2025-02-22
Le toghe usano la sentenza Delmastro per impedire di separare le carriere
L’Associazione magistrati confessa: «La vicenda dimostra che il pm può chiedere l’assoluzione e che il giudice non ne è succube». Il sottosegretario attacca: «Sono ayatollah, soltanto loro non vogliono essere commentati».Un colpo al dialogo tra governo e magistratura: sembra questo l’effetto più immediato della condanna a otto mesi inflitta al sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ritenuto colpevole del reato di rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al caso-Cospito. La condanna in primo grado è arrivata dopo che i pm avevano chiesto l’assoluzione, così come già il gip aveva disposto l’imputazione coatta di Delmastro dopo che la Procura di Roma aveva chiesto di archiviare il caso.La conseguenza della condanna e della cronologia degli eventi che l’ha prodotta è quella di infiammare di nuovo lo scontro tra governo e la cosiddetta «magistratura politicizzata» dopo che, nelle scorse settimane, c’era stato qualche segnale di disgelo. Lo scorso 8 febbraio, ricordiamolo, l’Anm ha eletto il suo nuovo presidente, Cesare Parodi, esponente della corrente moderata delle toghe, Magistratura indipendente; Parodi ha chiesto subito un incontro al governo e Giorgia Meloni ha risposto poche ore dopo con una nota molto dialogante: «Accolgo con favore», ha scritto la Meloni, «la richiesta di un incontro col governo che il presidente Parodi ha già avanzato e auspico che, da subito, si possa riprendere un sano confronto sui principali temi che riguardano l’amministrazione della giustizia nella nostra nazione, nel rispetto dell’autonomia della politica e della magistratura».L’incontro a Palazzo Chigi tra il governo e l’Anm è in programma per il prossimo 5 marzo, mentre il 27 febbraio è in calendario lo sciopero dei magistrati contro la riforma della giustizia, deciso dall’Anm prima dell’elezione di Parodi, negli ultimi giorni della presidenza di Giuseppe Santalucia. Ieri l’Anm ha emesso una nota molto dura nei confronti del governo, in risposta alle critiche alla sentenza. Giorgia Meloni, in particolare, a caldo ha commentato duramente la sentenza: «Sono sconcertata», ha sottolineato la Meloni, «per la sentenza di condanna del sottosegretario Andrea Delmastro, per il quale il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione e successivamente l’assoluzione. Mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione. Il sottosegretario Delmastro rimane al suo posto».A sconcerto l’Anm ha replicato con altrettanto sconcerto: «Siamo sconcertati», si legge nel comunicato diffuso ieri della giunta dell’Associazione nazionale magistrati, «nel constatare che, ancora una volta, il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza. Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche».L’Anm ha poi battuto sul tasto della separazione delle carriere: «Per dimostrare l’inutilità della separazione delle carriere», prosegue il comunicato, «basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro. Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l’imputazione e, alla richiesta di assoluzione di un pm, il tribunale ha pronunciato condanna. Questo dimostra, come l’Anm sostiene da sempre, che il pm può chiedere l’assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm». «Le sentenze credo che si possano anche commentare», ha replicato ieri Delmastro, «soprattutto quelle politiche, che peraltro si commentano da sole. Credo che ci sia una sola categoria che rivendica il diritto a non essere commentata: quella degli ayatollah. Devo dire che è una bella pretesa quella di poter rivendicare più che legittimamente di scioperare contro le nuove leggi e poi che nessuno possa neanche commentare una sentenza. Ho ricevuto un mandato preciso dagli italiani per riformare, fra le altre cose, anche la giustizia. Ho avuto evidentemente al mio fianco in questa vicenda», ha aggiunto Delmastro, «pure la Procura della Repubblica che ha chiesto, correttamente, tre assoluzioni e sono entrato nel Guinness dei primati occidentali. Con tre richieste di assoluzione sono riusciti a condannarmi». A chi gli chiedeva se la condanna nei suoi confronti sia legata alla riforma della giustizia, Delmastro ha risposto così: «Non lo so, si dovrebbe chiedere ai giudici. Diciamo che se così fosse, hanno sbagliato indirizzo, perché proseguiremo con più rinnovato spirito».Solo nelle prossime settimane scopriremo se i falchi avranno il sopravvento sulle colombe o se il dialogo iniziato due settimane fa tra governo e Anm reggerà all’urto della sentenza-Delmastro. «Mantengo sempre e comunque, quale che sia il livello della tensione», ha commentato ieri Parodi, «la speranza che ci possa essere un dialogo assolutamente franco, leale e costruttivo da entrambe le parti: è l’unica cosa che posso aggiungere rispetto al comunicato della giunta. Non vedo perché non dovremmo riuscire a relazionarci anche in un momento difficile come questo con il governo, se qualcuno è disposto ad ascoltarci. Certamente vogliamo lasciare sempre aperta la porta per una comprensione reciproca. Io credo che sia un principio irrinunciabile. Poi, ripeto, bisogna che ci sia una volontà collettiva di fare questo, ma certamente non sarò io il primo», ha aggiunto Parodi, «non saremo noi i primi a smettere di essere disponibili, ad ascoltare e a farci capire, questo è sicuro».
Friedrich Merz, Emmanuel Macron, Volodymyr Zelensky e Keir Starmer (Ansa)