Durante il lockdown, il consumo di elettricità è crollato del 24%, ma per gli esperti i colossi del settore, come Snam, Terna, Italgas ed Enel, sono già in ripresa. Per i nostri titoli rendimenti fino al 5%, sopra la media Ue.
Durante il lockdown, il consumo di elettricità è crollato del 24%, ma per gli esperti i colossi del settore, come Snam, Terna, Italgas ed Enel, sono già in ripresa. Per i nostri titoli rendimenti fino al 5%, sopra la media Ue.Il settore delle utility è considerato una scelta azionaria difensiva data la stabilità dei flussi di cassa delle società energetiche. Inoltre, proprio per queste ragioni, di solito si tratta di titoli con volatilità più contenuta e mediamente considerati non cari. «La tesi di investimento oltre a multipli contenuti, è che anche se i consumi generali dovessero contrarsi», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «trattandosi di servizi di pubblica utilità, un eventuale calo del fatturato sarebbe contenuto e il dividendo spesso elevato dovrebbe essere sufficiente a stabilizzare la volatilità».La pandemia naturalmente nel breve ha fatto un po' tabula rasa di queste considerazioni perché «se si analizza il settore delle utility dal punto di picco di fine febbraio a quello di minimo di metà marzo e poi il comportamento successivo è stato quasi fotocopia dell'andamento degli indici generali come, in Europa, l'Eurostoxx 50. La discesa dell'Eurostoxx utilities 600 è arrivata fino a superare il 33% per poi avviare una risalita e attualmente ci troviamo a metà», continua l'esperto.Il lockdown ha impattato anche sul fatturato di molte società del settore con cali in Italia nel primo trimestre dei consumi elettrici (soprattutto per effetto del blocco di parte della produzione con la chiusura delle imprese) fino al -24% nelle prime settimane. E anche il settore del gas ne ha risentito.Molte delle società del settore hanno sofferto in modo comunque attenuato di questo blocco sia perché il loro business è tipicamente piuttosto diversificato coprendo un ampio spettro di servizi, se si guarda alle utility italiane (dalla distribuzione di gas ed elettricità al ciclo dei rifiuti, dall'illuminazione alla depurazione delle acque), sia perché una parte consistente delle loro attività è coperta dalla regolazione. «Non a caso fra i titoli più forti del settore si trovano Snam (trasporto gas), Terna (distribuzione elettricità) e Italgas (distribuzione gas), il cui business è altamente regolato in un quadro di accordi nazionali dove il ritorno sul capitale è fissato in anticipo. E con ritorni che in Italia sono più elevati rispetto a società di questo tipo basate in altri Paesi», dice Gaziano. «A oggi, circa il 30% dell'energia generata in Europa viene da fonti rinnovabili», aggiunge Gianmarco Rania, capo dell'azionario di Banor capital. «Si stima che questa quota possa salire al 60/65% entro il 2030 per arrivare a essere circa il 90/95% nel 2050. Tra i nomi che beneficeranno di più di questi trend ci sono la spagnola Iberdrola, la francese Engie e la nostra Enel. Queste società, note anche come Climate champions, sono in grado di generare una crescita degli utili superiori al 10/15% nel medio termine, diventando di fatto delle azioni in crescita», spiega. «Grazie alla solidità dei loro bilanci e alla stabile situazione di liquidità, le utilities sono riuscite a mantenere sia il livello di investimenti sia le proprie politiche di distribuzione di dividendi. A livello europeo, il settore ha un rendimento stimato da dividendo del 4,5% contro un 2,84% medio dei maggiori indici europei», continua Rania. «Le utilities italiane hanno addirittura un rendimento superiore rispetto a quello delle loro controparti europee, pari circa al 5/5,25%. Tra i nomi che consideriamo più interessanti c'è Snam con un rendimento pari al 5,5% e un profilo più difensivo visto che le sue attività sono regolamentate».Insomma, quello delle utilities pare sempre e comunque essere un porto sicuro. Però, «quest'anno diverse multiutility pagheranno dazio al lockdown, soprattutto se si procederà a una effettiva semplificazione delle procedure autorizzative e a un rilancio degli investimenti infrastrutturali», puntualizza Gaziano. «Ma con i tassi bassi che resteranno su questi livelli per molto tempo le società utility tradizionalmente con debiti più elevati della media saranno favorite, visto l'alto livello di investimenti necessari», conclude.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






