2023-05-09
Le virostar insistono: «Il virus c’è ancora, altre dosi ai fragili»
Da Roberto Burioni a Antonella Viola a Giuseppe Remuzzi, gli pseudo esperti continuano lo show: «Una pandemia finisce solo quando ne inizia un’altra».L’impressione, è che luminari e virostar siano rimasti orfani dello stato di emergenza sanitaria internazionale dichiarato concluso il 5 maggio. Cercano di riempire di avvertimenti, di messaggi allarmati il vuoto di attenzione lasciato dalla pandemia, finalmente declassata perché il virus «non crea più apprensione», come ha convenuto Gianni Rezza, direttore generale della prevenzione al ministero della Salute. Ha cominciato lo stesso direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, annunciando la decisione ma subito puntualizzando: «Il virus è qui per rimanere. Sta ancora uccidendo e sta ancora cambiando». Si è affrettato a dire che «resta il rischio di nuove varianti emergenti che possono causare nuove ondate di casi e morti», atterrito dall’idea che le popolazioni pensino «che il Covid non è più qualcosa di cui preoccuparsi».Professori di casa nostra non hanno voluto essere da meno, nel cercare di soffocarci il respiro di sollievo per un fine emergenza, arrivato dopo tre anni di sofferenze fisiche, mentali e disastri economici. «Però la malattia continua ad essere una delle patologie temibili perché ancora oggi provoca morti nel nostro Paese», ha ricordato Filippo Anelli presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici. Certo, anche tumori, diabete, ictus, problemi cardiovascolari, ma non per questo viviamo in apprensione continua. Roberto Burioni, virostar ancora in vena di impartire lezioni sul Covid, pochi giorni prima del fine pandemia si lamentava sui social: «In molti hanno spostato il dibattito sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini dalla scienza (fatta di numeri) alla politica (fatta di opinioni). Il risultato è stato catastrofico e ha causato la morte di molte persone. Speriamo di imparare per il futuro (ma non sono ottimista)». La verità è un’altra. Campagne vaccinali, decreti del governo e quasi tutte le sentenze della magistratura non prestavano ascolto alla scienza. «Ora dobbiamo vedere quanto dura l’equilibrio raggiunto», avverte il senatore Andrea Crisanti, passato dalla virologia alle fila del Pd e poco convinto che si possa parlare di normalità. Smettendo per un attimo di promuovere il suo libro sulle diete, la professoressa Antonella Viola tiene a farci sapere che «il virus circola e non sappiamo come evolverà e non possiamo prevedere se ci saranno picchi stagionali o meno». «Qualche studioso afferma che una pandemia finisce davvero solo quando ne comincia un’altra», non è molto incoraggiante Giuseppe Remuzzi direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri, che aggiunge: «Altri coronavirus arriveranno, questa è l’unica certezza». «Se guardiamo in un’ottica “One Health”, siamo sotto attacco da parte di tutta una serie di altre patologie infettive dalle quali dovremmo essere in grado di guardarci e di rispondere in maniera più pronta rispetto a quanto fatto nella pandemia da Sars-CoV-2», sottolinea Roberta Siliquini, presidente della Siti, la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica. «Bisogna prepararsi alla stagione fredda, usando il vaccino», raccomanda Walter Ricciardi, già consulente dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza. A Che tempo che fa, Benedetta Allegranzi, leader tecnico prevenzione e controllo delle infezioni dell’Oms, domenica annunciava: «Noi l’abbiamo già raccomandato, soprattutto nelle persone fragili le vaccinazioni andrebbero ripetute ogni quattro, sei mesi». Quando le è stato chiesto chi siano i fragili ha risposto: «Anziani, persone sopra i 70-80 anni o con patologie come un tumore, problemi immunitari». In poche parole, tutti coloro per non rientravano negli studi clinici dei vaccini anti Covid.«Il problema è che quando il ricordo della pandemia si affievolirà sarà difficile mantenere alta l’attenzione», è convinto Gianni Rezza. Per il cardiologo Giuseppe Barbaro, invece, è fondamentale impostare subito, una nuova politica sanitaria che parta dalla «ricostituzione della figura del medico e del ricercatore, espressione di una disciplina empirica e, come tale, sempre in discussione, e di professionista libero, indipendente, aggiornato e non condizionato dalla politica come per molti ancora avviene». Il professionista, che durante la pandemia ha sempre denunciato come sia stata snaturata la figura del medico, non più indirizzata alla tutela della salute e al rispetto della qualità di vita del paziente ma «estinta dall’ipnosi di massa generata da attori - politici, giornalisti, televirologi - che recitavano il pensiero unico inaccessibile al pensiero critico», è convinto che chi ha prestato il giuramento di Ippocrate debba «esporsi coraggiosamente per ciò che ha giurato e in cui crede», e che «non può e non deve abiurare in nome di una teologia sanitaria, che è l’antitesi della scienza, ma anche la negazione dell’etica e dell’umanità». Barbaro si dice indignato per la consegna della medaglia al merito della sanità pubblica al presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, «che è indagato, e a Filippo Anelli che vuole cambiare il codice da deontologico a scientistico. Pirandello diceva: “Nella vita incontrerai molte maschere, pochi volti”. Avevo proposto una contro medaglia, come riconoscimento del lavoro di quei medici che, pur non sentendosi rappresentati, hanno svolto la loro professione al servizio del paziente, per la tutela della sua salute. Volevo che fosse intestata a Giuseppe De Donno, perché è stato testimone e martire della verità. Questo, sarebbe stato un segnale di discontinuità dal passato».