo sta nei dettagli, a Bruxelles ci sono più diavoli che dettagli».Cioè?«Degli eurobond già si prevede il carattere una tantum e non permanente. I contributi sono condizionati non solo all'efficienza degli investimenti finanziati, ma anche alla presenza di riforme di “stile europeo"». Allude alle raccomandazioni Paese, che dovremo seguire per ricevere le rate del Recovery fund?«Tanto sugli investimenti quanto sulle riforme, il controllo può prendere la forma del condizionamento. Già al principio del Novecento, Francesco Saverio Nitti diceva: “Duro è dipendere dall'oro alieno". Oggi, e domani soprattutto, si dovrà constatare quanto duro sarà dipendere dalle condizioni europee. Anche perché tutto quanto fatto in Italia verrà controllato dai nostri partner europei - partner si fa per dire». Come finirà?«Quello che fu uno Stato fondatore diventerà uno Stato prenditore, presentandosi sulla scena come una stazione appaltante - o appaltata. Già abbiamo difficoltà a fare gli investimenti domestici, figurarsi quelli europei». La Bce ci darà una mano.«La Bce crea moneta dal nulla e lo fa su scala esponenziale, passando dai miliardi ai trilioni». Quindi?«A cosa serve? Non è comprensibile il rapporto tra Bce e inflazione. L'inflazione è un plafond da non superare, come si pensava negli anni passati, o è un target da raggiungere, come oggi è di moda dire?».Sembra più un obiettivo da raggiungere, date le condizioni.«La realtà è che, in assenza di domanda salariale, in presenza di Amazon e, soprattutto, con i tassi a zero o sotto zero, praticati dalla Bce stessa, l'obiettivo dell'inflazione e, per la verità, anche quello della crescita economica, si configurano in termini piuttosto nebulosi».E il whatever it takes?«Ci è stato detto che, nel 2012, sono stati salvati l'euro o addirittura l'Europa. Non ci è ancora stato detto da chi o da cosa. Di certo, non con il dissenso della Germania, anzi! In ogni caso, quello che doveva essere un intervento di pronto soccorso, è diventato una lungodegenza - lunga otto anni. Con tre effetti negativi».Quali?«Primo: è stata annichilita la politica. Non per caso, dal 2012 non è stata più fatta in nessun Paese d'Europa neppure una delle pur invocate riforme. Tanto c'era la Bce».Poi?«Secondo: lo scettro del potere è così passato dai governi alla Bce e da questa al mercato monetario».Infine?«Terzo: esclusa l'ipotesi che arrivino un'inflazione salvifica o una ripresa economica, è fortemente probabile che si accumulino i presupposti per una drammatica crisi finanziaria».Che via d'uscita abbiamo?«Con l'avvio della globalizzazione, più o meno trent'anni fa, il mondo è passato da liberté, égalité, fraternité, e globalité, marché, monnaie». Si spieghi.«Il vecchio mondo liberale si basava sulla libertà ma anche sulle regole. Il nuovo mondo funziona in base alla regola che non ci devono essere regole. Questo porta al principio della crisi, nel 2008, che si manifesta nel campo della finanza privata, ma che ha origine nella struttura politica del mondo. Una politica che esclude le regole».Dunque, che succede?«A questo punto - siamo nel 2009 - si configurano due visioni politiche: quella italiana - G20 di Lecce - e quella finanziaria globale».Ovvero?«La prima si sviluppa nella scrittura di un trattato multilaterale di regole per l'economia, che avrebbe anticipato una nuova Bretton Woods, prendendo il nome di Global legal standard».E la seconda?«L'altra visione era quella espressa dal mondo della finanza: non servivano regole per l'economia, solo qualche aggiustamento sui meccanismi finanziari. Prese il nome di Financial stabliity board». E al vertice del Fsb, allora, fu posizionato Draghi.«In questi termini, la dividente non è personale ma fondamentale. Una era la visione globale totale, la visione della finanza per la finanza. L'altra vedeva nella globalizzazione benefici ma anche malefici. Anzi, li prevedeva». Cosa prevedeva?«All'articolo 4 del Gls c'era scritto: “Rispetto delle regole ambientali e igieniche". Le dice niente?». Profezia della pandemia.«Erano due filosofie politiche totalmente diverse. Quella globale è assolutistica e top-down. L'altra parte dal basso, dal mondo reale, non si esaurisce nella finanza. Non free trade, ma fair trade. E dunque, spazio anche per la politica nazionale e per le forze vive e libere della società». Quali sarebbero?«Volontariato e ricerca. Per esempio, per curare la crisi, una soluzione potrebbe essere passare dal 5 al 10 o al 20 per mille. E questo non è sovranismo». Cos'è?«È la storia secolare dell'Occidente. La ricchezza, ma anche le nazioni; la morale; le tradizioni; i diritti; le strutture sociali. Se vuole, è una visione “romantica" dell'esistenza: non tutto annegato nel gelido meccanismo del tasso d'interesse e del pagamento a mezzo future. Come diceva un tizio due secoli fa».Chi?«Karl Marx. Alcune application sono state eccessive, ma l'uomo ci prendeva».Le élite globaliste si stanno ravvedendo? Draghi ormai parla di «debito buono».«Ragionano con gli stessi schemi. Parlare di “debito buono", ad esempio, significa individuare la soluzione ancora dentro la finanza. Ma la soluzione sono le regole».Quanto possono influire le elezioni Usa su tale scenario?«Chiunque vinca, continuerà il fermo dello scivolamento dell'America verso la Cina. Non ci saranno cambiamenti sulla politica estera, se non, forse, verso l'Europa, in caso di vittoria democratica».Conviene all'Italia gettarsi tra le braccia della Cina?«Quello della Via della seta è un percorso pericoloso». In che senso?«Su Air China c'era un film sulla Via della seta: due imperatori buoni, uno cinese e uno romano. Lungo la via c'erano i nemici, ma alla fine vinceva il bene. Forse le cose oggi sono un po' diverse». Diverse come?«La via mercantile è sempre pericolosa, ma alle vecchie insidie potrebbero aggiungersi insidie di tipo nuovo. Ad esempio, giudiziario».